ITALIA

L’ultimo saluto a Orso

Domenica e lunedì le cerimonie di addio al combattente internazionalista che ha perso la vita in Rojava, lottando contro Daesh. Una battaglia che continua, anche nella sua memoria

«I martiri non muoiono perché donare la vita per gli altri è il contrario di perderla. Lorenzo Orsetti, quindi, non ha perso la vita: ha scelto di donarla a tutte e tutti noi. Il sacrificio suo e di migliaia di giovani donne e uomini ci insegna che si può morire ben prima che il cuore si fermi e che si può sopravvivere al suo ultimo battito».

A parlare è Maria Edgarda Marcucci, detta Eddi, arruolatasi nelle fila dell’YPJ in Rojava (per la quale il tribunale di Torino ha respinto, la settimana scorsa, la sorveglianza speciale che era stata chiesta dal pubblico ministero al suo rientro in Italia), intervenuta domenica all’SMS di Rifredi, durante la commemorazione pubblica del partigiano Lorenzo Orsetti, morto mentre combatteva Daesh al fianco del popolo curdo. E le ha ripetute lunedì, queste parole, durante la cerimonia funebre sul sagrato della chiesa di San Miniato al Monte, sopra Piazzale Michelangelo.

Quello a Lorenzo è stato un lungo addio, anzi, un lungo abbraccio, perché è difficile dire addio a chi resta con il suo esempio, il suo coraggio, il suo amore per gli altri. Un lungo abbraccio iniziato domenica mattina alle 9.30, al capolinea della tramvia davanti all’ingresso dell’ospedale di Careggi. Da lì, la salma di Orso è stata portata in corteo fino all’SMS di Rifredi, il suo quartiere, dove si è tenuta la camera ardente fino alle 20.

Insieme a Eddi hanno preso il microfono anche amici, familiari, compagni, associazioni, curdi e sostenitori della causa curda. È intervenuto Claudio Locatelli, nome di battaglia Ulisse, bergamasco trentaduenne che ha combattuto nella battaglia per la liberazione di Raqqa accanto alle forze curde. È intervenuta la nipote del partigiano Sugo (Marcello Citano), morto un anno fa a 91 anni. È intervenuto il partigiano Leandro Agresti, detto Malco, per ribadire che «Lorenzo come me era un partigiano», in un momento di riconoscimento fra simili. E proprio perché era un partigiano, un partigiano morto per la libertà, “Bella ciao” viene intonata, in curdo, da un coro.

«Ogni tempesta comincia con una singola goccia. Cercate di essere voi quella goccia» ha scritto Lorenzo nel suo ultimo messaggio. L’invito a essere quella goccia è il leitmotiv di questa giornata e di quella successiva, perché Orso vive ogni volta che ci lasciamo ispirare dal suo esempio e non cediamo all’indifferenza. Ma, ci ricordano i suoi compagni, Lorenzo ha scelto il livello più alto di mobilitazione. Dare la propria vita è il gesto estremo: ci sono molti altri modi per essere la goccia che fa iniziare la tempesta. Lottare nelle scuole, sul posto di lavoro, nei quartieri. Passare settimane in mare per salvare vite, oppure fare come Simone, il ragazzo di Torre Maura che affronta da solo i militanti di Casa Pound nel suo quartiere.

Alla fine della commemorazione nel cortile dell’SMS di Rifredi viene creato un valico: le bandiere delle unità di combattimento YPG e YPJ, del Rojava, la bandiera rossa e nera degli anarchici, quelle con sopra il volto di Öcalan delimitano un percorso, al contempo un omaggio e un abbraccio a quel combattente (“un militante senza mai essere un militare”) che considerava la sua patria il mondo intero e che è arrivato a dare la vita per una causa solo apparentemente lontana.

Prima che esca il feretro ci sono minuti di silenzio, quasi di pace: il sole filtra caldo fra i rami, gli uccellini cinguettano, la temperatura è perfetta, la natura è bellissima.

La bara, portata a spalla da alcuni compagni, viene caricata su un carro funebre della Misericordia. Il pugno chiuso, oppure l’indice e il medio alzati, i volti rigati dalle lacrime e Bella ciao, questa volta in italiano, accompagnano Lorenzo nel suo ultimo viaggio.

L’appuntamento è al giorno successivo, lunedì 24 giugno alle 10, nel piazzale delle Porte Sante a San Miniato al Monte, proprio sopra Piazzale Michelangelo.

«Vi ringrazio per essere presenti stamani in quest’ultimo saluto a Lorenzo» dice suo babbo Alessandro, aprendo la cerimonia, laica, tenuta sul sagrato della chiesa. «Come ho detto altre volte, sono molto colpito dalla vicinanza di tante persone in questi mesi e soprattutto in questi due giorni. Penso che in parte sia determinato dal fatto che Lorenzo ha toccato una corda che è propria di tante persone: il bisogno di fare qualcosa, la voglia di lottare per qualcosa di più giusto. […] Si dice che la vita si misura come i cerchi nell’acqua, ecco, in un modo o nell’altro Lorenzo in questi mesi ha mandato dei cerchi, degli impulsi alle persone. Chi vuole essere raggiunto da questi impulsi penso possa trovare in lui, negli altri amici, negli internazionalisti, nel popolo curdo, stimoli per andare avanti e vivere in maniera diversa. Grazie a nome della famiglia.»

La cerimonia procede con interventi di amici e compagni, vengono letti testi di Lorenzo (anche inediti, trovati nel “cassettino delle cose segrete”) e poesie.

La mamma, Annalisa, con la voce carica d’amore legge “La tartaruga” di Trilussa:

Mentre, una notte, se n’annava a spasso,

la vecchia Tartaruga fece er passo

più lungo de la gamba e cascò giù

co’ la casa vortata sottinsù.

Un Rospo je strillò: – Scema che sei!

Queste so’ scappatelle

che costano la pelle… –

Lo so: – rispose lei –

ma, prima de morì, vedo le stell

Commovente il ricordo dei compagni del Rojava: «Amavamo giocare con gli stereotipi nazionali fra di noi. Non abbiamo dimenticato il sapore della pasta all’uovo fatta in casa, degli gnocchi, della salsa di formaggi e del ragù che lui passava ore e ore a preparare, tirando su il morale di tutti. O come amava i cagnolini, tanto da abbracciarli tutti, e come raccontava a tutti di quanto gli mancasse il suo, di cane.»

Prima di leggere le ultime parole che Lorenzo ci ha lasciato, Annalisa si rivolge direttamente al figlio: «Lorenzo, tu hai capito tutto. Sei stato veramente tanto fantasioso. E questo testamento ha lasciato stupita anche me, perché sei molto più avanti di noi che è cinquant’anni che si va in chiesa a pregare, pregare solo con la bocca e poi non si perdonano le sciocchezze, non ci si mette nemmeno un sassolino su, altro che metterci una pietra. E tu hai insegnato anche a noi. […] Guardate quella foto dove trasuda pace, forza e gioia, di cui era pieno in mezzo a questo popolo che lui amava. Lui è maturato tanto, lì, tutti i semi che erano dentro di lui sono sbocciati: è fiorito. Grazie, Lorenzo.»

La cerimonia si conclude sulle note di “Guilty”, nella versione di Billie Holiday, come richiesto dallo stesso Orso (“Maybe I’m right / Maybe I’m wrong / Loving you dear like I do / If it’s a crime then I’m guilty / Guilty of loving you”).

La tumulazione avviene in forma privata, il primo momento che la famiglia vive da sola con il ragazzo. Lorenzo, adesso, riposa nel cimitero monumentale delle Porte Sante insieme ad altri partigiani che, come lui, hanno donato la vita per la libertà, per quell’inquietudine che spinge a non accettare le ingiustizie e le violenze del nostro mondo. Che prima di morire, come la tartaruga di Trilussa, sono riusciti a vedere le stelle.

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Ricordiamo il crowdfunding “Lorenzo Orso Tekoşer – Per continuare la lotta”.

https://www.produzionidalbasso.com/project/lorenzo-orso-tekoser-per-continuare-la-lotta

La raccolta di donazioni «nasce dalla necessità dei genitori, dei familiari, degli amici e le amiche di Lorenzo Orsetti, Orso, di portare avanti e dare giusta memoria alla lotta intrapresa da lui e al suo essere goccia di una tempesta necessaria.»

Una prima parte del ricavato servirà per le spese del funerale di Lorenzo. Un’altra parte verrà utilizzata per pubblicare un libro che raccolga gli scritti di Orso durante la sua permanenza in Siria e la sua partecipazione alla rivoluzione in atto. Un’altra parte ancora servirà per costituire un’associazione culturale che avrà come obiettivo mantenere viva la lotta in cui Lorenzo credeva profondamente.

Con un contributo di 30€ o superiore verrà consegnata una stampa autografata di Zerocalcare.