ITALIA

Non torniamo indietro

Il 7 e l’8 luglio le strade della penisola saranno attraversate da una marea transfemminista che si oppone all’annullamento della Roe vs Wade. A Roma l’appuntamento è a Piazza dell’Esquilino alle 18.00 organizzato insieme a Women’s March Rome, Italy “WE WONT GO BACK/NON TORNIAMO INDIETRO”

La Corte Suprema degli Stati Uniti ha appena annullato la Roe vs Wade, la sentenza che finora ha protetto il diritto di autonomia del corpo delle donne. Dovuto a questo cambiamento millioni di donne hanno appena perso il loro diritto di scegliere l’aborto o no. L’incubo si è finalmente realizzato!

COMUNICATO NON UNA DI MENO VERSO L’8 LUGLIO E DINTORNI

Torniamo nelle piazze e nelle strade con tutta la nostra rabbia contro il nuovo attacco patriarcale a livello transnazionale. Mentre assistiamo ad atroci femminicidi e transicidi, alla ‘normalizzazione’ della violenza dei e sui confini, in Texas come a Melilla, subiamo un nuovo attacco all’aborto, negli Stati Uniti come in Europa.

Per questo LA SETTIMANA DELL’8 LUGLIO, in diverse città italiane, scenderemo in piazza contro la violenza maschile sulle donne e di genere e per ribadire che sui nostri corpi decidiamo noi, in connessione con le proteste delle compagne femministe negli Stati Uniti, con cui siamo complici e solidali.

Lo scorso 25 giugno la Corte Suprema statunitense ha di fatto cancellato il diritto all’aborto sicuro a livello federale, revocando la sentenza Roe vs Wade del 1973 che garantiva l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza.

Sono già 26 gli Stati USA in cui l’aborto diventerà illegale. 150 milioni di donne e persone con capacità gestante vedranno ancora più limitata la loro autodeterminazione.

Fra queste chi pagherà maggiormente le conseguenze di questa decisione saranno le più poverз, le più marginalizzatз, afrodiscendenti e latinз, per cui la possibilità di spostarsi in altri stati dove l’aborto è ancora un diritto si rivelerà pressochè infattibile.

In pochi giorni la richiesta delle pillole abortive è quadruplicata ma si rivela una soluzione che non tuttз saranno in grado di perseguire.

MOVIMENTI ANTIBAORTISTI e la destra ultra-conservatrice coordinata a livello globale hanno esultato per questa sentenza e di questo non c’è da stupirsi. L’attacco all’aborto è strettamente connesso con l’imposizione della famiglia eteropatriarcale, centro della riproduzione della violenze maschile sulle donne, di rigidi ruoli di genere e della violenza omolesbitransfobica.

Ciò a cui assistiamo è un chiaro tentativo di ristrutturazione dei rapporti sociali, perché, se da una parte donne e soggettività dissidenti si sono ribellate all’oppressione del maschio eterosessuale bianco, dall’altra è un tentativo si cerca di scaricare su di noi i costi della riproduzione sociale in maniera gratuita o sottopagata, vissuta in solitudine e in condizioni di sfruttamento.

Gli ATTACCHI TRANSNAZIONALI ALL’ABORTO si inseriscono in un momento di intensificazione della violenza maschile sulle donne e di genere, dimostrando ancora una volta come la volontà di controllo da parte dello stato dei corpi di donne e persone LGBTQIA+ non è che l’altra faccia della medaglia di una società fondata su una cultura profondamente patriarcale e violenta.

Lo vediamo in questo scenario di guerra in cui emergono lampanti le contraddizioni di un Occidente che si dota di un armamentario retorico per la difesa dei suoi valori di fronte all’invasione di Putin e alla sua politica misogina e omofoba.

Vediamo un’EUROPA che attua politiche razziste e sessiste e che, grazie a questa guerra, sta rivalutando Stati come quello polacco, dove, non solo è vietato l’aborto anche alle profughe ucraine stuprate, ma si è anche dotato di un registro che monitora le gravidanze al fine di ridurre i tentativi di aborto, o l’Ungheria che promuove leggi anti propaganda gender.

Peggio, l’Unione Europea continua a patteggiare con la Turchia per respingere le persone migranti che sfidano la violenza dei confini, e cede, senza vergogna, al ricatto di Erdogan che usa come moneta di scambio l’estradizione di rifugiatə politicə curdə da Svezia e Finlandia per cancellare il veto posto all’entrata di questi due paesi nella Nato.

Solo una settimana fa a Oslo, in una sparatoria di matrice omofoba in un locale Gay, il giorno prima del Pride due persone sono state uccise e altre 20 ferite, mentre e a Istanbul, dove il Pride è vietato già dal 2015, centinaia di persone sono state arrestate e picchiate. Mentre nei negozi e nei palazzi istituzionali si appendono bandiere arcobaleno e pacifiste, si continua a far profitto sulle nostre vite.

Quotidianamente abbiamo notizie tragiche di donne massacrate dai loro compagni: sono stati 60 i FEMMINICIDI e i TRANSICIDI dall’inizio dell’anno.

Due sex workers sono state uccise nel giro di 24 ore e una donna trans, Cloè Bianco, si è suicidata perché non le è stato permesso di vivere come voleva. Nè le case nè le strade sono sicure per noi. Non è la polizia che ci difende, ma è lз compagnз, la nostra rabbia, l’amore e le lotte comuni che ci mantengono in vita.

SCENDIAMO IN PIAZZA perché vogliamo urlare ancora una volta che l’accesso all’aborto continua a non essere garantito e limitarlo non significa che l’aborto sparirà, ma che sarà meno sicuro e meno accessibile, diventerà ancora di più una questione di classe e di privilegio e le reti di supporto e di accompagnamento agli aborti saranno ancora più criminalizzate.

Significa che le donne e le persone con capacità gestante continueranno a scegliere di abortire, ma clandestinamente e in autogestione senza un supporto medico adeguato o ricorrendo quando possibile a viaggi costosi verso cliniche private, che rendono un business ciò che dovrebbe essere un diritto alla salute.

Per questo continuiamo a lottare per l’autodeterminazione e contro l’obiezione di coscienza: vogliamo molto piu della legge 194. Le nostre esperienze raccontano della disparità all’accesso alla salute, di come i mezzi, le informazioni e l’ambiente in cui si vive incidono sulla nostra possibilità di scelta.

L’ACCESSO ALL’INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA è ancora un percorso ad ostacoli: in molte regioni l’obiezione di coscienza rende impossibile abortire legalmente, arrivando a toccare anche punte del 100% di obiettori. Quando decidiamo di non portare a termine una gravidanza indesiderata, siamo sempre esposte alla violenza medica, al continuo giudizio continuo e moralistico del personale medico, molto spesso non adeguatamente formato, alla stigmatizzazione.

Non vogliamo che i movimenti anti-abortisti presidino ospedali e consultori! Vogliamo un’educazione sessuale e all’affettività nelle scuole, libere da gruppi cattolici no-gender!Le proteste delle femmministe non si sono fatte attendere. La richiesta che infiamma le piazze statunitensti è quella di un aborto sicuro per tutte e tuttə: if abortion isn’t safe, neither are you, gridano: se l’aborto non è sicuro, nemmeno voi lo siete.

Dall’Argentina all’Italia, continueremo a lottare perché sulle NOSTRE vite, sui NOSTRI corpi decidiamo sempre e solo noi.

NON UNA DI MENO VERSO L’8 LUGLIO E DINTORNI:

Giornate di mobilitazione in tante città, in solidarietà alle sorelle negli Stati Uniti.

Cerca la città più vicina a te! (Elenco in aggiornamento sull’evento fb nazionale)

BOLOGNA: 8 luglio Presidio H19:30

FIRENZE: 7 luglio Presidio regionale toscano H18:30

GENOVA: 4 luglio Presidio H18:30

LIVORNO: 6 luglio Presidio H18:30

MILANO: 8 luglio Autoformazione pubblica su aborto H21:00

REGGIO EMILIA: 8 luglio Presidio H20:00

ROMA: 7 luglio Presidio H18:00

Immagine di copertina NUDM Roma