Reddito di cittadinanza. Se non ora quando?

Trasmissione di Radio Onda D’Urto per proseguire il dibattito sul reddito di cittadinanza

“Il tema del reddito di cittadinanza è entrato finalmente nell’agenda del dibattito politico in Italia. Non che prima non se ne discutesse, ma era raro che questa proposta varcasse la soglia dei grandi media. Chi ha prestato attenzione a queste discussioni non può però non aver notato la grande confusione che aleggia su quest’espressione: reddito di cittadinanza, reddito garantito, reddito di base incondizionato, reddito minimo garantito, via così fino ad arrivare ad espressioni bizzarre come reddito minimo d’inserimento, reddito di disoccupazione etc etc.
Questa confusione terminologica deriva dall’impreparazione dei politici e sindacalisti italiani poco inclini a ragionare al di fuori di quegli schemi conclamati che rappresentano lo status quo anche e soprattutto per quel che concerne il welfare state e il sistema degli ammortizzatori sociali. In Italia dilaga la precarietà, la crisi e la povertà, il sussidio di disoccupazione vale per il 25% dei licenziati, l’articolo 18 protegge solo quattro lavoratori su 10, alla cassa integrazione possono accedere solo alcune categorie di lavoratori, ma di riforma del sistema delle tutele guai a parlarne. Adesso però che il M5S ha sparigliato le carte è d’obbligo dire qualcosa sul reddito garantito, anche se ciò che viene detto cambia nome durante lo stesso talk show. Analizziamo quindi le varie espressioni con cui viene sostanziato il reddito e che ritroviamo in questi giorni sui giornali e sui media. Possiamo dividerle in tre macro gruppi…”.

Cosi’ scrive il blog di San Precario che mette i puntini sulle i nel dibattito attorno alla questione del reddito di cittadinanza, una misura necessaria , non piu’ riviabile, per garantire reddito e diritti a milioni di persone escluse dai processi produttivi. Ne parliamo con Andrea Fumagalli economista, nostro collaboratore e animatore della Rete San Precario.
Ascolta

Basterebbe una misura di 8 miliardi di euro per creare una forma di reddito capace di agire verso tutti, con continuità, rimediando alle storture, alle disparità, alle arbitrarietà (vedi cigs) che stanno alla base delle frammentazioni (generazionale, etnica, territoriale, legislativa) che creano e producono la precarietà. Rinunciando all’alta velocità in Val di Susa e agli F35 per l’aviazione militare si riuscirebbe a finanziare questa proposta per quattro anni. Abbastanza per vederne i risultati. Secondo il deputato di SEL Giulio Marcon in questo momento in Parlamento ce’ una vasta convergenza sul tema.
Ascolta

Se a livello nazionale il dibattito politico si intensifica, nelle pieghe delle esperienze amministrative locali troviamo un modello legislativo, sulla carta, tra i più avanzati d’Europa. Parliamo della legge per il reddito minimo garantito, approvata dalla Regione Lazio nel marzo del 2009, durante la giunta Marrazzo. Una legge nata da un lungo iter partecipativo, costruito attorno a un tavolo programmatico strappato da movimenti, reti precarie e sindacati di base nella primavera del 2006. Parallelamente, a livello di giunta, fu istituito un tavolo di lavoro aperto alle rappresentaze sociali e sindacali facenti parte dei tavoli di concertazione. Una legge formalmente in vigore, che però ha subito il totale definanziamento della giunta Polverini. La legge, destinata a disoccupati, inoccupati e precari, prevede un intervento economico di 7000 euro annui, circa 580 euro mensili, più un pacchetto di servizi relativo al reddito “indiretto”: mobilità, formazione, affitto. Ne possono fare richiesta tutti coloro, residenti da due anni nella Regione, denunciano un reddito annuo al di sotto della soglia di 8000 euro. Il provvedimento prevede l’erogazione massima del beneficio per inoccupati e disoccupati, e un’integrazione al reddito per chi percepisce un reddito sotto la soglia indicata. Ovviamente, per evitare di ridurre l’intervento a una compensazione della povertà salariale, l’integrazione prevista, in forma diretta e indiretta, tende a oltrepassare la soglia degli 8 mila euro. Ne parliamo con Emiliano Viccaro di Dinamo Press.
Ascolta

Leggi anche: Reddito minimo nel Lazio: un’occasione contro la crisi