MONDO

Monsanto deve pagare

Una sentenza riconosce la pericolosità del glifosato, il pesticida più diffuso e discusso nel mondo e condanna la multinazionale al pagamento di un maxi risarcimento.

La sentenza Usa con la quale la Monsanto è stata condannata a pagare un risarcimento di 289 milioni di dollari a favore di un uomo, malato terminale di un linfoma non.Hodgkin , per non aver avvertito sui rischi nell’utilizzo del prodotto contenente glifosato, riaccende i riflettori sul pesticida più diffuso e discusso al mondo.

Dal 1974 al 2014 la vendita di questo erbicida è aumentata da 400 T a 113.000 T.
Si stima che se ne utilizzi 0,5 Kg per ettaro.
In Italia nel 2012 ne sono state vendute 1795 T e rappresenta il 15% fra tutti i pesticidi utilizzati. È ormai tristemente nota l’immagine di erba ingiallita in molto frutteti, anche del Lazio, in piena primavera.

Un colossale interesse economico per un erbicida ormai strategico anche per la produzione OGM i cui effetti sulla salute sono noti sia per l’esposizione acuta e sia per la temibile esposizione cronica che anche a piccole dosi determinerebbe gravi interferenze endocrine.

L’agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) nel 2015 lo classificò come cancerogeno probabile in particolare proprio per i linfomi non.Hodgkin , poi dopo sei mesi l’EFSA (agenzia Europea per la sicurezza alimentare) lo dichiara, in modo opaco, improbabile cancerogeno .
Nel marzo 2017 ECHA (agenzia Europea per le sostanze chimiche) conferma il giudizio EFSA basato su studi addirittura non pubblicati.

Nientemeno una recente e clamorosa rivelazione denuncia che il capitolo dell’Efsa sugli effetti sulla salute umana del glifosato è stato copiato dal dossier di Monsanto.
Non bastarono neanche le 300.000 firme raccolte dalla coalizione “stop gliphosate” a impedire il rinnovo della concessione da parte della Comunità Europea.

Il glifosato, che rappresenta un pericolo per l’ambiente e per gli esseri viventi, è diventato il simbolo dell’arroganza delle multinazionali della chimica e dell’agricoltura industriale.
L’argine a questo modello, che compromette, ambiente, salute e futuro, è rappresentato dalla consapevolezza del consumatore e dalle nuove e proficue alleanze con i produttori biologici e di qualità, con lo sporadico aiuto di qualche coraggiosa sentenza che questa volta arriva da San Francisco.
Resta l’auspicio di studi indipendenti e finanziati con fondi pubblici per chiarire definitivamente il nesso di causalità tra il potente e diffuso erbicida e gravi patologie negli esseri viventi.