ROMA

Liberazione trans* e queer, corteo a Roma
Un importante appuntamento a sostegno delle lotte queer, storicamente marginalizzate, invisibilizzate e duramente attaccate dal regime di guerra reazionario al governo in sempre più paesi
Domenica 18 maggio a Roma si terrà il corteo di liberazione trans* queer, con partenza da piazzale Aldo Moro alle h.16.00. A un anno di distanza da quello del 17 maggio 2024, la manifestazione vuole tornare a porre al centro dell’attenzione la vita della comunità trans* a partire dalla sempre più evidente ostilità che vive da parte dei governi reazionari mondiali – in primis quello italiano.
Nel comunicato di lancio si dice: «Abbiamo visto la volontà da parte di questo governo di schedare le persone trans*, le conseguenze drammatiche per le vite dell’infanzia trans*, la criminalizzazione delle donne trans*, la cancellazione e marginalizzazione delle persone non binarie, la svalorizzazione e invisibilizzazione degli uomini trans*. La nostra comunità trans*, intersex, non binaria, di tempi migliori in questo Paese e in generale nel mondo non ne ha mai visti! È da sempre patologizzata, psichiatrizzata, marginalizzata, additata come mostruosa e pericolosa, costretta in percorsi che passano da ospedali a tribunali solo per essere chi siamo! Hanno continuato a medicalizzare la nostra esistenza e il dibattito politico».
Le reti che da anni sono attive nel tema non hanno mai smesso di presentare proposte concrete per superare stigma e discriminazione. In particolar modo un lungo percorso attraverso la rete Stati Genderali nel 2021-2023 portò alla ideazione di una proposta di legge che potesse sostituire la 164, totalmente inadeguata ai tempi attuali, chiamata ai tempi “La legge che vogliamo”.
Infatti il documento di lancio del corteo di domenica riporta «“La legge che vogliamo” parte dalle elaborazioni della nostra comunità trans* e queer, si basa sull’autodeterminazione, ripara i danni di decenni di discriminazioni e le abbatte, si fonda sul consenso informato e su percorsi di affermazione di genere tutti all’interno del sistema di salute pubblico. Non abbiamo bisogno di psichi e tribunali per affermare chi siamo, avere i nostri nomi riportati sui nostri documenti, scegliere di avere o no il marcatore di genere o transgenere che desideriamo».
Il corteo inoltre vuole mantenere un’attitudine intersezionale e pur ribadendo che non ci sono mai stati tempi migliori per la comunità trans*, è altrettanto consapevole della gravità storica del tempo in cui viviamo e legge il contesto in termini intersezionali. «In questo contesto di guerra ai corpi e al dissenso diciamo no al decreto “SICUREZZA” (ex DL1660) e a tutti i provvedimenti di questo governo che minano libertà di protesta, di insegnamento e ricerca. Scendiamo in piazza mentre si avvicinano le celebrazioni del rainbow washing anche per ribadire il nostro NO PRIDE IN GENOCIDE e l’abbraccio complice e solidale con la Palestina».
C’è una tematica infatti sotteso a questa come ad altre manifestazioni lgbtqia+ di questo periodo che precede il mese dei Pride. Ormai è evidente a chiunque che l’epoca storica in cui i diritti civili per le soggettività lgbtqia+ accompagnavano le democrazie neoliberali è tramontata, e gli USA di Trump lo dimostrano ogni giorno.
In Italia questo “matrimonio” non c’è neppure mai stato, vista la bocciatura del DDL Zan o la “semi” approvazione del DDL Cirinnà. Pertanto possiamo immaginare che quella parvenza di acquisizione di potere e riconoscimento che era stata offerta a una parte della comunità lgbtq negli ultimi 15 anni evaporerà molto rapidamente.
Come si posizioneranno pertanto la maggior parte dei Pride della nostra penisola, che, invece, proprio in virtù di quel riconoscimento si erano caratterizzati per vistosi e imbarazzanti sodalizi con centri di potere politico ed economico, ossia aziende ed enti locali? Continueranno a elemosinare pezzetti di riconoscimento o torneranno ad avere un approccio radicale e intersezionale, come fu nella natura originaria dei Pride?
Il corteo di Roma ha ovviamente già una risposta chiara: «Per questo non vogliamo né celebrazioni prive di posizionamento politico come si sono ridotti a essere i Pride sponsorizzati dalle multinazionali responsabili dei disastri che stiamo vivendo, né partiti e bandiere che sono state responsabili di un completo non ascolto della nostra comunità e si svegliano adesso per sostenere la loro battaglia contro i governi di turno, né rappresentanze in divisa della forze di polizia a lavarsi la coscienza dalle cicatrici lasciate sui corpi di tant3 persone della nostra comunità».
Una delle sfide di domenica è riuscire a contaminare quante più persone con questa presa di posizione, oggi più che mai necessariamente radicale.
Immagine di copertina di Renato Ferrantini
SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS
Per sostenere Dinamopress abbiamo attivato una nuova raccolta fondi diretta. Vi chiediamo di donare tramite paypal direttamente sul nostro conto bancario, Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno