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Qatar 2022: un Mondiale “carbon neutral” come non si era mai visto

Nonostante gli organizzatori avessero assicurato che quello in Qatar sarebbe stato il primo mondiale carbon neutral della storia, cioè a emissioni zero, la reale impronta carbonica di queste infrastrutture – secondo Carbon Market Watch – è di almeno 1,4 milioni di tonnellate di CO2. I mondiali del Qatar saranno ricordati come i più costosi nella storia di questa competizione

I mondiali di calcio 2022 non si giocheranno nell’estate dell’emisfero settentrionale come è sempre accaduto dal 1930. Non sarebbe stato possibile farlo con i picchi di calore, fino a 46°, che si raggiungono nella zona tropicale dove si trova il Qatar, paese scelto per ospitare questa edizione del campionato. Prenderanno il via il 20 novembre e finiranno il 18 dicembre, quando a Lusail si giocherà la finale.

Il perché nel 2010 si sia scelto questo paese che non ha una tradizione calcistica importante, non offre condizioni climatiche accettabili e ha ricevuto numerose accuse di violazione dei diritti umani in molti se lo sono chiesto. L’inchiesta che ha portato all’incriminazione di funzionari e associati della Fifa con l’accusa di corruzione e tangenti per 150 milioni di dollari legate a quell’assegnazione travolgendo i vertici del calcio mondiale ha spiegato molte cose. Non ha impedito però che la scelta del Qatar fosse confermata.

Si giocherà dunque in quel paese della penisola araba affacciato sul Mar Persico con un territorio in massima parte costituito da un deserto arido. La popolazione non raggiunge i tre milioni di abitanti distribuiti su una superficie che è la metà di quella della Lombardia. Eppure nonostante le piccole dimensioni il Qatar ha un’enorme ricchezza dovuta alla presenza di immense risorse di gas e petrolio, pari a quasi il 15% di tutte le riserve mondiali.

All’epoca dell’assegnazione esisteva un unico stadio in tutto il paese, il Khalifa International Stadium costruito a Doha nel 1976. Per ospitare la competizione ne sono stati realizzati altri sette distanti fra di loro pochi chilometri e insieme agli stadi è stata costruita una nuova città, un aeroporto, infrastrutture per la mobilità e hotel.

L’Al Bayt Stadium, che ospiterà sessantamila spettatori per la gara inaugurale del torneo, è situato a 35 chilometri a nord di Doha nella città di Al Khor City e con le sue coperture a tenda intende richiamare l’immagine delle antiche dimore dei popoli nomadi. Si estende su un’area di oltre 200mila metri quadrati e, naturalmente, se ne parla come di un gioiello delle tecnologie a basso impatto ambientale.

Al Bayt Stadium da Google Maps

La società CONTECO Check che ha curato il controllo e la certificazione della qualità della progettazione e della realizzazione delle opere scrive sul suo sito: «Lo stadio, oltre che per elementi di sostenibilità, si caratterizza anche per l’innovazione nelle fasi di costruzione, durante le quali sono state utilizzate soluzioni di particolare complessità tecnica e scelte progettuali innovative per garantire condizioni climatiche ideali, per i giocatori e gli spettatori, in un ambiente caratterizzato da temperature elevate e forti escursioni termiche».

E continua: «Lo stadio è stato progettato per adeguarne la capacità di accoglienza alle effettive necessità del Paese e, a fine Mondiali, il terzo anello sarà smontato e donato a nazioni in via di sviluppo che hanno bisogno di infrastrutture sportive». Il resto diventerà un lussuoso hotel circondato da parchi e impianti sportivi. Tutto perfetto dunque!

Eppure, come ha rilevato l’inchiesta di “The Guardian” e confermato il rapporto di Amnesty International, chi ha lavorato alla costruzione degli stadi lo ha fatto in condizioni disumane per rispettare le scadenze e molti lavoratori sono morti in quei cantieri.

Lusail è una città satellite realizzata a 23 chilometri a nord di Doha. Grattacieli e ville esclusive ospitano 250mila abitanti, che possono usufruire di campi da golf, strutture commerciali e per il tempo libero, di due porti turistici e di stazioni balneari realizzate su isole artificiali. Anche per la costruzione di questa città nel 2018 l’organizzazione Amnesty International ha denunciato le condizioni di lavoro precarie e di sfruttamento, accusando la società di costruzioni Mercury Mena di non aver pagato i salari dovuti ai lavoratori.

Qui è stato realizzato il Lusail Stadium, per 80mila spettatori, progettato dallo studio inglese Foster and Partners. Ha una base semicircolare circondata da un fossato e collegata ai parcheggi adiacenti da sei ponti. Il tetto si può aprire e chiudere, un gigantesco impianto fotovoltaico montato sul tetto e nelle aree esterne garantisce la fornitura di energia per tutte le necessità dell’impianto, l’acqua viene riciclata e utilizzata per l’irrigazione. È costato 800 milioni di euro, ma ci dicono che anche questo impianto è il più green di sempre.

Foto di Matías Giraudi _ Lusail Stadio

Vicino all’area portuale di Doha è stato costruito lo Stadium 974. Il suo nome deriva dal fatto che per realizzarlo sono stati utilizzati 974 container.  Il progetto è firmato dallo studio di Albert Speer, figlio dell’architetto personale di Adolf Hitler, che ha previsto la trasformazione dello stadio in impianti sportivi più piccoli alla fine della manifestazione. È l’unico stadio a non avere un sistema per il condizionamento dell’aria.

Stadium 974 da Google Maps

Lo studio Zaha Hadid ha progettato l’Al Janoub Stadium ad Al Wakrah, una città di 80mila abitanti a sud di Doha. Gli spettatori previsti sono 40mila. Il tetto mobile dello stadio è stato realizzato da un’azienda italiana la Maeg Costruzioni che ha fornito e montato le settemila tonnellate di carpenterie metalliche necessarie a realizzare le forme sinuose dell’impianto. La possibilità di chiudere completamente il terreno di gioco e gli spalti consente la climatizzazione di questi spazi.

Al Janoub Stadium da Google Maps

Poco a ovest di Doha a Al Rayyan, ai confini del deserto è stato costruito l’Ahmad BinAli Stadium, che si potrà raggiungere utilizzando la Green Line della Doha Metro. Anche per questo impianto viene messo in evidenza come si sia stati attenti alla sostenibilità.

Sul sito della FIFA si legge: «Più del 90% dei materiali di costruzione sono stati riutilizzati o riciclati. Gli alberi che un tempo circondavano il vecchio stadio sono stati conservati per poter essere nuovamente ricollocati in futuro, così da evitare inutili perdite. Misure di contenimento del consumo idrico ed energetico sono state introdotte per ridurre l’impatto ambientale dello stadio, mentre la connessione con la Doha Metro consentirà di andare e tornare dall’impianto sportivo senza soluzione di continuità. Tutta l’area comprenderà 125.000 mq di spazi verdi a disposizione della comunità, all’interno dei quali saranno presenti piante autoctone a basso consumo di acqua».

Progettato dall’architetto del Qatar Ibrahim M. Jaidah con una forma che ricorda la “gahfiya” copricapo tipico del paese arabo e realizzato a Doha l’Al Thumama Stadium è stato inaugurato l’anno scorso per disputare la finale della Coppa Amir. Anche in questo caso i 40mila posti realizzati saranno ridotti a 20mila alla fine dei Mondiali e le sedute saranno inviate nei paesi poveri.

Di Marco Verch su Flickr _ Al Thumama Stadium

Infine c’è l’Education City Stadium, realizzato a Doha nell’area del campus universitario. È stato soprannominato “Diamante del deserto” per il disegno della facciata, caratterizzato da triangoli che cambiano colore con lo spostarsi del sole durante il giorno. È dotato di un sistema di condizionamento dell’aria per i tifosi, gli atleti e gli addetti ai lavori.

Di Marco Verch su Flickr _ Education City Stadium

Il modulo dell’anello superiore sarà smantellato una volta terminati i Mondiali e al suo posto saranno realizzate strutture commerciali e sportive. I seggiolini, ci dicono, saranno donati a paesi bisognosi di infrastrutture. La Fifa ci assicura che è stato realizzato con il 20% di materiali sostenibili e l’85% dei materiali utilizzati è di origine locale, mentre il 29% deriva da materiali riciclati. Anche l’impianto di irrigazione risponde a criteri di sostenibilità riducendo al minimo il consumo idrico.

Nonostante gli organizzatori avessero assicurato che quello in Qatar sarebbe stato il primo mondiale carbon neutral della storia, cioè a emissioni zero, la ong Carbon Market Watch sostiene che i calcoli della Fifa non sono esatti, perché si riferiscono solo alle emissioni prodotte dagli impianti nei giorni della manifestazione e non nel loro intero ciclo di vita, la restante impronta di CO2 sarà attribuita agli occupanti futuri.

La reale impronta carbonica di queste infrastrutture – secondo Carbon Market Watch – è di almeno 1,4 milioni di tonnellate di CO2, l’equivalente delle emissioni prodotte in un anno da 180mila famiglie statunitensi per il consumo di energia.

I mondiali del Qatar saranno ricordati come i più costosi nella storia di questa competizione. Non solo per gli stadi, ma anche per l’ampliamento delle reti autostradali e ferroviarie, per la realizzazione di un aeroporto e della metropolitana sono stati spesi 200 miliardi di euro.

Il costo maggiore però sarà quello che pagherà il pianeta per l’impatto sul clima, visto che parteciperanno oltre un milione di spettatori, che arriveranno tramite viaggi aerei, che negli ultimi dieci anni sono stati asfaltati e cementificati almeno otto milioni di metri quadrati per realizzare stadi, strade, parcheggi e linee metropolitane funzionali allo svolgimento del torneo. E poi ci sono le strutture per l’accoglienza di più un milione di persone e la presenza di navi da crociera che metteranno a disposizione quasi 4mila cabine. Infine c’è la questione idrica legata al mantenimento del manto erboso e all’innaffiamento delle essenze piantate nei parchi realizzati, dove c’era il deserto.

Il Qatar per avere acqua potabile ricorre attualmente alla dissalazione dell’acqua del mare, con un impatto ambientale notevole perché sfrutta per gli impianti combustibili fossili e durante il Mondiale sarà necessario incrementare questa pratica, considerando che ogni campo di calcio richiederà per l’irrigazione almeno 10mila litri di acqua al giorno.

Una curiosità che rimane da soddisfare è capire se tutti quei seggiolini che si intendono inviare ai paesi poveri e carenti di infrastrutture, una volta ridotta la capienza degli stadi, possono compensare la vita e il sacrificio di tutti quei lavoratori che da quei paesi sono partiti, alcuni per non tornarvi più.

Immagine di copertina Al Janoub Stadium – Al Wakrah, tratta da Flickr; foto di Garanfarulla Khan