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La sinistra di destra

Perché i pranzi di Natale in famiglie tradizionalmente di sinistra, finiscono con l’amara sensazione di aver condiviso il tavolo con dei liberali conservatori o con dei mezzi fascisti? A questa domanda, che ci siamo fatti un po’ tutti, prova a rispondere Mauro Vanetti nel suo libro La sinistra di destra (Alegre, 2019, pp. 240)

Il libro di Mauro Vanetti, uscito a maggio per Alegre, parte da un disagio diffuso tra compagni e compagne negli ultimi anni. Perché ci troviamo sempre più spesso in contatto con persone che, pur ritenendosi di sinistra, riescono a formulare idee, pensieri e visioni che hanno un effetto “straniante” in molti di noi e ci fanno sentire più soli e isolati nelle nostre convinzioni? Perché, quindi, una parte considerevole della sinistra ha assunto posizioni sempre più conservatrici, tanto da poter essere chiamata una “sinistra di destra”? Usando le parole di Vanetti, «perché i pranzi di Natale in famiglie tradizionalmente di sinistra, finiscono con l’amara sensazione di aver condiviso il tavolo con dei liberali conservatori o con dei mezzi fascisti? Perché idee aliene, idee babbane, idee sbagliate sono penetrate nella sinistra parlamentare, extraparlamentare o “ex-parlamentare”, insomma nel campo di tutti quelli più a sinistra del PD facendo così tanto danno»?

Vanetti esplora nel libro con precisione e cura i riferimenti nel mondo della cultura e della politica che hanno permesso la crescita sociale di questo fenomeno, che lui fa risalire già a metà degli anni ’90. A suo dire, si tratta in realtà di due fenomeni che hanno origine temporale distinta ma che negli ultimi anni si sono paradossalmente congiunti e rafforzati mutualmente, la “vecchia sinistra di destra” e la “nuova sinistra di destra”. Nella prima definizione include la progressiva tendenza di settori sempre più maggioritari del Pci/ Pds / Ds e infine Pd a diventare fervidi sostenitori di una economia di tipo neoliberale, che accetta le regole capitalistiche senza remore, che crede nel mito liberale del “siamo tutti ceto medio” della “fine della classe operaia” e pertanto della morte della lotta di classe. Nella seconda definizione, Vanetti punta il dito, invece, verso un fenomeno più recente, più magmatico e a tratti più mascherato, cioè l’insieme di giornalisti, intellettuali, politici, che spesso utilizzando alcune categorie di sinistra sostengono che sia necessario superare l’internazionalismo della lotta di classe, che ha sempre caratterizzato il pensiero marxista, per trovare l’unità sociale delle lotte nel popolo nazionale e sovrano (tendenzialmente un popolo maschile ed etero, oltre che, ovviamente, bianco).

Il libro di Vanetti è molto interessante per vari motivi. Anzitutto offre una mappatura ragionata e completa della “nuova sinistra di destra” che nessuno aveva ancora disegnato. Tale mappatura è quanto mai urgente e necessaria viste le tendenze in atto, la velocità con cui si diffondono nell’opinione pubblica e nelle reti sociali e pertanto l’importanza di destrutturarle e criticarle in modo radicale e “da sinistra”. Inoltre Vanetti pone sotto la stessa lente di ingrandimento quelli che sono niente più che fenomeni da baraccone, come Fusaro, e pensatori che invece hanno ancora ampio credito a sinistra, come Formenti o Laclau. Ovviamente non si tratta di una semplificazione ideologica e non tutta la “sinistra di destra” è rossobruna e sostenitrice di Putin, come un Giulietto Chiesa qualunque. Al contempo, però, Vanetti fa emergere la matrice di pensiero che li accomuna e che pertanto va contrastata alla radice, anche se poi questa matrice può svilupparsi in forme bieche e intollerabili oppure tramutarsi perfino in una sorta di riferimento ideologico più soft a cui anche leader riconosciuti di sinistra come Sanders in qualche momento hanno fatto l’occhiolino (il riferimento è alle sue posizioni sulla questione migratoria).

Il libro di Vanetti è molto intelligente perché non attacca nuova e vecchia “sinistra di destra” in senso astratto o ideologico, né se la prende in modo personalistico con i singoli esponenti di questa “corrente” (anche se ragioni per farlo ce ne sarebbero). Al contrario l’autore declina il pensiero della “sinistra di destra” nelle varie macrotematiche con le quali la stessa cerca di imporsi e acquisire consenso, che vengono affrontate nei diversi capitoli: la questione immigrazione, la questione di genere e i diritti lgbtq, il nodo Unione Europea. Attraversare il fenomeno della “sinistra di destra” a partire da temi come migrazioni, diritti civili ed Europa permette a Vanetti di evidenziare il fil rouge sistemico, più o meno visibile che unisce vecchia e nuova sinistra di destra. Esse spesso, anche partendo da posizioni iniziali sensibilmente differenti, hanno in comune un obiettivo di lungo termine, cioè sostenere “l’ordine delle cose” neoliberale e fermare qualunque istanza di cambiamento genuina e realmente sociale e di sinistra. La figura di Stefano Fassina è presa ad esempio di quella che è una strada percorribile: dalla vecchia sinistra di destra del Pd del governo Monti, alla sua nuova formazione politica sovranista chiamata “Patria e Costituzione“, con tutti i tratti di quella che Vanetti definisce “nuova sinistra di destra”.

Un altro elemento particolarmente intelligente del libro è la scelta di destrutturare e rivelare nel suo carattere profondamente conservatore e reazionario la “sinistra di destra” proprio utilizzando in modo approfondito il pensiero marxista a cui molti “pensatori” della sinistra di destra (soprattutto quelli della “nuova”) dicono di fare riferimento. Infatti Vanetti dimostra che spesso le citazioni di Marx o Engels fatte da esponenti della “sinistra di destra” sono parziali, faziose o orientate, e cercano di sostenere le loro tesi semplicemente prendendo un pezzo di frase e decontestualizzandola rispetto al pensiero più organico e completo del filosofo di Treviri. L’esempio più clamoroso è la supposta visione dei migranti come “esercito industriale di riserva”, quando invece la posizione di Marx ed Engels rispetto alle migrazioni è ben più complessa e per nulla contraria al fenomeno in sé. Inoltre, in altre parti del libro, Vanetti dimostra che quando parlano di marxismo molti ideologi di “sinistra di destra” si riferiscono solo a fenomeni della degenerazione stalinista (ad esempio nel ripiegamento alla visione nazionalista oppure nella limitazione del ruolo della donna) e non certo alla storia del pensiero comunista nel suo complesso e nelle sue varietà.

Il libro è scritto con uno stile asciutto e preciso, scorrevole ma al tempo stesso corposo e denso quando si tratta di analizzare testi filosofici complessi. Lo stile divulgativo, che rifugge i limiti del testo più prettamente accademico, è poi garantito da una sottile ironia che innerva tutto il testo e che lo rende pure divertente. Ritengo due spunti offerti dal libro estremamente utili rispetto alla fase politica in cui ci troviamo. Da un lato Vanetti critica la “nuova sinistra di destra” evidenziando a più riprese quanto sia errato ritenere le lotte per i diritti sociali e quelle per i diritti umani/civili in competizione reciproca o bisognose di un ordine gerarchico di priorità. Tali lotte avranno invece più impatto e più efficacia proprio nell’intreccio intersezionale delle une con le altre. Questo è un elemento cardine, troppo spesso trascurato, in un momento in cui le Ong che prestano soccorso ai migranti in mare riescono a mettere sotto scacco un governo reazionario e fascistoide, ricevendo poi critiche al vetriolo da parte di chi (che si suppone più a “sinistra”) pensa che non sia quella la strada da percorrere verso il cambiamento, come abbiamo denunciato nettamente su Dinamo.

Dall’altro, il libro di Vanetti permette di leggere quanto sta accadendo nella politica italiana attuale. L’autore accusa il M5S di inconsistenza politica, perché con le proprie posizioni populiste può affiancarsi (e alla fine annullarsi) tanto con la destra più reazionaria quanto con la sinistra. Dire «sinistra e destra non esistono più» è semplicemente fasullo, esistono eccome e la posizione grillina populista è quella priva di un reale baricentro che può piegarsi tanto da una parte quanto dall’altra a seconda della convenienza o dell’opportunità. Siamo proprio di fronte a questa fase (in qualche modo prevista da Vanetti) e al matrimonio tra il populismo grillino e la “vecchia sinistra di destra” del Pd, dopo i 14 mesi di condivisione del potere con la Lega.

Si potrebbe contestare a Vanetti l’assenza di una pars costruens, cioè dell’alternativa alla sinistra di destra. Alla conclusione del libro, l’autore riporta la necessità di costruire una “sinistra di sinistra” ma non prospetta una roadmap precisa. A mio parere la scelta è motivata semplicemente dal non voler assumere il ruolo di chi indirizza il lettore verso “il sol dell’avvenire”, tanto più in un libro scritto anzitutto per criticare un fenomeno politico attuale. In realtà, poi, nel corso del libro Vanetti fa più volte fa riferimento, per contrappunto rispetto alle storture ideologiche della sinistra di destra, ai movimenti sociali significativi che ci sono stati in Italia dalla fine degli anni ’90 a oggi, che invece sono riusciti a essere “sinistra di sinistra”: dall’epoca di Seattle fino a Non Una di Meno, passando per Genova, i movimenti antirazzisti e il ciclo di movimenti contro la crisi del 2008-2012. Non a caso molti di questi sono movimenti che l’autore ha attraversato personalmente.

Un’alternativa pertanto c’è, anche se troppo spesso poco visibile perché a oggi totalmente priva di rappresentanza politica e perché schiacciata dai media mainstream che portano in televisione Fusaro chiamandolo “filosofo marxista” mentre hanno per lungo tempo ignorato il movimento femminista. Il libro, nella sua critica senza remore alla sinistra di destra, può essere allora uno stimolo e un supporto nell’analisi e riflessione di chi lotta per una “sinistra di sinistra”.