MushRooms @Oz

uno studentato autogestito spunta in una fabbrica occupata

MushRooms project prende forma quasi un anno e mezzo fa nelle assemblee delle aule autogestite della Sapienza, attraverso un percorso che ha vissuto battute d’arresto e accelerazioni approda il primo giugno 2013 a Casal Bertone, nel magico mondo di Oz.

Occupare e autogestire uno studentato come MushRooms nel tempo della crisi vuol dire riappropriarsi direttamente di tempo e reddito, muovendosi continuamente su due binari paralleli ma intrecciati tra loro: una parziale risposta alla dismissione dell’università e delle politiche di wellfare giovanile e la costruzione di un’altra idea di metropoli, diritto alla città e territorializzazione contro speculazione e sfruttamento.

Dal tetto di MushRooms la vista si perde tra i palazzi della periferia romana, disegnando un panorama mozzafiato, squisitamente metropolitano e in continuo fermento. Oz è infatti spiato dal rumore e dalla presenza di tre enormi giganti: l’arteria grigia della tangenziale che si confonde con le mura colossali del cimitero del Verano, la ferrovia continuamente in costruzione e ristrutturazione che dai casermoni della fabbrica ci porta direttamente nel ventre della nuova mastodontica stazione Tiburtina, e infine via di Portonaccio.

Oz è un piccolo smeraldo, un concentrato di verde incastonato fra le pietre grigie della città.

MushRooms dentro OZ assume sfaccettature e significati più compositi e profondi che in qualsiasi altro luogo. OZ diventa, per gli studenti che lo attraversano, un luogo in cui creare saperi di senso opposto rispetto a quelli che ricevono unilateralmente all’università e fin dalla scuola dell’obbligo.

Siamo cresciuti infatti nell’università martoriata dai tagli, soprattutto nell’università del merito, della concorrenza e della competizione; un’università in cui i saperi sono blindati, costosi e inaccessibili, resi arma da usare contro i tuoi simili nel mercato del lavoro; saperi sterili, statici, verso i quali vorrebbero farci sviluppare un senso di possesso, per conservare i quali ci vorrebbero disposti al totale isolamento.

OZ invece fa saltare confini, paletti, diritti d’autore; dentro OZ, attraverso seminari di autoformazione che toccano gli ambiti più disparati, cresce un sapere universale davvero, collettivo, che sconfigge l’isolamento e che ci arma contro lo sfruttamento cui veniamo gettati in pasto al termine del percorso di studi.

Dalla finestra dell’arioso salone dello studentato la vista cambia: una fontanella zampilla allegra nel giardino verde e ripulito dalle erbacce, alberi da frutta ombreggiano le sedie disposte in cerchio in attesa di un’assemblea pubblica, e col venire della sera i viali alberati saranno illuminati da fili di lampadine appese fra i capannoni industriali e i possenti platani.

MushRooms dentro OZ diventa un canale di accesso all’università per tutti quegli studenti che lo scorso autunno, dai licei e dagli istituti tecnici delle periferie, hanno invaso le strade del centro, che altrimenti sarebbero costretti ad abbandonare i libri e a proseguire lo studio solo in funzione del mercato del lavoro.

MushRooms da OZ intesse una rete di comunicazione e circolazione di saperi che tocca l’università, le scuole, la casa dello studente di Casalbertone e in generale i quartieri universitari e poliglotti da cui è circondato.

MushRooms dentro OZ, inerpicandosi in equilibrio sui binari della precarietà, tenta di cambiarne traiettoria.

MushRooms dentro OZ libera tempi, crea saperi, sprigiona energie.