EUROPA

La Francia in rivolta contro la legge sulla sicurezza

Da due settimane grandi mobilitazioni in tutto il paese contro la “legge sulla sicurezza globale”, ed in particolare contro l’articolo 24 che impedirebbe di diffondere filmati degli agenti in azione. Intanto Macron punta a conquistare l’elettorato di destra

Le strade si sono riempite di nuovo sabato scorso, il 5 dicembre, dopo le proteste che nella giornata del 28 novembre hanno attraversato tutto il paese, quando sono scese in piazza 500.000 persone secondo gli organizzatori.  Il flusso di persone si era riversato sulle strade anche in nome di Michel Zecler, produttore musicale aggredito dalla polizia a Parigi il 21 novembre. L’uomo era stato fermato, trascinato all’interno del suo studio di registrazione senza un apparente motivo valido e picchiato brutalmente dalla polizia, tra un insulto razzista e l’altro.

Fortunatamente, alcuni ragazzi presenti nello studio sono riusciti a far indietreggiare gli agenti, chiudendoli fuori dal locale. A quel punto il tentativo di forzare l’entrata da parte della polizia, il lancio di un lacrimogeno all’interno dello studio, le armi puntate verso la porta. A rivelare i retroscena, le telecamere di sorveglianza dello studio di registrazione e i video registrati dagli edifici di fronte, grazie ai quali l’uomo è stato scagionato (i tre agenti avrebbero riportato una versione diversa, secondo la quale Zecler avrebbe cercato di disarmarli).

Le immagini sono state diffuse il 26 novembre dal sito Loopsider, scatenando l’indignazione generale. Anche grazie a quelle riprese che l’articolo 24 vorrebbe proibire, Zecler è ora fuori pericolo. Ma cosa sta accadendo nella terra della libertà di espressione, dove neanche i ripetuti attentati piegano la convinta difesa del diritto a ogni forma di pensiero?

 

Quell’articolo va eliminato

Il dubbio sollevato dai manifestanti è che la libertà di espressione resti tale solo quando non punta il dito contro lo stato. A indire le manifestazioni sarebbe stato, infatti, proprio un collettivo di giornalisti, sindacati e gruppi per i diritti umani, soprannominato “Stop loi Sécurité globale”. Al centro delle proteste, in particolare, l’articolo 24 della proposta di legge sicurezza globale, già approvata alla Camera e attesa in Senato. L’articolo stabilisce una pena che va da un anno di reclusione a una multa di 45mila euro per chiunque diffonda «con qualunque mezzo, al fine di minarne l’integrità fisica o psicologica, l’immagine del volto o qualsiasi altro elemento di identificazione di un funzionario della polizia nazionale o di un agente della gendarmeria nazionale quando agisce nell’ambito di un’operazione di polizia». Di fatto l’articolo 24 impedirebbe di  diffondere filmati degli agenti in azione.

Una misura che, vien da sé, rischia di intaccare notevolmente la libertà di stampa e non solo. Inoltre, se l’articolo 24 è quello che ha suscitato maggiori polemiche, anche gli altri articoli non sono da meno: la legge prevede una serie di altre misure controverse, come una facilitazione dell’accesso alle immagini dei sistemi di videosorveglianza da parte della polizia; il rafforzamento dei poteri della polizia locale; la possibilità di utilizzare i droni della polizia anche durante le manifestazioni. La proposta di legge, presentata da En Marche (il partito di Emmanuel Macron), viene giustificata con l’intento di garantire una maggiore sicurezza degli agenti di polizia, preservandoli anche da attacchi riconducibili alla diffusione dei video che li ritraggono in azione.

 

Contestualmente, la legge si prefigge lo scopo di combattere il terrorismo, rafforzando i mezzi a disposizione delle forze dell’ordine. Ma per fortuna siamo in Francia, luogo in cui azione e reazione restano vasi comunicanti: proposta la legge, giornalisti e cittadini hanno indetto uno stato di mobilitazione.

 

Non sono bastate le rassicurazioni di esponenti della maggioranza che hanno tentato di ribadire che i giornalisti conserveranno la facoltà di diffondere immagini di agenti di polizia senza il bisogno di oscurarne i volti. Non è bastato l’emendamento aggiunto prima dell’approvazione alla Camera, in cui viene specificato molto genericamente che la legge «non sarà un ostacolo al diritto di informare il pubblico». Non sono bastate le promesse – arrivate lunedì scorso dopo giorni di proteste ‒ di riscrittura dell’articolo 24 in Parlamento, intenzioni annunciate da Christophe Castaner, capo del gruppo parlamentare La République en Marche.

Gli organizzatori delle proteste tengono il punto: è necessario eliminare gli articoli più contestati (21, 22 e 24). Anche perché ‒ come sottolineato su “Le Monde” dal giornalista Nicolas Chapuis ‒ «minacciare e insultare la polizia, anche sui social network, è già punibile». Preoccupazioni simili anche quelle espresse dal Consiglio per i diritti umani dell’Onu. In una lettera inviata alle autorità francesi il 12 novembre e firmata da tre rappresentanti del Consiglio, viene ribadito che la legge «comporta danni significativi ai diritti dell’uomo e alle libertà fondamentali, soprattutto il diritto alla vita privata, il diritto alla libertà d’espressione e d’opinione e il diritto alla libertà di associazione».

 

Per questo, finché non si raggiungerà un’eliminazione degli articoli incriminati, l’appello lanciato dal collettivo resta sempre lo stesso: continuare con la mobilitazione.

 

In questo senso, non ha convinto neanche l’intervista rilasciata da Emmanuel Macron presso l’agenzia di informazione Brut, nella quale il presidente avrebbe sottolineato, senza fornire i dettagli e senza troppa sicurezza: nella riscrittura dell’articolo 24 sarà consentito diffondere immagini di agenti in azione. Inoltre, anticipa il presidente francese, dal prossimo anno sarà a disposizione di tutti una piattaforma per segnalare e, volendo, denunciare comportamenti discriminatori da parte degli agenti di polizia. Questa misura, insieme a un nuovo percorso di formazione delle forze dell’ordine e insieme a un accesso agevolato alle immagini del sistema di sorveglianza, dovrebbe garantire un maggiore controllo sui comportamenti degli agenti. Insomma, sorveglianza e burocrazia per proteggere cittadini e giornalisti dallo stato. Non suona bene.

 

Cosa prevede il disegno di legge?

Il disegno di legge è stato depositato lo scorso 20 ottobre dai deputati di En Marche, ed è stato fortemente sostenuto dal governo. Martedì 24 novembre la legge è stata approvata in prima lettura alla Camera, portando a casa 388 voti favorevoli, 104 contrari e 66 astensioni. La legge poi sarebbe passata al Senato. Al termine dei passaggi parlamentari, dovrebbe passare al Consiglio costituzionale, l’organo deputato a valutare la costituzionalità delle leggi. Bloccata prima del suo arrivo in Senato, si attende ora la riscrittura dell’articolo 24 annunciata dalla maggioranza. Ma quali provvedimenti sono contenuti nella legge?

Secondo quanto sottolineato da “Le Figaro”¸ oltre all’articolo 24 ‒ da tempo voluto dai sindacati di polizia ‒ la proposta di legge conterrebbe anche importanti rafforzamenti delle competenze della cosiddetta police municipale, la polizia locale che si occupa, tra le altre cose, di garantire «l’ordine, la sicurezza nei confronti di eventi esterni e criminalità, e la tranquillità pubblica» (dice il Codice di sicurezza pubblica). Questa polizia della microcriminalità potrebbe godere, se restassero gli articoli 1-6, anche di poteri di carattere giudiziario e di mantenimento dell’ordine. Potrebbe intervenire in caso di stato d’ebbrezza su una via pubblica, di vendita abusiva, di occupazione illecita di immobili o di occupazione illegale di un terreno comunale. Allo stesso modo, potrà esser mobilitata per seguire manifestazioni sportive e culturali. La Commission nationale consultative des droits de l’homme ha già espresso la sua posizione a riguardo, seriamente preoccupata dal trasferimento di competenze della polizia giudiziaria agli agenti della police municipale. Anche perché quest’ultima risponde all’autorità del sindaco, mentre la polizia nazionale «agisce sotto la direzione, il controllo e la sorveglianza dell’autorità giudiziaria».

 

Controversi anche gli articoli 20, 21 e 22, riguardanti l’accesso alle immagini di videosorveglianza e l’utilizzo dei droni. In base agli articoli proposti, gli agenti della police municipale potranno visionare le immagini filmate dai sistemi di videosorveglianza.

 

L’articolo 21 invece facilita l’accesso alle immagini delle cosiddette caméras piétons, le videocamere portate individualmente dagli agenti in servizio, una misura che diventerà generalizzata nel 2021. L’accesso alle immagini sarà consentito in caso di minaccia per la sicurezza di un agente, o in caso di una procedura giudiziaria o di un intervento della polizia. Molto controverso l’articolo 22, che prevede l’utilizzo dei droni della polizia anche durante le manifestazioni.

 

Ironia della sorte

La legge arriva in un clima particolare, che vede un inasprimento dei rapporti tra le forze dell’ordine e i cittadini. Secondo parte della stampa francese, la nuova legge si iscriverebbe all’interno di un programma ben preciso: conquistare l’elettorato di destra in vista delle prossime elezioni presidenziali, previste per il 2022. Tant’è che, tra proteste e rivendicazioni, il consenso di cui gode Macron sembra crescere ugualmente, soprattutto a destra. Si viene così a creare questo tragico capolavoro: da un lato le critiche da sinistra e mondo dell’informazione, come quelle di Olivier Faure, leader del Partito Socialista, che accusa Macron di portare avanti un attacco al liberalismo e di voler indebolire stampa, Parlamento e parti sociali; dall’altro le minacce di Macron in Europa, rivolte a Polonia e Ungheria, che hanno posto il veto sul nuovo bilancio europeo, bloccando di fatto il Recovery Fund.

La causa della frizione sarebbe dovuta alla clausola sul rispetto dello stato di diritto per accedere ai fondi, un requisito che i due paesi semi-autoritari vorrebbero eliminare. Macron insorge: «Non sacrificheremo né il Fondo per la ripresa né lo Stato di diritto». Ora, non sappiamo bene quali siano le intenzioni di Macron in Francia, ma se l’Onu si allarma, se le Défenseur des droits (autorità indipendente francese attiva nella difesa dei diritti dei cittadini) parla di «violazione di diversi diritti fondamentali», se l’obiettivo dell’arma da fuoco statale inizia a puntare contro l’obiettivo della fotocamera, forse qualcosa non sta andando nel verso giusto.

 

Immagine di copertina: Cerveaux non disponibles