EUROPA

Migranti al confine Polonia-Bielorussia, si acuisce la crisi

Migliaia di persone sono bloccate da settimane sul confine esterno dell’Unione Europea. Al freddo, senza viveri e vittime della violenza di chi non vuole trovare una soluzione

Lungo il confine che divide Polonia e Bielorussia, si sta consumando una delle crisi umanitarie più gravi degli ultimi anni. Da mesi, nell’indifferenza generale, migliaia di famiglie provenienti da Afghanistan, Iraq, Siria e da altri paesi mediorientali o africani, cercano tutti i giorni di oltrepassare la frontiera per raggiungere l’Europa.

Secondo osservatori ed esperti, sarebbero le autorità bielorusse a fornire ai migranti documenti falsi per entrare nell’Ue e, tramite una decina di agenzie locali, a gestire il trasporto aereo dai paesi di origine. I voli partirebbero da Istanbul, Baghdad, Damasco e anche dall’Egitto. Il prezzo? 10-15mila dollari.

Una volta giunti a Minsk, uomini, donne e bambini vengono trattenuti in diversi hotel della capitale, per poi essere trasportati con bus e taxi a diversi chilometri dal confine, oppure nelle città di Hrodna o Brest. Lì, le autorità bielorusse li costringono a raggiungere a piedi la frontiera polacca, lituana o lettone, spesso usando violenza fisica e minacce varie.

La scorsa estate gli attraversamenti erano ancora sotto controllo e la guardia di frontiera polacca portava i profughi nei centri di accoglienza predisposti. Ma con l’aumento della pressione migratoria, la situazione è cambiata radicalmente e intere carovane di disperati attraversano i boschi e le strade per raggiungere la frontiera.

Lo scorso settembre, il presidente polacco Andrzej Duda ha introdotto lo stato di emergenza sui territori al confine con la Bielorussia e sono iniziati i respingimenti indiscriminati. Secondo le testimonianze, molti migranti hanno attraversato la frontiera decine di volte. Ma ogni volta sono stati rimandati indietro.

Il governo, in attesa di una risposta dell’Ue sulla possibilità di costruire un muro, ha edificato una lunga barriera di filo spinato per respingere chi cerca di attraversare il confine ed entrare in Polonia. La zona è diventata off-limits: per giornalisti e Ong è quasi impossibile accedere o fotografare quello che succede dal check-point di Kuznica fino alla Lituania.

Le uniche testimonianze arrivano dai filmati dei militari, dei migranti o degli attivisti. E intanto, in questa parte d’Europa, si muore. Tra settembre e ottobre, sono stati rinvenuti i corpi di almeno nove persone decedute per ipotermia. Ma è una stima provvisoria che non rispecchia la realtà, perché le temperature sono sempre più basse.

(dalla pagina Facebook di Grupa Granica)

Da qualche giorno, lungo il confine ci sono circa 3-4mila migranti. Altri accampamenti di centinaia di iracheni, afgani, curdi e siriani con bambini, anziani e disabili al seguito, sono nascosti nelle foreste. Poco cibo, nessun supporto medico e vestiti non adatti alla stagione. Sulla sponda bielorussa ci sarebbero anche gli uomini dell’Osam, un’unità speciale impiegata in azioni di antiterrorismo.

«Abbiamo ripetutamente detto che usare i rifugiati, i richiedenti asilo e i migranti per raggiungere fini politici è inaccettabile e deve finire», ha dichiarato la portavoce dell’Unhcr Shabia Mantoo.

Anna Dąbrowska del “Gruppo Granica”, unione di una decina di organizzazioni umanitarie polacche che aiutano i rifugiati, ha precisato che al confine ci sono «diverse migliaia di persone, civili disarmati. Sono persone che fuggono da guerre civili, crisi politiche e regimi nei loro paesi. Cercano un luogo dove non ci sono persecuzioni, torture o arresti politici».

Contrariamente a quanto si possa pensare, molti abitanti del luogo stanno cercando di aiutare i profughi con viveri, acqua e vestiti, mentre la chiesa cattolica polacca ha lanciato una raccolta fondi per fornire aiuti umanitari. La situazione rimane comunque drammatica. Gli attivisti hanno anche denunciato diversi sabotaggi: le gomme di un’ambulanza sono state sgonfiate, mentre alcune auto di “Lekarze bez Granic” (Medici senza frontiere) hanno subito atti vandalici.

Molti video e foto mostrano le guardie bielorusse intente a provocare i soldati al di là del filo spinato con spari di avvertimento o azioni di disturbo. I soldati trattano i migranti in modo «estremamente brutale»: sono infatti molte le testimonianze di pestaggi e aggressioni, o di persone costrette a sfondare le reti metalliche sotto minaccia. «Dall’altra parte c’è l’esercito polacco, che non risparmia altra violenza», conclude Dąbrowska.

I 15mila membri delle forze di sicurezza di Varsavia impediscono, a chi ne avrebbe diritto, di richiedere la protezione internazionale. Tra martedì e mercoledì scorso, 200 migranti hanno distrutto diversi metri di filo spinato con tronchi e vanghe, ma sono stati respinti. Nelle ultime ore, poi, la situazione è diventata surreale: alcuni i migranti “difendono” il filo spinato che li divide dal sogno-Europa per non scatenare le reazioni dei militari oltreconfine.

Nel frattempo, anche la Lituania ha imposto lo stato di emergenza lungo il confine con la Bielorussia. Secondo gli osservatori, nelle prossime settimane le autorità di Minsk potrebbero “spingere” altre centinaia di disperati anche verso Ucraina e Lettonia, che intanto stanno rafforzando i controlli delle rispettive frontiere.

Per il premier polacco Morawiecki la crisi migratoria «ha la sua mente a Mosca». Il primo ministro ha chiesto il «blocco effettivo dei voli dai paesi del Medio Oriente verso la Bielorussia, perché sappiamo che questo è solo uno strumento di ricatto politico».

Angela Merkel ha avuto un colloquio telefonico con Vladimir Putin. L’ormai ex cancelliera tedesca ha chiesto di fare pressione su Lukashenko, ma il presidente russo ha risposto che l’Ue dovrebbe discutere direttamente con Minsk. La Russia ha dato un ulteriore segnale di sostegno al suo alleato, inviando due bombardieri Tupolev Tu-22M3 per pattugliare lo spazio aereo bielorusso e testare il sistema congiunto di difesa.

(da commons.wikimedia.org)

Per Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, «la Bielorussia deve smetterla di mettere in pericolo la vita delle persone. La strumentalizzazione dei migranti per fini politici è inaccettabile».

La crisi umanitaria, nonostante tutto, ha radici ben più lontane. A seguito delle elezioni bielorusse dell’estate del 2020, si sono scatenate proteste di massa per i brogli elettorali del regime di Lukashenko. Centinaia di migliaia di cittadini si sono riversati nelle strade della capitale per contestare i metodi antidemocratici e contrari ai diritti umani di quello che è considerato l’ultimo dittatore d’Europa.

L’Unione Europea, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno imposto pesanti sanzioni economiche alla Bielorussia per la repressione e le migliaia di arresti, ed espresso solidarietà per chi è sceso in piazza contro Lukashenko. La Polonia ha sostenuto pubblicamente l’opposizione bielorussa, nonché ospitato diversi leader delle proteste e i dissidenti politici.

Lukashenko si è quindi rivolto alla Russia, alleata storica, ottenendo sostegno e finanziamenti per far fronte alle proteste. La crisi migratoria ha dato a Mosca l’opportunità di rinnovare il suo supporto alla Bielorussia, che a sua volta sta destabilizzando le frontiere attraverso un “attacco ibrido”. C’è, infine, un’altra questione spinosa: il ricatto delle forniture di gas russo e i rincari per tutta Europa.

Il braccio di ferro tra Polonia e Bielorussia continua. La Nato e la Russia non vogliono cedere di un millimetro, mentre l’Ue, che sta già valutando nuove sanzioni, discute sulla possibilità di costruire muri di difesa. Nel mezzo, l’odissea di migliaia di esseri umani in cerca di un futuro, bloccati ai confini d’Europa nel fango e nel gelo dell’autunno, vittime delle false promesse di un regime dittatoriale e illusi dalla lentezza delle istituzioni democratiche europee. Pedine di scambio di un complesso, quanto disumano e infernale, scacchiere geopolitico.

Immagine di copertina dalla pagina Facebook di Grupa Granica