ROMA

«La fine del mondo c’è già stata». 100mila giovani al Climate Strike

Nella capitale, un corteo partecipatissimo sulla giustizia climatica ha attraversato le strade del centro per ribadire che la crisi climatica è una crisi di sistema che devono pagare le aziende responsabili dell’inquinamento e della devastazione dei territori

Sono come due immagini speculari: mentre gli “adulti” rimangono bloccati sulle loro automobili dentro al traffico di Termini, ragazzi e ragazze degli istituti scolastici romani bloccano piazza Vittorio, dando corpo a una delle più partecipate proteste sulla giustizia climatica degli ultimi tempi. «Siamo una generazione dimenticata», urlano dai microfoni, ad approfondire un “solco anagrafico” che oramai riguarda sempre più aspetti della vita quotidiana, fra consapevolezza della crisi ambientale, partecipazione politica, fluidità di genere e diverse idee di futuro.

Foto di Patrizia Montesanti.

Sono almeno centomila: sciamano dalle viette laterali portando gli striscioni, alcuni arrivano salendo le scale della metro, altri scendono dai tram che scorrono lungo via di Porta Maggiore. Il giardino al centro della piazza aggiunge altri colori al verde delle piante: bandiere rosse, cartelli che raffigurano il blu degli oceani, il “giallo terrore” dell’Eni che viene stigmatizzata come un “killer”. A fare quasi eco con le battaglie referendarie di questi giorni, poi, molti slogan giocano sul tema della marijuana: «Il fumo fatelo uscire dalle canne, non dalle macchine», recita una scritta in nero.

Come per i precedenti scioperi del clima, l’ironia sembra essere una delle cifre caratteristiche della giornata. Dalla rielaborazione sarcastica della propria rabbia («Co2 palle così») alla rivendicazione provocatoria di un desiderio di socialità e divertimento («Salvate i ghiacciai o mi si riscaldano i drink»), dalle metafore e allusioni sessuali («più Bdsm, meno Co2») alla consapevolezza vissuta in chiave umoristica che la crisi investe anche e soprattutto i propri corpi («Sono un metro e 50, non posso permettermi l’acqua alta»). Dal carro in testa, la musica inizia a “scaldare” la folla e si parte.

Il corteo, il primo dalla pandemia che si svolge in movimento, è davvero imponente: via dello Statuto è ancora gremita, mentre i primi spezzoni raggiungono Santa Maria Maggiore.

Non ci sono solo il clima e la questione ecologica a far capolino nei discorsi e negli striscioni, ma tanti temi che compongono una forte intersezionalità delle lotte: dall’antifascismo al femminismo, dalla mancata assistenza psicologica per gli e le studenti alle battaglie dei territori come l’opposizione alla Tav. «Siamo il futuro senza futuro», viene detto dal microfono. «Non ci stiamo più a farci raccontare delle bugie, bisogna agire subito per combattere la crisi climatica».

I segnali di questa urgenza, d’altronde, sono sempre più chiari ed evidenti. Durante la mobilitazione vengono evocati avvenimenti recenti, come il caldo record di quest’estate a Siracusa (48,8 °C toccati l’11 agosto) o gli incendi che hanno devastato parti della nostra penisola. «A causa del surriscaldamento globale, le popolazioni di tanti territori stanno morendo», denunciano gli e le studenti. Intanto – arrivati alla salita di via Cavour verso il piazzale della stazione – incalza la voce di Michael Stipe dei R.E.M. di Bad Day, quasi a “raddoppiare” quella di chi manifesta: «We’re sick of being jerked around / we all fall down» (“Siamo stufi di essere presi per il culo / stiamo precipitando tutti assieme”).

Foto di Patrizia Montesanti.

Non ci sono solo giovani degli istituti romani, ma anche studenti delle zone e delle provincie limitrofe che, oltre a protestare per la situazione globale, sono desiderosi di portare in piazza istanze più locali e specifiche.

Edoardo per esempio, dalla provincia di Rieti, ci racconta del grave impatto ambientale che il progetto di nuova stazione montana Tsm2 sta avendo presso la catena del Terminillo (ne avevamo parlato qualche mese fa). Altri menzionano incendi e problematiche con lo smaltimento dei rifiuti che interessano i territori in cui vivono, a riprova del fatto che quello della crisi climatica non è un fenomeno che avrà conseguenze in un futuro remoto, ma è qualcosa che sta già succedendo qui e ora.

«E se vi dicessi che la fine del mondo è già avvenuta?», chiede alla folla uno studente dal microfono citando Timothy Norton e Mark Fisher. Se i problemi concreti da affrontare sembrano essere molto chiari ai giovani che scendono in piazza, anche i riferimenti di pensiero e di “vicinanza militante” appaiono tanti e variegati. «Chi ha provato a immaginare un’alternativa al capitalismo è stato bastonato, è stato ucciso: ce lo ricorda la storia di Carlo Giuliani», prosegue mentre monta una scrosciante applauso. «Noi sappiamo – per dirla con il grande Giorgio Gaber – che “libertà è partecipazione” e allora dobbiamo prendercela questa libertà, andiamo!». Su un ritmo drum&bass, le centinaia di migliaia di giovani fanno il loro ingresso in piazza della Repubblica, circondando l’imponente fontana delle Naiadi.

Foto di Patrizia Montesanti.

C’è chi balla, chi applaude, chi canta e urla, chi indossa delle maschere anti-gas. Attivisti e attiviste di Extinction Rebellion denunciano con un’azione scenografica la disattenzione verso l’ambiente delle grande aziende produttrici di carne, come Beretta, Amadori, Cremonini. Dal palco, viene rivendicata a gran voce la solidarietà con le donne afghane vittime della guerra e del «patriarcato», ovvero strutture di potere e dominio da cui è necessario uscire anche perché complici nello sfruttamento delle risorse della terra. Nel frattempo, tantissimi giovani sono scesi in piazza anche in altre città della penisola, da Milano a Catania.

È iniziato l’anno scolastico, sono ripartite le mobilitazioni studentesche.

Fotogallery della manifestazione etnea a cura di Giordano Scattomancino Pennisi.

Foto di copertina di Patrizia Montesanti.