MONDO

Memet Drews: «È in corso una guerra contro i giornalisti curdi»

Nella lotta del popolo curdo per la propria emancipazione, il giornalismo gioca un ruolo importante sia a livello locale che internazionale. Ma chi lavora in questo settore è spesso in pericolo

«I nostri sono giornalisti di guerra»: Memet Drews è perentorio nel definire l’attività di chi lavora per Sterk Tv, canale curdo internazionale che ha sede a Bruxelles. Oggi nei quattro paesi del Kurdistan ci sono canali televisivi, giornali, agenzie di informazione e riviste. Fuori dal Kurdistan, in Belgio e in Norvegia c’è un canale curdo internazionale che è guardato da più di 77 milioni di persone.

Ma la sicurezza delle persone che portano avanti questo tipo di informazione è sempre in discussione: «Negli ultimi tre-quattro anni più di cinque colleghi sono stati uccisi in Rojava nei combattimenti contro Daesh», ci racconta Drews. «Nel Kurdistan turco più venti giornalisti curdi sono stati uccisi dagli anni 90. Oggi c’è ancora una guerra contro i giornalisti curdi». Abbiamo provato a capire meglio con lui i contorni di questa “guerra all’informazione”.

In ogni rivoluzione il ruolo dei media è molto importante, perciò cosa vuol dire fare informazione sul movimento curdo?

Il ruolo dei media è una finestra sul movimento di liberazione curdo. Grazie ai media il mondo sa che cosa ha fatto lo Stato Islamico in Rojava, in Iraq, in Siria. Grazie ai nostri colleghi che hanno fatto foto e video. Le più grandi agenzie di informazione del mondo hanno condiviso le foto dei nostri colleghi.

Ci sono delle collaborazioni tra i media curdi e quelli europei?

Sì, fin dall’inizio, collaboriamo con media diversi, soprattutto con giornalisti comunisti e rivoluzionari e di sinistra. Sono sempre stati dalla nostra parte. Molti di loro sono venuti in Rojava, in Iraq, in Turchia o Siria.

Qual è la situazione della censura in Turchia?

A partire dagli anni 90 la situazione è cambiata molto. I nostri colleghi sono stati torturati, uccisi, imprigionati. Ora la situazione è cambiata un po’. Le prigioni turche sono piene di giornalisti e politici curdi, membri dell’Hdp (tra cui l’ex presidente del partito), più di mille politici curdi sono in prigioni turche. Allo stesso tempo, anche gli oppositori turchi vengono incarcerati dal governo turco.

A Wan (Van), la seconda città più grande del Kurdistan in Turchia, ci sono quattro ospedali e cinque prigioni e sono tutte piene. In tutta la Turchia ci sono moltissime prigioni. In un incontro pubblico il presidente turco ha detto: «Abbiamo una buona notizia: costruiremo tre o quattro nuove prigioni».

Nonostante tutto il vostro canale è cresciuto molto negli ultimi anni …

Sì, all’inizio non eravamo più di venti, ma oggi solo nel Kurdistan turco abbiamo una televisione, non ufficialmente curda visto che si trova in Turchia, ma fa comunque informazione per le persone curde e vi lavorano più di cento giornalisti curdi. Inoltre centinaia si trovano in Rojava e nel Kurdistan iracheno.

Oggi è diverso perché anche i giornalisti curdi vedono quello che lo stato turco, l’Iran, la Siria, l’Iraq fanno contro i curdi: i giornalisti curdi sono quindi una finestra sulle lotte curde.

(testimonianza raccolta a novembre 2021 durante la campagna per la liberazione di Öcalan a cui Dinamopress ha preso parte)

Immagine di copertina di Sofia Cabasino