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Sally Rooney. Tutto quello che non ci diciamo

Da pochi giorni in libreria, il nuovo romanzo di Sally Rooney ha nuovamente come protagoniste le relazioni tra le persone: silenzi più che parole, equivoci più che chiarimenti, insicurezze più che certezze tengono incollati alle pagine con un magnetismo che abbiamo imparato a conoscere nelle precedenti opere della scrittrice irlandese.

È uscita l’8 marzo la traduzione in italiano del terzo romanzo di Sally Rooney, Dove sei, mondo bello, forse il migliore dei tre dell’autrice irlandese. Al centro del romanzo ci sono, come nei due precedenti, le relazioni tra le persone. Relazioni complesse – per quanto ordinarie – di amicizia, di sesso, d’amore. Il punto di vista è quello femminile: le due protagoniste, Alice ed Eileen, sono le migliori amiche, sebbene per buona parte del libro il loro legame sia mediato dalle mail che si scambiano.

Alice è una giovane scrittrice famosa in tutta Europa: difficile non scorgere in lei un alter ego della stessa Rooney, che del resto ha ammesso le affinità in un’intervista su “Robinson” di qualche tempo fa. Alice è ricca, è famosa, ma non è una persona che risulta simpatica ed è sola: su Tinder conosce Felix, che nella vita fa il magazziniere in un supermercato. Il loro primo appuntamento è disastroso, eppure tra i due nasce un legame. Eileen, migliore amica di Alice e sua ex compagna di università, fa la correttrice di bozze e solo con difficoltà riesce a sopravvivere col suo lavoro. È una working poor, bloccata dalla sua insicurezza: la sola richiesta di un agente letterario sui suoi progetti per un eventuale libro la fanno convincere che comunque non sarebbe in grado («Anche solo cercare di scrivere un libro da parte mia sarebbe stato un gesto davvero penoso e spericolato, perché sono del tutto priva di spessore intellettuale e non ho idee originali; e poi per quale motivo l’avrei fatto, solo per dire che l’avevo fatto?»). A livello affettivo la situazione non è migliore: Eileen scorre i social alla ricerca di notizie sulla vita sentimentale del suo ex e non riesce a fare i conti coi sentimenti che prova per Simon. Bellissimo e cristianissimo consulente per un importante uomo politico, Simon ha con Eileen un rapporto di amicizia – e non solo – irrisolto da oltre un decennio.

Le relazioni tra i quattro si costruiscono e vengono distrutte, per poi rinascere dalle proprie ceneri, a dire il vero in modo abbastanza prevedibile. E allora, cosa c’è di speciale, di magnetico in questo romanzo e, più in generale, in tutta la produzione della scrittrice irlandese? A un esame superficiale, si potrebbe pensare alla capacità di far immedesimare, perché i romanzi di Rooney, come quelli della sua protagonista Alice, parlano appunto «delle persone», in un modo estremamente contemporaneo. Le persone si scrivono su Whatsapp, cercano compagnia su Tinder, controllano le spunte blu delle persone con cui si relazionano, scrollano i social in cerca di informazioni sulla vita sentimentale dei propri ex partner. Rooney è abilissima a rappresentare efficacemente a tutto ciò, riportando slang, abbreviazioni ed errori ortografici della messaggistica istantanea. Anche quando, in modo forse un po’ semplificatorio, attribuisce questi ultimi solo a Felix il magazziniere.

Si tratta, però, di un’immedesimazione che non può essere – e che non aspira a essere – universale. Il lettore e la lettrice che si immedesimano in queste vicende sono principalmente coloro che hanno un linguaggio comune con i loro protagonisti: giovani bianchi, occidentali, altamente istruiti, brillanti e talentuosi. Ma c’è di più: i personaggi di Rooney sono – come la scrittrice stessa – marxisti, discorrono abitualmente di comunismo («Di cosa state parlando? chiese. Paula disse che stavano parlando di comunismo. Tutti sul pezzo, adesso, disse Eileen. Pazzesco. Quando ho iniziato a parlare di marxismo la gente mi rideva in faccia. Adesso ne parlano tutti. E a tutti questi nuovi arrivati che cercano di renderlo cool io vorrei solo dire, benvenuti a bordo, compagni. Nessun rancore. Il futuro è luminoso, per la classe operaia»), anche se forse in modo un po’ didascalico. Si scambiano per mail consigli di lettura su Audre Lorde («Credi di essere l’unica che abbia mai provato un desiderio sessuale? Caso mai la risposta fosse sì, ti allego un Pdf di Usi dell’erotico un saggio di Audre Lorde, sono sicura che ti piacerà un sacco»). Si chiedono se l’umanità abbia perso l’«istinto del bello» nel 1976 – quando la plastica, «la sostanza più brutta sulla faccia della terra», è diventata il materiale più diffuso – oppure nel 1989, con la caduta del Muro di Berlino, perché, come scrive Alice in una mail di risposta all’amica, «con la morte dell’Unione Sovietica è morta anche la storia. Penso al ventesimo secolo come a una lunga domanda, cui alla fine abbiamo dato la risposta sbagliata. […] In seguito per il pianeta non c’è più stata speranza, e nemmeno per noi. O forse era solo la fine di una civiltà, la nostra, e in futuro a un certo punto un’altra la sostituirà. In tal caso, ci troviamo nell’ultima stanza illuminata prima delle tenebre, testimoni di qualcosa». O, ancora, si interrogano su forma e contenuto del romanzo euro-americano contemporaneo, la cui «integrità strutturale dipende dall’occultamento delle realtà vissute da pressoché tutti gli esseri umani sulla terra. Affrontare la povertà e la miseria in cui milioni di persone sono costrette a vivere, accostare quella povertà, quella miseria, alle vite dei “personaggi principali” del romanzo, verrebbe giudicato di cattivo gusto o semplicemente fallimentare sul piano artistico».

Sicuramente, il contesto culturale, sociale e politico entro cui si muovono i personaggi di Rooney fa sentire alcuni lettori e alcune lettrici – tra esse ci sono io – meno soli: appaga leggere una storia nella quale essere marxisti, come lo sono io, è assolutamente normale e normalizzato, nella quale i protagonisti hanno il tuo stesso titolo di studio, lo stesso vissuto universitario e le tue stesse difficoltà ad arrivare alla fine del mese. Per alcuni e alcune, i suoi romanzi sono vere e proprie comfort zone.

La maggior parte delle “persone normali” – titolo del precedente, e altrettanto bellissimo, romanzo di Rooney –, però, non si scambiano comunemente pdf coi discorsi di Audre Lorde – che comunque consiglio di leggere – né si interrogano sul problema del romanzo contemporaneo o sull’istinto del bello o sul significato della fine dell’Urss.

In questo senso, descrivere Rooney come colei che «ha dato voce a una generazione» è quanto meno fuorviante. Eppure, anche se i suoi libri parlano delle persone ma non di tutte le persone, qualcosa di universale, qualcosa che effettivamente tocca le corde di un pubblico più vasto, c’è. «È diventata già quasi proverbiale la sua capacità di far parlare i personaggi, di rivelarli attraverso le loro conversazioni», dice di lei Paolo Di Paolo nell’intervista su “Robinson!: ma mi sembra di poter affermare che il magnetismo dei suoi romanzi sia piuttosto nel contrario. Rooney ha una capacità straordinaria di mettere su carta il momento in cui non si dice qualcosa che pure si vorrebbe dire, oppure quello in cui non si risponde a un messaggio e poi ci si vergogna a rifarsi sentire nei giorni successivi, oppure, ancora, quello in cui si fanno valutazioni completamente errate rispetto al silenzio della persona con la quale ci si sta relazionando. I silenzi e i fraintendimenti sembrano essere i poli entro cui, nella sua narrativa, si svolgono le relazioni umane e, in particolare, quelle sentimentali.

Perché se siamo ormai consapevoli che l’amore romantico e il suo linguaggio opprimano uomini e donne, che talvolta uccidano, non si è forse ancora trovato un lessico nuovo entro cui esprimere i sentimenti: si finisce, così, col non dire niente, col vedersi sfuggire nei “non detti” le persone che ci piacciono o a cui vogliamo bene, con l’equivocare l’interesse dell’altro, scambiandolo per disinteresse. Rooney tocca le corde dei lettori e delle lettrici perché mette nero su bianco precarietà emotiva, incertezze e insicurezze che caratterizzano il nostro tempo. I suoi personaggi, per usare un’espressione cara a un mio amico, sono dei “rottami emotivi”, carichi di quelle incertezze e insicurezze che minano non solo le relazioni ma, spesso, anche la possibilità stessa che esse si possano costruire. Coi nostri silenzi, finiamo col pensare che gli altri abbiano di noi il giudizio sminuente che abbiamo di noi stessi: lo facciamo con i nostri partner sentimentali (o potenziali tali) e talvolta anche con gli amici e le amiche, sebbene nella narrativa di Rooney, come nella vita di molti di noi, sia l’amicizia l’unico vero punto fermo dell’esistenza di ognuno. Emblematiche sono alcune parole che Rooney mette in bocca al magazziniere Felix in uno scambio con Alice: «Tu lasci che mi comporti male perché ti mette in una posizione di superiorità, ed è lì che ti piace stare. Sopra, sempre sopra. […] Mi spiace se sono stato così duro con quello che ti ho detto, perché avevi ragione, stavo solo cercando di ferirti. E probabilmente ti ho ferita. E parecchio. Chiunque può ferire chiunque se ci si mette d’impegno. Ma poi tu, invece di incazzarti, te ne esci dicendo che sono libero di fermarmi qui e mi ami ancora eccetera. Perché tu devi essere perfetta, giusto? […] Da qui in avanti smettila di comportarti come se fossi in mio potere, quando sappiamo entrambi che non ti arrivo alle caviglie. Va bene?».

E la colpa, probabilmente, non sta nel nostro carattere o nelle nostre predisposizioni individuali. La psicoterapeuta Colette Shade scriveva, appena pochi giorni fa, sul sito di Jacobin, che non viviamo le nostre relazioni in uno spazio vuoto, ma «ci incontriamo, facciamo sesso, ci lasciamo, ci sposiamo, divorziamo, procreiamo e comunichiamo all’interno delle nostre condizioni sociali ed economiche», cioè del sistema capitalista: «Qualunque sia il tipo di relazione che abbiamo – non solo sentimentalmente, ma anche con amici e familiari – le condizioni imposte dal capitalismo giocano un ruolo nella nostra capacità di mantenerle e nutrirle». Se le relazioni sono difficili, se ci ingarbugliamo e le ingarbugliamo intorno ai nostri silenzi e ai nostri limiti, sembra dire Rooney, non è tuttavia detto che siano impossibili o non possano avere un provvisorio lieto fine. Il mondo bello da qualche parte ci sarà: e anche questo ritorno a una comfort zone contribuisce ad appagare chi legge. Spingendolo e spingendola, almeno nel mio caso, a sognare di poter rileggere altre duecento volte lo stesso romanzo di Rooney come se fosse sempre la prima volta.