Marchionne a scuola

Cos’è l’ex DDL Aprea? Contro cosa si stanno mobilitando gli studenti delle scuole?

Se qualcuno la scorsa settimana pensava che dopo le cariche della polizia gli studenti delle scuole avrebbero abbandonato la mobilitazione, questo qualcuno si sbagliava di grosso. A Roma sono venticinque le scuole attualmente in occupazione, un dato sorprendente di una lotta partita per la prima volta da oltre vent’anni, dalle scuole di periferia per estendersi in seconda battuta a quelle del centro. Dalle prime occupazioni ad Ostia dei ragazzi della “gioventù lidense” si è passati poi per le mobilitazioni a sorpresa delle scuole del X e IV municipio per arrivare oggi a questa dimostrazione di forza. Sono d’altronde gli studenti medi ad aver costituito l’ossatura della straordinaria manifestazione romana della scorsa settimana, con un protagonismo rinnovato che li ha visti scendere in piazza con rabbia e determinazione.

La scuola d’altronde non se la passa per niente bene, dato che è finita, esattamente come le altre istituzioni del welfare del nostro paese, nel mirino della spending review. Se domenica è arrivata la notizia che la “Commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione” della Camera ha finalmente bocciato l’ipotesi dell’aumento dell’orario di lavoro del personale docente nelle scuole, mantenendo intatte le 18 ore, il prezzo imposto alla scuola pubblica sarà comunque molto alto. Per mantenere i saldi invariati e compensare il mancato licenziamento di circa trentamila precari, i tagli lineari che si abbatteranno sull’istruzione pubblica supereranno i 180 milioni di euro solo per il 2013. L’ennesimo colpo ad un sistema scolastico che ha già visto ridurre all’osso le proprie risorse negli ultimi anni. Basti pensare che già nel 2005 – in base ai dati Eurostat – il nostro paese era ventunesimo in Europa per la percentuale di PIL investita nell’educazione. Negli anni successivi sono arrivate le scuri di Tremonti e della Gelmini che di sicuro non hanno migliorato la situazione.

Se dal punto di vista economico la strana maggioranza che sostiene il governo Monti si appresta a dare un ulteriore colpo alla scuola, dal punto di vista delle riforme la situazione non è di certo migliore. Nel 2010 la mobilitazione delle università incontrò quella delle scuole grazie al fatto che il governo decise di affiancare alla riforma dell’università il cosiddetto DDL Aprea, un progetto organico –il secondo dopo la riforma Berlinguer – di riforma in senso aziendalistico della scuola italiana. L’iter del provvedimento ebbe una battuta d’arresto in seguito alla caduta del governo Berlusconi, salvo poi venir recuperato da un’operazione bipartisan.

Il testo del DDL, rinominato ex-Aprea, si compone di sedici articoli ma i temi principali sono tre: ampliamento dell’autonomia scolastica, ristrutturazione degli organi collegiali, valutazione centralizzata dell’attività didattica.

Per quanto riguarda l’autonomia scolastica in base all’art. 1 si prevede l’adozione in completa autonomia da parte di ogni istituto del proprio statuto, la cui funzione principale è quella di regolare la composizione degli organi collegiali e le forme di partecipazione degli studenti ai processi decisionali. Il DDL contiene al suo interno anche l’abrogazione di una serie di disposizioni riguardanti le rappresentanze studentesche presenti nel Testo Unico sulla scuola. Il risultato è che ogni scuola ha un amplissimo margine di discrezionalità nella definizione di modi e numeri delle rappresentanze collegiali.

Il consiglio d’istituto viene sostituito dal Consiglio dell’Autonomia (artt. 3-4) –abbreviato in C. d. A. – che prevede la partecipazione di membri esterni all’istituto non meglio specificati. Se si tratti di fondazioni private piuttosto che della tavola calda all’angolo cui appaltare la ristorazione non è chiaro, fatto sta che viene sancita la possibilità di far entrare qualsivoglia ente o istituto privato all’interno dell’organo che gestisce materialmente la scuola.

La ciliegina sulla torta dell’intero disegno di legge è la costituzione, in base all’art.8, del Nucleo di Autovalutazione in ogni istituto. La valutazione, tutt’altro che autonoma, viene definita “in stretto raccordo” con l’INVALSI, e dunque centralizzata a livello nazionale sulla base di criteri standard. Come sia possibile valutare allo stesso modo una realtà scolastica che opera all’Idroscalo di Ostia e una che si trova in via del Corso resta per noi un mistero, ma evidentemente a Palazzo Madama hanno le idee molto chiare.

La riforma si muove quindi su un doppio binario, da un lato aumenta l’autonomia delle scuole nel reperimento di fondi privati a fronte dell’ennesima taglio ai fondi pubblici. Dall’altro struttura la scuola sulla base di una vera e propria ideologia imprenditoriale, riducendo al minimo gli spazi di democrazia e di confronto culturale e didattico. In fondo l’obiettivo vero è la scuola nel suo complesso, o meglio, il modello sociale che la scuola italiana – con tutti i suoi limiti – proponeva fino ad oggi: un impianto generale strappato dai movimenti studenteschi a cavallo degli anni sessanta e settanta, che rappresenta una pagina da archiviare definitivamente. D’altronde si sa la democrazia costa cara, e a scuola come a Mirafiori, non possiamo più permettercela.