EUROPA

Le porte dell’Europa hanno un colore

Si moltiplicano le testimonianze di discriminazione nei confronti di persone di colore residenti in Ucraina che stanno scappando dalla guerra. Un fatto che ci ricorda come, lungo questa linea, l’Europa sia ancora divisa in due

A seguito dell’invasione russa in Ucraina, decine di migliaia di persone sono state costrette ad abbandonare le loro case, a lasciare nella stasi dell’attesa relazioni sociali e familiari, studi, passioni. Per molti si è trattato di salire un treno diretto verso i confini ovest del paese, verso Slovacchia, Romania, Polonia e Ungheria. Gli stessi paesi che negli ultimi anni hanno costituito la frontiera che si è dimostrata bastione insormontabile per i viaggi di migliaia di persone in fuga dalla povertà e dalle guerre a sud del Mediterraneo oggi aprono le loro porte a chi fugge dalla guerra più prossima.

Ma per molte e molti non occidentali le porte dell’Europa hanno ancora un discrimine per l’accesso; il colore della pelle.

Negli ultimi due giorni si sono moltiplicati i racconti di giovani africani e indiani, molti di loro studenti in Ucraina, i quali riportano difficoltà ad attraversare i confini del paese. Più testimonianze e video sembrano mostrare come la polizia ucraina abbia impedito a dei gruppi di salire sui treni diretti verso i confini occidentali (qui il video a Lviv ), favorendo l’accesso invece agli ucraini. Altri che hanno affrontato il viaggio in treno hanno riferito di minacce e molestie verbali durante la corsa

I problemi non sono terminati con l’arrivo al confine, come testimonia una studentessa nigeriana che afferma di essere stata in fila per oltre sette ore per poi essere rimandata indietro poiché la precedenza spettava ai nazionali ucraini. La stessa situazione è stata riportata e documentata da studenti indiani al confine con la Romania. Altre testimonianze raccontano di come le sistemazioni al confine fossero preparate per gli ucraini in fuga, ma negate alle persone non occidentali, alcune delle quali che hanno dovuto passare la notte all’aperto, con temperature sotto lo zero.

In un caso particolare, ripreso da un telefono nella sera di domenica, si vedono degli agenti di polizia ucraini bloccare la strada e puntare le armi contro un gruppo di studenti nigeriani.

(qui una testimonianza, qui un video)

La notizia è stata denunciata inizialmente da alcuni giornalisti presenti al confine e in seguito confermata da un diplomatico sudafricano, Clayson Monyela. Monyela ha riportato di come «studenti e altri africani sono stati trattati male al confine tra l’Ucraina e la Polonia». Una denuncia dei fatti avviene anche dal Presidente della Nigeria Muhammadu Buhari, che nella giornata di lunedì ha affermato che «da prove video, testimonianze e da coloro che sono in contatto con funzionari consolari nigeriani, ci sono state spiacevoli segnalazioni di polizia ucraina e personale di sicurezza che si sono rifiutati di permettere ai nigeriani di salire su autobus e treni diretti verso il confine tra Ucraina e Polonia», concludendo che «tutti coloro che fuggono da una situazione di conflitto hanno lo stesso diritto a un passaggio sicuro secondo la Convenzione delle Nazioni Unite e il colore del loro passaporto o della loro pelle non dovrebbe fare differenza». Sull’accaduto si è espressa anche l’Unione Africana asserendo che «I rapporti secondo cui gli africani subiscano un inaccettabile trattamento dissimile sarebbero altamente razzisti e in violazione del diritto internazionale».

Quello che sta accadendo, e che continua ad accadere ancora in questi giorni ai confini ucraini, ci riporta alla mente quella che è la realtà più triste del nostro continente, ci parla di una parte integrante dell’Occidente sulla quale siamo costretti a riflettere.

Una parte di Europa è profondamente razzista e colonialista, lo è a livello sociale, culturale, istituzionale. Una parte di Europa è fatta di muri. Una parte di Europa è fatta però anche da chi da giorni passa le notti a fornire assistenza, riparo, vestiti e cibo a chi attraversa quelle barriere, a chi fugge, a chi entra. Ci parla di uno sforzo collettivo di associazioni e di cittadini che non si è mai fermato negli anni, che ha sempre aperto le braccia e creduto che i confini fossero delle barriere alla vita.

Fonti per verifica:

Clayson Monyela: https://twitter.com/ClaysonMonyela/status/1497882434179944458

Unione Africana : https://au.int/en/pressreleases/20220228/statement-ill-treatment-africans-trying-leave-ukraine

Presidenza Nigeriana: https://mobile.twitter.com/NGRPresident/status/1498038178657316868

Immagine di copertina da commons.wikimedia.org