ROMA

A Ostia il cambiamento resta un miraggio

Quando nelle elezioni amministrative del 2016 con un voto plebiscitario Ostia scelse i 5 Stelle, i cittadini pensarono di imprimere una svolta nella gestione di quel territorio sotto gli slogan del ripristino della legalità, la demolizione degli abusi e la revisione delle concessioni balneari. A distanza di anni invece, nulla sembra essere cambiato

Nelle elezioni comunali del 5 giugno 2016 che hanno affidato la città al movimento 5stelle guidato da Virginia Raggi, il municipio di Ostia ha tributato un successo ancora più generoso di quello degli altri municipi. Il 76,12% dei votanti hanno infatti votato per aprire una fase nuova in quello sventurato pezzo di città che negli anni precedenti aveva vista azzerata la sua struttura amministrativa e quella imprenditoriale. Con l’inchiesta Terre di Mezzo furono infatti arrestati il presidente del municipio (PD), molti esponenti dell’ufficio tecnico del municipio, mentre alcuni dei più potenti imprenditori del settore del balneare, erano stati arrestati o incriminati in precedenti inchieste finalizzate a far luce sui legami tra amministrazione pubblica e titolari degli arenili e del porto di Ostia nato a cavallo dell’anno 2000 sulla base di una deroga urbanistica.

Tanto profondi e sistematici erano i legami del malaffare che – a differenza di Roma che non aveva subito l’umiliazione dello scioglimento per mafia – a Ostia fu cancellato il consiglio municipale affidando per più di due anni il governo urbano a un Prefetto. Ostia, insomma, è stato dichiarato luogo di dominio mafioso. Sono molto note alcune immagini di malavitosi appartenenti ad alcune famiglie che aggredirono un giornalista colpendolo con violenza. Ma se si legge bene la realtà economica del litorale, quegli episodi sono la punta dell’iceberg di una situazione più complessa. Non c’è solo violenza fisica a Ostia. Esiste da decine di anni un dominio incontrastato della gestione delle spiagge da parte di pochi gruppi imprenditoriali che hanno in concessione dal Demanio dello Stato gli arenili e, a fronte di canoni concessori molto modesti, guadagnano somme imponenti. Molta parte dell’economia di Ostia vive sulle concessioni degli arenili.

Ma questo immenso affare deve essere sembrato poca cosa a quel gruppo di imprenditori. Dagli anni ’80, nell’assoluta inerzia da parte delle istituzioni pubbliche (Capitaneria di Porto e Comune di Roma), all’interno degli arenili sono iniziate a nascere cabine in cemento armato, piscine, ville abitate dai concessionari, palestre, ristoranti. In tutti i 61 stabilimenti dati in concessione – esistono poi 14 arenili pubblici –  ci sono abusi insanabili sulla base delle leggi vigenti, ma solo nel breve periodo in cui il sindaco Marino creò una figura commissariale affidandola al magistrato Alfonso Sabella furono eseguite demolizioni. Ogni abuso era stato invece tollerato come se non riguardasse un bene prezioso di tutti i cittadini. Ma la vergogna di Ostia non finisce qui. Gli insaziabili concessionari hanno pian piano costruito 13 chilometri di muri lungo il marciapiede del lungomare così da impedire la vista a chiunque abbia voglia di passeggiare in quel luogo. Tredici chilometri di lungomuro invece di uno splendido lungomare. Il malaffare di stampo economico e mafioso strozza la città costiera.

Questa era la situazione di Ostia nel 2016, quando si svolsero le elezioni amministrative. Si comprende dunque bene che i cittadini, disgustati e delusi dai governi di centro sinistra e centro destra che avevano guidato la città, avessero scelto la novità incarnata dai 5stelle. Del resto, il movimento aveva fondato la campagna elettorale sul ripristino della legalità, sulla demolizione degli abusi e sulla revisione delle concessioni balneari. Sono passati tre anni da quella vittoria plebiscitaria e nulla è stato fatto. Di proroga in proroga, tutti i concessionari continuano a gestire il proprio “tesoro” in assoluta continuità. Del resto era stato promesso anche che sarebbe stato approvato un “piano degli arenili”, cioè una carta della legalità delle concessioni, ma di esso non c’è traccia. Di demolizioni neppure a parlarne: tutto continua nella più assoluta continuità. Ostia insomma, ha creduto in un cambiamento che non è avvenuto. L’ultimo caso davvero inquietante è un recente provvedimento amministrativo del municipio che, in cambio di pochi euro, fornisce una sorta di legittimazione all’infinita serie degli abusi commessi in tanti decenni. Uno squallido mercimonio che favorisce sempre e comunque i privati.

Ci sono due immagini che rappresentano bene il fallimento del governo 5stelle. Alla fine della via Cristoforo Colombo, l’esedra panoramica costruita negli anni ‘50 come conclusione della strada versa da anni nel più totale degrado e non è accessibile ai cittadini. E infine, a dimostrazione che al peggio non c’è fine, nell’agosto dello scorso anno la Giunta capitolina ha avuto un colpo d’ala. Quello di costruire sotto ponte Marconi una squallida spiaggetta con qualche ombrellone e di chiamarla a sprezzo del ridicolo “TIberis, la spiaggia di Roma”. Così, invece di intervenire a rendere più bella e accessibile a tutti la spiaggia meravigliosa di Ostia, sono stati spesi soldi per far scorrazzare la nutrita colonia di ratti che popola quei luoghi. Una fine ingloriosa per una amministrazione che era nata sotto gli auspici di un radicale cambiamento.