EUROPA

La Francia cinque anni dopo lo scoppio del movimento dei gilets jaunes

Alla fine del 2023 una piccola manifestazione ha commemorato l’anniversario dello scoppio di un movimento che ha segnato la storia recente di Francia e ha avuto una significativa continuazione nelle battaglia dell’ultimo biennio

Il 17 novembre del 2018 centinaia di migliaia di persone scendevano in strada in tutta la Francia, bloccando il traffico e occupando le piazze. I manifestanti protestavano contro una nuova tassa proposta dal governo di Emmanuel Macron che avrebbe aumentato il prezzo della benzina. Sostenevano che questa tassa avrebbe gravato sui cittadini più poveri, e ognuno di loro indossava un giubbotto di sicurezza giallo fluorescente. Era l’inizio di quello che sarebbe diventato il movimento dei gilets jaunes, i gilet gialli. Le mobilitazioni si sarebbero susseguite per mesi, ogni sabato, e in tutta la Francia: si trattava di proteste inedite, spontanee, organizzate tramite i social media, senza alcun leader né partiti o sindacati di riferimento, che lasciarono spiazzate le autorità e attirarono la curiosità di tutto il mondo. Le rivendicazioni del movimento erano molto varie, ma accomunate da una rabbia diffusa nei confronti del peggioramento delle condizioni economiche e dell’aumento delle disuguaglianze sociali, da uno spirito antisistemico così come dall’ostilità a Emmanuel Macron, visto come il “Presidente dei ricchi”.

Cinque anni e un giorno dopo

Cinque anni e un giorno dopo, sabato 18 novembre, qualche decina di nostalgici si è radunata in piazza Franz-Liszt, sotto una pioggia battente. Se non fosse per i gilet gialli indossati con fierezza dai manifestanti sarebbe difficile accostare questo piccolo e pacifico raduno alle proteste di massa, spesso violente, di cinque anni fa. Tra di loro c’è Malika, che ha 54 anni e lavora nella ristorazione: «il movimento dei gilets jaunes è scoppiato fondamentalmente per il
frigorifero vuoto, per l’alto costo della vita e la diminuzione del potere d’acquisto», ricorda Malika: «dopo cinque anni, il movimento ha perduto molte adesioni: ma tutti i francesi sono ancora afflitti dai problemi che ci hanno portato in strada cinque anni fa». Anche secondo Pascal, che è stato parte del movimento fin dagli inizi, la frustrazione che ha portato in strada così tante persone cinque anni fa è ancora molto sentita dalla popolazione francese: «l’inflazione è ai massimi storici e le persone non arrivano a fine mese, non riescono a vivere dignitosamente – dice il sessantacinquenne – e il nostro presidente Macron fa tutto per i ricchi, in modo che i ricchi diventino sempre più ricchi e i poveri più poveri; è una follia».

«Abbiamo la sensazione che quelli che assorbono la ricchezza siano sempre gli stessi, che si prendano i soldi dalle tasche della gente comune mentre i ricchi si arricchiscono: questa disuguaglianza, questa ingiustizia è al centro del movimento dei gilets jaunes», fa eco Fabrice, un lavoratore agricolo di 56 anni, «la situazione continua a peggiorare, sia per quanto riguarda il costo della vita sia per quanto riguarda il sistema politico, la “macronia”: siamo tutti nella stessa situazione, siamo affamati, siamo in difficoltà, non viviamo bene». Secondo Fabrice, così come molti altri manifestanti, il motivo per cui oggi molti meno gilets jaunes si sono radunati in piazza rispetto a cinque anni fa è la repressione che ha subito il movimento da parte delle forze dell’ordine; «eravamo semplicemente dei cittadini arrabbiati, e la nostra rabbia era legittima, ma la repressione è stata brutale e il movimento si è indebolito». Fabrice conclude però che, nonostante la repressione e l’indebolimento del movimento, «la rabbia è ancora lì, è sepolta, ma è ancora lì».

Una sofferenza sociale diffusa

Che ci sia una rabbia diffusa tra la popolazione francese è emerso in modo evidente anche nell’ultimo anno, con le enormi mobilitazioni contro la riforma delle pensioni portata avanti da Macron. Scoppiate contro l’innalzamento dell’età pensionistica da 62 a 64 anni, queste manifestazioni hanno infatti presto incorporato una serie di messaggi e rivendicazioni molto più ampie: contro precarietà e disuguaglianze, contro lo smantellamento del welfare, e contro
la “macronia”. Queste rivendicazioni sono molto simili a quelle che avevano portato in piazza i gilet gialli: »si tratta di movimenti diversi, quello contro la riforma pensionistica è stato guidato dai sindacati, mentre i gilets jaunes sono il frutto di una forma inedita di auto-organizzazione” – dice Stefano Palombarini, ricercatore in economia politica
all’università Parigi 8 – Vincennes – ma certamente, entrambi si sono nutriti di una sofferenza sociale molto diffusa, frutto del tentativo di riformare il capitalismo francese in direzione neoliberista».

Da quando ha assunto la presidenza nel 2017, il governo di Emmanuel Macron ha infatti portato avanti numerose riforme economiche di stampo neoliberista, come la soppressione dell’Imposta di solidarietà sul patrimonio (ISF) per i cittadini più abbienti, l’introduzione di agevolazioni fiscali per le aziende e significativi tagli alla spesa pubblica. In concomitanza a queste riforme, in Francia si è osservato un forte aumento di precarietà e disuguaglianze:
secondo gli ultimi dati dell’istituto nazionale di statistica francese INSEE (per il 2021) il 14,5% dei francesi vivono sotto la soglia di povertà.

Macron ha inoltre portato avanti le sue riforme con un approccio governativo poco democratico, ricorrendo spesso all’utilizzo dell’articolo 49.3 che consente l’approvazione di una legge senza voto del parlamento.
Secondo Palombarini, le richieste più importanti del movimento dei gilet gialli emergevano proprio da questa duplice insoddisfazione dei francesi con le riforme neoliberiste e con un approccio poco democratico, e consistevano appunto nella «domanda di sviluppare nuovi meccanismi di democrazia diretta e di riconoscere dignità ai lavoratori».

L’insoddisfazione con il sistema economico e politico francese era talmente diffusa che, secondo alcuni sondaggi, nei primi mesi oltre il 70% dei francesi supportava o aveva simpatia per i gilet gialli. Le richieste del movimento rimasero però senza seguito, secondo Palombarini in parte per il rifiuto sistematico di ogni interlocuzione con movimenti politici e sindacali, ma soprattutto per il fatto che «i gilets jaunes si sono trovati di fronte a un potere che non intendeva concedere nulla». Allo stesso modo, il movimento di quest’anno contro la riforma delle pensioni (riforma a cui la grande maggioranza della popolazione francese si opponeva) si è scontrato con la riluttanza del governo a fare marcia indietro e con l’utilizzo del 49.3 per approvare la riforma senza maggioranza parlamentare.

«Su entrambi questi piani, il disagio sociale generato dalle riforme e l’insoddisfazione legata al funzionamento della democrazia francese, le cose non sono certo migliorate negli ultimi tempi», conclude Stefano Palombarini, «quindi non è complicato prevedere che altri movimenti verranno: difficile immaginare invece le forme che prenderanno, ma la Francia attraversa una lunga crisi politica che è ben lontana dall’essere risolta».

Immagine di copertina e nell’articolo di Elena Colonna