EUROPA

#OccupyLSE. Gli studenti della London School in lotta contro il neoliberismo

Dopo Amsterdam (leggi articolo) anche a Londra studenti universitari in mobilitazione. Occupata la London School of Economics contro le logiche del mercato neoliberale. Venerdì un grande corteo ha attraversato le strade di Londra, per rivendicare l’autonomia delle università dalle logiche del mercato.

Stavamo guardando con attenzione le proteste degli studenti dell’UvA in Olanda descritte dai quotidiani quando mercoledì 18 marzo ci siamo svegliati con l’occupazione di una sala dell’amministrazione della London School of Economics – LSE – dove decine di iscritti hanno così dato vita a Occupy LSE – Free University of London. Attraversando quella sala, le assemblee che si sono svolte, i workshop e il corteo attorno agli edifici universitari del giorno seguente l’occupazione, abbiamo sentito il desiderio di riportare una narrazione di quanto sta avvenendo a questa latitudine dell’Europa, per abbattere ancora una volta quei confini che vengono posti alla circolazione dei saperi e delle informazioni.

Parlando con chi sta animando questa protesta sin dall’inizio, siamo riusciti a carpire i motivi di questo stato d’agitazione che sta attraversando una delle più importanti università della City. Uno di quegli atenei che è stato coinvolto nel processo di ristrutturazione neoliberale delle istituzioni accademiche da molti anni, quello stesso modello che oggi si sta cercando di affermare, grazie alle politiche di austerity, anche in Italia e in altri Paesi del Sud Europa.

Uno degli studenti che ha occupato sin dall’inizio ci dice che “la LSE, come tutte le università in Gran Bretagna, indirizza le sue scelte strategiche secondo gli interessi e le logiche del mercato, ha 9000 studenti tra cui molti dottorati e post-doc, ed ha un imponente piano di espansione che prevede massicce privatizzazioni e speculazioni finanziarie”.

Alle nostre domande su come fosse partita la protesta, la risposta è stata che all’inizio si svolgevano delle assemblee composte da una decina di persone. Con lo svilupparsi del movimento studentesco in Olanda anche le assemblee hanno visto la partecipazione impennarsi, con decine di nuovi studenti. Portando avanti un processo totalmente orizzontale si è deciso di occupare la sala dell’amministrazione in cui vengono prese le decisioni manageriali e finanziarie. Sin da subito la forza di questa lotta è stata la capacità di connettersi con gli studenti di Amsterdam, ma anche con quelli di altre università inglesi e del resto d’ Europa, come testimoniano i numerosi comunicati di solidarietà e complicità.

Le ragioni della mobilitazione sono tanto radicali quanto sono state violente le riforme subite negli anni, sono concreti punti programmatici elaborati in assemblea e che costantemente vengono implementati con i contributi di chi si unisce alla lotta col passare dei giorni. Al primo punto c’è la rivendicazione di un’educazione libera e gratuita, in opposizione all’innalzamento vertiginoso delle tasse universitarie che si è avuto soprattutto nel 2010. La retta annuale adesso si aggira attorno alle 9000£. “Il governo ha fallito. Solo ora si stanno accorgendo del danno prodotto all’economia britannica per aver costretto tanti giovani a contrarre il debito studentesco, hanno peggiorato le cose sul breve e sul lungo termine. Infatti a seguito della laurea sono pochissimi quelli che riescono a ripagarlo, ciò ha comportato una riduzione sia degli iscritti e sia del potere d’acquisto degli individui sul lungo termine”.

Un’altra questione molto importante sono i diritti dei lavoratori della LSE, “c’è già un rapporto stretto con un sindacato che organizza i lavoratori che svolgono i servizi dell’università dalle pulizie, alla mensa, alla sorveglianza, e il personale accademico che ha visto dal 2010 ad oggi un decurtamento degli stipendi del 13%”. Inoltre viene ribadita la volontà di ottenere una vera democrazia all’università, “vogliamo sostituire i CdA con un consiglio formato da studenti e lavoratori in grado di prendere le decisioni direttive, organizzative e finanziarie”.

Nelle assemblee hanno trovato anche cittadinanza le campagne attivate negli ultimi anni all’interno del campus, compare infatti tra i punti alla base della protesta che la LSE deve smettere d’investire il denaro ottenuto tramite le rette universitarie, in aziende che producono profitti grazie allo sfruttamento del pianeta e delle sue risorse, ma anche in tutte quelle imprese che si arricchiscono attraverso l’occupazione dei territori palestinesi.

Ultimo punto ma non meno importante è la produzione di un codice etico che affermi chiaramente la necessità di contrastare qualsiasi forma di discriminazione razziale, sessuale, etnica o religiosa. ノ questo uno dei temi su cui si sta creando maggiore discussione, in quanto tocca nel profondo la meticcia comunità accademica inglese. “In Inghilterra, a seguito degli attentati di Parigi si sta discutendo una legge che permetterebbe alle università di spiare tutti gli studenti per poi passare informazioni alle forze dell’ordine. Questa misura è particolarmente rivolta contro gli studenti musulmani ed è per questo che ci battiamo per l’uguaglianza e la sicurezza rispetto alla stabilità per gli studenti internazionali. Ad oggi se non si segue un comportamento definito conforme, gli studenti non europei rischiano di essere deportati nel Paese di provenienza, questi comportamenti non conformi riguardano anche l’ attivismo politico o la percentuale di assenza dalle lezioni” Il codice etico deve anche reinserire il concetto che i saperi sono un bene comune e una ricchezza per la società, quindi non possono essere asserviti ad interessi particolari di soggetti economici privati che rispondono alle prospettive di profitto derivanti dalle oscillazioni delle borse finanziarie.

L’assemblea generale che ha seguito il corteo ha visto la partecipazione di un centinaio di studenti, nella sala non c’era posto neanche per sedersi per terra, alcuni sono rimasti fuori dalla porta con un orecchio rivolto verso l’interno. Nuove giornate di mobilitazione e momenti di coordinamento con altre università britanniche in agitazione sono già in cantiere: mercoledì 25 open day della Free University of London durante l’Open Day dell’LSE; l’invio di una lettera pubblica con cui far prendere una posizione ufficiale al direttore dell’LSE, Craig Calhoun, che sta cercando di mascherare le sue responsabilità, dando un sostegno informale agli occupanti; infine diverse giornate di azioni e volantinaggi davanti alle scuole.

Dopo Amsterdam e l’Olanda, il conflitto studentesco contro il ruolo che le politiche neoliberiste vogliono affidare alla conoscenza ha toccato Londra e in queste ore anche il resto della Gran Bretagna. Probabilmente adesso non c’è da chiedersi quale sarà la prossima città o il prossimo Paese. C’è invece da elaborare queste informazioni e riarticolare le lotte attorno al nodo dei saperi in un prospettiva territoriale europea, iniziando anche a ritrovare i dispositivi organizzativi adeguati ad un discorso di questa portata.