Perché non abbiamo il diritto di vivere qui?

Lettera aperta al Governo e al Parlamento dei giovani bangladeshi di Roma.

Vedi anche: Giovani bangladeshi in lotta. Martedì 21 maggio manifestazione sotto il Parlamento

Lettera aperta al Governo e al Parlamento italiano

in particolare all’attenzione di:
Ministro dell’Interno Angelino Alfano
Ministro del Lavoro e Politiche sociali Enrico Giovannini
Ministro dell’integrazione Cécile Kyenge

Presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini
Presidente del Senato Pietro Grasso

Siamo giovani bengalesi, siamo venuti in Italia per vivere la nostra vita meglio. Per venire qui siamo passati per una strada che è molto pericolosa, però abbiamo preso questo rischio. Perché?

Perché in Bangladesh ci sono tanti problemi: problemi politici e economici, non c’è lavoro, non ci sono soldi. Ogni giorno in Bangladesh stanno morendo tante persone. Oggi in Bangladesh non c’è una speranza per vivere. Ogni momento la gente affronta la morte. Per questo abbiamo lasciato i nostri genitori e parenti. Praticamente loro pensavano che se entriamo in Italia per forza avremmo vissuto meglio.

Perché non abbiamo diritto di vivere qui?

Quando siamo venuti qui abbiamo trovato aiuto. La polizia ci ha raccolto, ci hanno fatto un controllo con il dottore per vedere quanti anni abbiamo. Quando il dottore ha deciso che noi abbiamo meno di 18 anni la polizia ci ha mandato in casa di accoglienza, perché la polizia ha deciso con il dottore che siamo minori. I dottori ci hanno dato un foglio dopo il controllo in ospedale che dice che siamo minorennni.

Adesso viviamo in casa di accoglienza e stiamo bene. Molti di noi hanno preso la tutela perché minorenni e il passaporto da ambasciata del Bangladesh qui a Roma. Durante la vita nel centro stiamo pensando a come organizzare la nostra vita, stiamo imparando la lingua italiana, stiamo andando a scuola, stiamo facendo corsi di lavoro.

Ma adesso il Comune di Roma vuole controllare di nuovo, dice che non siamo più minorenni. Praticamente prima ci hanno raccolto, ci hanno controllato con i dottori all’ospedale che hanno deciso che siamo minori. Adesso dicono che le nostre identità sono false. Dicono che i nostri passaporti che abbiamo preso qui sono falsi. Come è possibile?

Adesso ci portano in un altro ospedale per fare di nuovo la visita. Noi abbiamo degli esempi che questa visita non è corretta. Come è possibile che questa visita dà differenti risposte per una persona?

Tra di noi il Comune ha preso alcuni ragazzi e li hanno mandati a Ponte Galeria [il CIE di Roma, ndr]. Adesso sono lì, stanno molto male perché quel posto è molto brutto.

I ragazzi che il Comune ha mandato a Ponte Galeria non è la prima volta. Prima li hanno mandati lì, poi sono usciti perché erano troppo piccoli e hanno fatto la visita a un altro ospedale e mandati di nuovo alla casa di accoglienza. La scorsa settimana il Comune ha deciso che loro dovevano tornare a Ponte Galeria. Perché il Comune li ha mandati lì una seconda volta? Secondo noi questa non è una giustizia.

Tanti ragazzi scappano perché hanno paura di fare la visita. Hanno paura di andare a Ponte Galeria. Hanno paura di tornare in Bangladesh. Ma noi non vogliamo scappare dai centri.

Perché adesso il Comune fa questo gioco con le nostre vite? Non hanno il diritto di giocare con le nostre vite. Perché il Comune sta facendo questa brutta cosa? Loro non hanno il diritto di farla. È una ingiustizia.

Adesso abbiamo paura per la nostra vita. Forse il Comune manderà tutti a Ponte Galeria. Noi lì non ci vogliamo andare. Adesso che facciamo?

Noi vogliamo vivere in Italia, imparare l’italiano, lavorare. Vogliamo avere speranza di vivere.

Qui noi non abbiamo parenti, quindi da voi speriamo in una buona giustizia. Speriamo che voi vorrete fare qualcosa per farci ritornare alla nostra solita vita.

Roma, 19 maggio 2013

I ragazzi del Bangladesh accolti nei Centri per minori stranieri non accompagnati del Comune di Roma

La presente lettera è stata scritta collettivamente domenica 19 maggio 2013 da un gruppo di circa duecento ragazzi e trascritta dall’Associazione di promozione sociale Yo Migro. Si precisa che nessun intervento è stato operato sul testo, eccezion fatta per le correzioni grammaticali e di spelling.


La testimonianza telefonica di Obyad e Shopon dal Cie di Ponte Galeria (domenica 19 maggio):