EUROPA

Incendi Spanga

Spagna in fiamme: quale narrazione?

Mentre in Spagna oltre centomila ettari sono già andati in fumo e intere comunità vengono evacuate, la narrazione dominante continua a insistere sui piromani. Ma la vera chiave per comprendere la catastrofe sta nei determinanti ecosociali: il cambiamento climatico che trasforma ogni estate in un forno e lo spopolamento rurale che abbandona i territori a se stessi

La Spagna è in ginocchio per gli incendi. Il fuoco dilaga in vari punti del paese, da nord a sud, colpendo soprattutto la Galizia e la zona di León. Mentre scrivo, sono già stati bruciati oltre 340.000 ettari, una superficie superiore a quella della Valle d’Aosta. Migliaia di persone sono state evacuate e diverse hanno perso la vita: un panorama che ha spinto il governo a dichiarare lo stato di pre-emergenza e le autorità a chiedere sostegno materiale all’Europa.

In questo quadro, le destre sbandierano una retorica giustizialista basata sulla caccia al piromane, e sull’indurimento di pene contro un presunto “terrorismo del fuoco”. Tuttavia, un’analisi più approfondita punta il dito verso ben altri fattori.

Il fenomeno

A cosa ci riferiamo quando parliamo di “incendi”? Qui è necessario fare una precisazione, distinguendo tra “incendi” in senso generale e GIF: Grandi Incendi Forestiali. Un GIF è un incendio la cui estensione supera i 500 ettari forestali. Si tratta di una frazione estremamente ridotta del totale degli incendi, ma responsabile di quasi la metà (40%) della superficie bruciata ogni anno.

Sorprendentemente, il numero totale di incendi è in diminuzione, mentre i GIF sono in aumento: quest’anno già c’è ne sono stati 31, mentre l’anno scorso solo 16. Per questo, più che l’innesco in sé, il problema risiede in ciò che rende l’incendio incontrollabile, con una propagazione rapida, che permette in poco tempo di devastare grandi estensioni di terra.

Il cambiamento climatico

La radice del problema va cercata nel cambiamento climatico. L’aumento delle temperature rende la vegetazione più secca e infiammabile, mentre le ondate di calore prolungate e le siccità riducono ulteriormente l’umidità del suolo. I venti caldi e l’instabilità atmosferica contribuiscono poi a propagare i fronti di fuoco a velocità inaudita, dando luogo a roghi intensissimi, imprevedibili e praticamente impossibili da fermare.

Il caso spagnolo del 2025 mostra bene questo meccanismo. La primavera è stata insolitamente piovosa, con precipitazioni abbondanti che hanno favorito una crescita sorprendente della vegetazione. Ma a partire da luglio e soprattutto nelle prime due settimane di agosto è arrivata un’ondata di calore storica. La vegetazione, rigogliosa pochi mesi prima, si è trasformata in combustibile secco pronto a bruciare al minimo innesco.

Spopolamento rurale

Un altro fattore strutturale che contribuisce alla diffusione dei GIF è lo spopolamento delle aree rurali. Fino a pochi decenni fa, le campagne spagnole erano percorse da pratiche quotidiane che garantivano una gestione diffusa del territorio: il pascolo riduceva la biomassa secca, mentre la raccolta della legna e la piccola agricoltura mantenevano puliti i margini dei boschi.

Con la scomparsa progressiva di queste attività –legato a un modello economico che sposta popolazione e risorse verso le grandi città– i territori rurali sono divenuti più vulnerabili. Senza la presenza costante delle comunità locali, le foreste accumulano materia vegetale che, nelle estati torride, diventa carburante per incendi devastanti.

Il fenomeno è particolarmente evidente nelle province interne della Castiglia e León, tra le più colpite dal fuoco, dove il calo demografico e la mancanza di investimenti pubblici si è tradotto in uno stato d’abbandono che ha trasformato il paesaggio in una polveriera naturale.

Le pessime condizioni lavorative dei pompieri

Infine, non si possono trascurare le condizioni in cui operano i pompieri forestali. Molti lavorano con contratti stagionali e salari bassi e senza continuità formativa. In diverse comunità autonome la gestione del personale è affidata a decine di aziende subappaltatrici, con turni che arrivano a oltre venti ore consecutive e bonus di rischio ridicoli, appena due euro l’ora.

La precarietà non riguarda solo il salario, ma l’intero sistema: mancano piani di formazione, equipaggiamenti adeguati e stabilità contrattuale. La conseguenza è che ogni estate, al momento di affrontare gli incendi più devastanti, ci si trova con squadre composte in parte da lavoratori senza esperienza, sottopagati e spinti all’estremo. Si tratta dunque di un modello fragile che affida la sicurezza pubblica a logiche di appalto al ribasso.

Quali narrazioni?

La crisi che sta colpendo la Spagna è di proporzioni inedite e segnerà con buona probabilità il dibattito pubblico dei prossimi mesi. Le immagini dei fronti di fuoco, delle evacuazioni di massa e delle comunità devastate hanno imposto il tema degli incendi come questione nazionale.

Le destre non hanno esitato a intervenire con una retorica giustizialista che insiste ossessivamente sulla figura del piromane. Questa prospettiva, in un contesto mediatico di polarizzazione, si traduce in discorsi di odio, spesso supportati da notizie false. La figura del “terrorista del fuoco” funziona da capro espiatorio utile a un’agenda politica che nulla ha a che vedere con la protezione del territorio e delle comunità colpite.

Certo, i roghi dolosi esistono, e nessuno lo nega. Ma il modo in cui vengono agitati nello spazio mediatico serve a distorcere la narrazione in modo opportunista: parlare solo di piromani significa occultare le cause strutturali del problema, sfuggendo al princincipio di realtà per cui l’emergenza climatica richiede fondi, gestione comunitaria del territorio e investimenti pubblici.

Immagine di copertina di Oscar Sánchez, da Pexels.com


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