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Le elezioni in Colombia e le sfide politiche di Petro

Domenica 27 maggio si voterà in Colombia per le elezioni presidenziali, le prime dopo gli accordi di pace firmati nel 2016. In un clima di violenza e tensione, l’ex sindaco di Bogotà Gustavo Petro riempie le piazze di decine di città a sostegno della coalizione Colombia Umana, con una proposta alternativa alle destre e all’uribismo. Una scommessa politica che secondo i sondaggi potrebbe arrivare al ballottaggio. Ecco perché. 

Le elezioni presidenziali mostrano le fratture, le scommesse, le macchinazioni e i discorsi che definiscono i diversi posizionamenti nella società in un determinato momento. In queste elezioni del 2018 assistiamo ad un fatto trascendentale per la recente storia politica del paese: l’emergere di un attore politico, Gustavo Petro, capace di contendere con grande forza ad Álvaro Uribe Vélez (presidente della Colombia dal 2002 al 2010, durante una fase di escalation della violenza paramilitare nel paese, ndr.) l’egemonia del discorso popolare.

 

Dal 2002 fino ad oggi lo scenario elettorale colombiano è stato dominato da un fatto politico di enorme trascendezna: l’egemonia politica di Álvaro Uribe Vélez, il grande elettore.

 

Il successo di Uribe è legato da una parte all’alleanza tra elites regionali, narcotrafficanti, paramilitari e militari, funzionali a consolidare il progetto politico e costituire la base della sua forza ideologica, e dall’altra alla capacità di coinvolgere il popolo in termini astratti in una crociata contro “il male”.  Questo discorso popolare era stato praticamente l’unico per tutto questo periodo.

Nonostante vi fossero altri candidati che si rivolgevano ai settori popolari, il dialogo e la connessione erano quasi inesistenti e di fatto, le candidature di successo contro l’uribismo si era rivolte soprattutto ad un elettorato di classe media piuttosto che ai settori popolari -Carlos Gaviria nel 2006, Antanas Mockus nel 2010 e Santos al ballottaggio del 2014.  In questo 2018 il panorama sta cambiando. La grande novità di queste elezioni è il fatto che Gustavo Petro contende il discorso popolare a Uribe Velez, non dal punto di vista demagogico, come dicono i suoi critici, ma piuttosto occupando uno spazio vuoto che Uribe non ha mai riempito di contenuto: la questione sociale.

 

Dalle questioni sociali ad un nuovo campo di conflitto político

Durante gli ultimi sedici anni il significante di popolare costruito dall’urinbismo è stato basato sulla logica della nemicità assoluta, molto efficace nella costruzione di una opposizione tra un “noi” e un “loro”. Questo fatto ha costruito una narrazione che spiega le cause di tutti i mali della società colombiana con estrema semplicità: il popolo lavoratore era minacciato da una serie di delinquenti, le FARC, Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane, che non permettevano al paese di vivere in prosperità.

Questo discorso è stato molto efficace, ma oggi, con il processo di pace in cammino e le FARC che partecipano alla vita politica civile con il nuovo partito Forza Rivoluzionaria Alternativa del Comune (ugale l’acronimo, FARC), emergono le sue lacune, ovvero, le questioni sociali. L’uribismo ha riempito il vuoto delle rivendicazioni popolari con l’estremizzazione del discorso sul nemico, dinamica che può essere però possibile solamente in un contesto di guerra.

 

E’ riuscito, abilmente, a spiegare tutti i problemi del paese indicando una sola causa: i nemici della patria.

 

Ma il discorso uribista contiene al tempo stesso un paradosso: sopravvive solamente se i suoi oppositori continuano a situarsi nel solco della logica antagonista dell’amico e del nemico, che è il luogo in cui l’uribismo si sente perfettamente a casa. La sua efficacia si perde, però, quando si entra in una logica di scontro in cui l’altro non è più il nemico ma l’avversario politico. Il nemico puoi ucciderlo e distruggerlo in guerra: l’avversario, anche se portatore di progetti inconciliabili, devi rispettarlo, considerarlo legittimo e non potrai mai disconoscerlo in quanto avversario politico.

 

La crescita di Petro in questa campagna può essere spiegata a partire dalla capacità di mostrare questi contenuti e di contendere questa narrazione, riempendo questo significato vuoto per un settore ampio della popolazione che oggi privilegia le questioni sociali rispetto alla paura.

 

 

E’ riuscito a situare all’interno del mondo popolare rivendicazioni chiare, principalmente la lotta alla diseguaglianza sociale, l’agenda ambientale, il settore rurale come motore dell’economia nazionale ed infine la sostituzione della dicotomia tra pace e guerra con quella tra riconciliazione e odio.

 

Dal cambiamento del discorso alla costruzione di un progetto collettivo

Petro ha saputo contendere il discorso popolare all’uribismo, ma per ottenere un trionfo sia elettorale che politico deve affrontare varie sfide sia nell’ambito di queste elezioni che sul medio periodo.

La prima di queste sfide è quella di cambiare la dinamica della contesa: dalla logica del nemico, in cui sempre vincono gli uribisti, a quella dell’avversario, laddove invece emergono i vuoti del discorso dell’uribismo.

La seconda sfida è quella di cambiare gli attori della contesa. L’uribismo si è sempre concentrato sul “noi”, il popolo colombiano e la cittadinanza per bene, che include i ricchi e le elites, contro le vecchie FARC e i loro supposti “alleati”, ovvero tutti quelli che si opponevano al “noi” uribista. Petro deve modificare questa relazione, a partire dal fatto che gli avversari non sono né le Farc né l’uribismo ma le elite al potere che hanno governato fin dalla nascita della Repubblica Colombiana, di cui l’uribismo è parte, e il noi è invece un “noi” più ampio: il popolo, i lavoratori e i piccoli e medi imprenditori. Si tratta di un “noi” che deve saper incorporare il cittadino uribista e quello non uribista, quello che ha appoggiato la pace e quello che si è opposto con il voto contrario al plebiscito.

 

La terza sfida riguarda un cambiamento dei codici della contesa, passando dalla rabbia all’indignazione.

 

L’uribismo ha usato il malessere e il disagio sociale della società colombiana traducendoli in discorsi basati sull’odio. Replicare tale logica significherebbe muoversi sul terreno dove il settore politico dell’ex presidente Uribe sa muoversi benissimo. Per sconfiggerlo, occorre passare dal linguaggio dell’odio e del rancore a quello dell’indignazione.

 

La quarta sfida è quella di cambiare la narrazione e ricostruire il campo avversario, contendere il discorso sul popolo.

 

Questo è ciò che di più importante è in gioco in queste elezioni, e se dovesse funzionare, la macchina elettorale e politica di Uribe potrebbe andare in crisi. Se Petro dovesse ottenere questo risultato, potrebbe aprire un cammino che nel 2002, 2006, 2010 e nel 2016 sembrava sempre impossibile: sconfiggere l’uribismo sulla base di una proposta alternativa e non di una alleanza che coinvolga un’altra parte delle elite nazionali.

Che vinca o perda le elezioni, è comunque una sfida decisiva per Petro consolidare un progetto collettivo. La forza dell’uribismo era legata al discorso di Uribe, ma la solitudine dello stesso Uribe è diventata la sua grande debolezza. Se Petro vuole cambiare il paese, non solamente dovrà vincere le elezioni, ma anche evitare l’emergere del “petrismo” e consolidare invece una proposta collettiva.

Urge cambiare l’orizzonte strategico dei settori alternativi all’uribismo, facendo si che l’obiettivo non sia solamente sconfiggere Uribe, cosa che rimane centrale, ma piuttosto costruire una volontà popolare collettiva che trascenda la fase e si proponga come un progetto storico che contenda alle elite la direzione morale e politica della società colombiana. Per questo è necessario che questro discorso potente sia l’asse centrale di un progetto collettivo.

Pubblicato su El Turbiòn. Traduzione a cura di DINAMOpress.