ITALIA

Perché gli sfratti non sono un problema di ordine pubblico

I dati del Ministero degli Interni relativi agli sfratti 2017 e diffusi da Unione Inquilini ci consegnano il quadro di un’Italia preda del disagio abitativo, della precarietà e dell’assenza di politiche dedicate all’abitare

Il 90% delle sentenze di sfratto emesse in Italia è per morosità incolpevole, secondo i dati del Ministero degli Interni relativi agli sfratti 2017 diffusi ieri da Unione Inquilini che ci consegnano il quadro di una Italia preda del disagio abitativo e della precarietà.

Le sentenze di sfratto emesse nel 2017 sono state 59.609 con una diminuzione del 6,7%; le richieste di esecuzione sono state 132.107, con una diminuzione del 16.83% rispetto al 2016, e gli sfratti eseguiti con la forza pubblica sono stati 32.069, ovvero in diminuzione del 9,33%. I dati sono tuttavia incompleti e non includono gli sfratti eseguiti senza la forza pubblica, gli sfratti delle case popolari, gli espropri nel caso di mancato pagamento del mutuo e gli sgomberi di occupazioni, precisa Massimo Pasquini, segretario Nazionale Unione Inquilini: «quindi il lieve calo che oggi registriamo potrebbe essere recuperato dai dati definitivi».

Il quadro che emerge è quello di una questione abitativa nazionale che necessita di essere affrontata con un piano casa serio, in uno scenario dove al contrario «brilla l’assenza di politiche abitative», con l’azzeramento del contributo di affitto a tutto il 2018, mentre si prevede la cifra irrisoria di 10 milioni di euro nel 2019 e nel 2020. Il contratto di governo non fa menzione del tema, salvo auspicare la velocizzazione delle procedure di sgombero delle occupazioni, liquidando dunque il problema come una questione emergenziale e di ordine pubblico.

Che non sia così lo dicono i dati: nel 2017 su oltre 59.600 sentenze di sfratto emesse, 33.000 sono state emesse nei comuni non capoluogo di provincia. Il problema degli sfratti riguarda infatti soprattutto il territorio provinciale dei piccoli e medi comuni colpiti dalla crisi economica più che le grandi aree urbane. Valutando il numero di sfratti non in termini assoluti ma in rapporto al numero di famiglie si coglie la fotografia di un impoverimento che riguarda soprattutto le famiglie di lavoratori migranti, integrati da tempo nei piccoli comuni italiani, soprattutto al Nord, e la classe media. Ai primi posti in cima alla classifica degli sfratti in rapporto al numero di famiglie ci sono i piccoli comuni, come Modena e Brescia. Secondo Pasquini «rispetto a questo dato si riscontra la totale incongruenza dei programmi di finto housing sociale che si vorrebbero realizzare nelle aree più costose dei grandi centri urbani, a favorire la rendita immobiliare e della speculazione edilizia».

Bisognerebbe invece «attivare politiche di recupero e riuso a fini abitativi dell’immenso patrimonio immobiliare pubblico e privato in modo che aumenti l’offerta di alloggi a canone sociale per le 650.000 famiglie nelle graduatorie».

La Capitale, dove sono 12mila le famiglie in graduatoria per una casa popolare, vanta 15 sfratti al giorno considerando i festivi, che in una settimana equivalgono a un intero palazzo, con 5.260 provvedimenti di sfratto emessi (6.700 sul territorio provinciale), di cui 4.754 per morosità, 2.927 quelli eseguiti con la forza pubblica.

Nel quadro delle grandi città, una situazione del tutto anomala è rappresentata da Palermo, con +20% di sfratti in un anno, quasi tutti per necessità del locatore –1319 per necessità del locatore e 99 per finita locazione nel territorio comunale, contro 81 sfratti per morosità nel territorio provinciale. La città, destinata a Capitale della Cultura 2018, registra un notevole incremento della domanda di immobili da destinare a case vacanza, anche grazie ai lavori di riqualificazione del centro storico, secondo un recente studio di Tecnocasa. Se il mercato degli affitti brevi prospera nei centri storici di delle grandi città dove le compravendite a uso turistico sono in costante aumento – in particolare a Napoli e Verona, i dati sugli sfratti rivelano il perdurare della crisi economica che si ripercuote sulle condizioni abitative nei piccoli comuni oltre che nelle grandi periferie urbane, dove le famiglie non riescono ad accedere ai canoni di mercato.