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MONDO

Sei ipotesi per comprendere la politica messicana

Le proteste della destra contro AMLO, il senso comune conservatore, il disprezzo per le masse, l’instabilità elettorale, la riconfigurazione della mappa politica e il momento populista: sei ipotesi sulla situazione politica nel Messico nel pieno della pandemia

Pubblichiamo due articoli con prospettive e letture differenti per dare conto del dibattito e delle posizioni sulla situazione politica e sul governo del presidente di centrosinistra Andrés Manuel Lopez Obrador (ndr). 

Con il pretesto dei pericoli da Covid-19, è emersa un curioso tipo di manifestazioni contro il Presidente della Repubblica e il suo progetto politico. È una manifestazione motorizzata, che si svolge non nella comodità di casa ma, in modo analogo, nella comodità della casa mobile, cioè dall’automobile. Una manifestazione del genere drive through [restando in macchina].

In Messico, in più di un’occasione negli ultimi mesi, alcuni settori della società messicana hanno manifestato per le strade contro il governo di Andrés Manuel López Obrador (AMLO). Tali dimostrazioni vengono condotte mediante carovane di auto di lusso in cui le “famiglie” guardano dai finestrini multipli della propria auto senza esporsi al pericolo di fuori.  Quel fuori dove ogni giorno transitano milioni di lavoratori, sia a piedi che con i mezzi pubblici. Nella carovana, migliaia di persone si susseguono nelle loro auto lussuose gridando slogan come: AMLO, vattene ora!; AMLO dittatore! AMLO comunista o socialista! – per loro la distinzione teorica non conta –; AMLO in prigione! – senza sapere esattamente quale sia il crimine. Di fronte allo sguardo incredulo o indifferente delle lavoratrici e dei lavoratori che vanno a piedi, escono dalle macchine l’inno nazionale messicano e altre canzoni che evocano l’immaginario nazionalista costruito sulle rovine della Rivoluzione del 1910.

All’interno delle macchine alcune persone sventolano bandiere messicane e cartelli che annunciano il “terribile” arrivo del «comunismo straniero, bolivariano e chavista». Molti di questi messicani che spesso si vantano di essere tali nei loro viaggi all’estero, ora affermano di essere messicani in una curiosa operazione metonimica: una parte imbiancata e probabilmente legata a un certo settore imprenditoriale che oggi afferma di essere il tutto (Messico).

Le carovane sono manifestazioni organizzate dal Fronte nazionale anti-Andrés Manuel López Obrador. FRENA, con riferimento al verbo “frenare”, mira, secondo il suo sito web, a fare pressione con abbastanza forza per indurre il Presidente a dimettersi prima del 30 novembre.

Di fronte alla crisi politica, economica e sociale che caratterizza il Paese sin dagli anni Ottanta, per FRENA la responsabilità non ricade sulle politiche aziendali, autoritarie e neoliberali attuate in passato, ma su un personaggio dai gesti e discorsi popolari come AMLO. Gesti e discorsi che hanno in qualche modo chiamato in causa e rafforzato la maggioranza dei lavoratori. Per questo motivo, per FRENA, AMLO ha attaccato «democrazia, libertà, armonia, pace e verità» (qualunque cosa significhino).

 

Ed è forse per questo – e questa è la mia prima ipotesi – che, quando le carovane si esprimono attraverso simboli nazionali che ci ricordano lo statalismo aziendalista del priismo [riferimento al Pri, ndt] autoritario, ciò che queste classi sembrano mancare, è il vecchio tempo della disciplina di massa: quando le masse si dedicavano agli affari propri, al lavoro, al silenzio e all’obbedienza.

 

 

Tornando alla realtà: come sta il Messico con la pandemia?

Recentemente, l’UIA [Università iberoamericana] ha presentato una diagnosi affermando che oltre il 70% della popolazione in Messico, ovvero circa 95 milioni su un totale di 130, cadrà in povertà a causa della pandemia. Oltre al pregresso, sono stati persi milioni di posti di lavoro, di cui due su tre erano lavori informali.

Da parte sua, uno studio dell’UNAM afferma che negli ultimi tre mesi la crescita della popolazione senza la possibilità di acquisire un paniere alimentare di base è salita a 16 milioni, passando da 22 a 36. Ciò si aggiunge, naturalmente, alla perdita di posti di lavoro, alla perdita di reddito derivante dalla lunga quarantena, oltre ai processi inflazionistici.

 

Dato questo panorama, unito a un servizio pubblico inefficiente e senza copertura universale, si comprende che il Messico è tra i paesi del mondo con la più alta letalità. O perché non esiste un solido sistema sanitario, o perché gran parte dei messicani che lavorano nell’informalità sono abituati a lavorare sino allo sfinimento in condizioni irregolari.

 

In ogni caso, prima della pandemia, nella “normalità”, il paese, le sue istituzioni e gran parte delle narrazioni che lo sostenevano, iniziarono a mostrare segni di stanchezza o morte lenta. Stava succedendo qualcosa, in particolare a partire dall’attuazione delle politiche neoliberali degli anni Ottanta.

Per anni qualcosa è sembrato sfuggire al controllo: povertà, disuguaglianza, traffico di stupefacenti, femminicidi e collusione degli apparati statali nei processi di estrattivismo e nei processi di sparizione, tortura o abuso della polizia, come nel caso dei 43 scomparsi di Ayotzinapa. Dal punto di vista culturale, la stessa razionalità neoliberale (Wendy Brown) si è stabilita in buona parte dell’immaginario messicano, producendo buon senso e soggettività. Va chiarito che questa razionalità neoliberale non si è rafforzata senza resistenza, pluralizzazioni, trasformazioni e alleanze con altre razionali tipiche dell’immaginazione messicana prevalente.

Accanto alla razionalità neoliberale o mercantile e all’interno della destra messicana, è possibile trovare uno strano amalgama di razionalità di cattura e rifiuto della ribellione, di molteplicità e di popolare: dai desideri di dominio aziendalista derivanti da un certo priismo che ha definito il paese in gran parte del XX secolo; discorsi di un diritto classista e razzista che si racconta come erede dello spagnolo coloniale, legato ad alcuni settori del panismo [cioè del Partito di Azione Nazionale, succeduto al PRI, ndt]; desideri di distinzione illuminata di quell’élite che ama mostrare i propri titoli all’estero; e una destra ultra-religiosa anti-popolare rancida ma persistente (principalmente cattolica ed evangelica), preoccupata per l’appartenenza religiosa e i problemi di identità e fondamentalmente angosciata dall’apparizione di diversità sessuali che minacciano la Sacra Famiglia, il dominio del padre e l’eterosessualità. Tale, ad esempio, è la posizione del Fronte nazionale per la famiglia; fronte che difende le posizioni anti-aborto e la “famiglia” tradizionale.

 

Come seconda ipotesi, affermo che la razionalità priista, cattolico-conservatrice e neoliberale ha realizzato una strana mescolanza, non senza resistenze, pluralizzazioni e trasformazioni che sono un indice del sempre inesauribile vitalismo popolare (Verónica Gago). Tuttavia, questa strana miscela è diventata una matrice di senso comune in grado di veicolare forme di vita.

 

È di fronte a questa destra che si nutre da questo sentimento conservatore che è necessario comprendere sia la posizione che il discorso di AMLO e la strategia di MORENA. Sebbene, come prevedibile, non senza tracce di alcune delle caratteristiche sopra menzionate. Molti, per esempio, hanno messo in discussione AMLO per le sue pulsioni aziendalistiche e cesaristiche, per i suoi modi, discorsi e appelli. Altri lo hanno criticato per la sua “falsa” o debole sinistra, per la sua insistenza sui megaprogetti turistici come il Tren Maya nel sud del paese. E più di uno ha criticato il suo approccio verso le chiese evangeliche.

Tuttavia, il governo di AMLO è stato caratterizzato dal grande trasferimento di risorse ai settori popolari, nonché da un discorso di austerità e dalla lotta alla corruzione nelle istituzioni governative.

Inoltre, AMLO si è caratterizzato per un discorso di gesti popolari non definito dal formalismo tecnico o dalla solennità retorica di altri presidenti, ma da frasi tipiche del folklore messicano: è un discorso comprensibile per le classi lavoratrici e popolari. Ultimamente, AMLO si è impegnato nel confronto con una certa classe aziendale, che in un paese a bassa riscossione delle imposte, è in debito per enormi quantità di tasse evase. In questo modo, AMLO si è esposto nell’appoggio di settori popolari colpiti dalla pandemia e non di tutti gli uomini d’affari, come una volta.

 

La mia terza ipotesi è volta ad affermare una relazione tra il disprezzo verso AMLO e il disprezzo verso le masse e il popolare da parte dell’immaginario elitista messicano.

 

Si accusa AMLO di essere ignorante, provocatorio e irrazionale. Forse perchè la sua immagine evoca il grande incubo dell’immaginario elitista: quella di un servitore che è al tempo stesso presidente. Se perRancière, nella sua lettura critica di Platone, la democrazia puzza di acqua di mare, per la destra i discorsi di AMLO e la sua performancepuzzano di popolo. Malgrado ciò, e mettendo in conto anche i costi della pandemia, rimane comunque uno dei presidenti più approvati e meno disapprovatidegli ultimi anni.

Nonostante questo i suoi critici, sebbene non si debba negare che possano raggiungere il loro obiettivo, sono soliti esprimersi con grande intensità. E forse è stata proprio la strategia politica di AMLO ad aver provocato la furia contro di lui. La sua strategia schmittiana amico/nemico utilizzata per vincere le elezioni, secondo la quale i “fifís” (le classi alte) si contrapponevano al popolo, ha continuato e si è andata intensificando con la pandemia, come se AMLO fosse in uno stato di campagna permanente.

 

Foto da: www.cemees.org

 

Che cosa possono ottenere le destre?

Recentemente, abbiamo assistito all’apparizione di movimenti di scontentosociale: dai medici stanchi di lavorare in scarsità di materiale, ai giovani che sono scesi in strada per denunciare casi di abusida parte della polizia facilitati dal contesto pandemico. In maniera simile al caso di Floyd negli USA, a Jalisco, la polizia locale ha ucciso un muratore di nome Giovanni poiché non indossava la mascherina. Situazione che ha incentivato migliaia di giovani a scendere in strada e protestare.

Da parte loro, le manifestazioni delle destre non si sono fatte attendere. Al grido di “Non vogliamo che il Messico si trasformi nel Venezuela o diventi un paese comunista!”, senza considerare che molti comunisti respingono AMLO e che vorrebbero che fosse realmente comunista, e forse senza sapere neppure dov’è il Venezuela, queste persone hanno intensificato la frattura nutrendosi del lavoro di una destra che trova in alcuni mezzi di comunicazione il suo canale di disseminazione ideologica.

 

La mia quarta ipotesi afferma che le destre alimentando il delirio del colpo di stato , in realtà hanno l’obiettivo di creare un clima di instabilità per le prossime elezioni del giugno 2021. In queste elezioni si giocano 15 stati (praticamente la metà del paese), quasi duemila municipi (la maggioranza del paese) e trenta legislature locali.

 

Inoltre, per il 2022 AMLO ha annunciato che sottoporrà al voto, per la prima volta nella storia, un processo di revoca di mandato. Di fatto, una destra molto più moderata o perfino più vicina a certo centro-sinistra, legata ad accademici di livello, non chiede come FRENA la rinuncia immediata di AMLO, ma cerca piuttosto di fare pressione per guadagnare spazi politici nel 2021 e 2022.
Praticamente, è in gioco la geografia politica del paese. Si tratta di elezioni che potranno far perdere forza al progetto di AMLO, “frenandolo” e preparando lo scenario per le prossime elezioni presidenziali nel 2024. Dato il lavoro egemonico della destra, laframmentazione della sinistra e le conseguenze della pandemia è molto probabile che si riconfiguri la mappa politica del paese. Ed è molto probabile che ci troviamo nell’anticamera di un pareggio catastrofico che potrebbe preparare una svolta ultraconservatrice per il 2024 perfezionando l’articolazione tra i momenti neoliberale, cattolico antipopolare e pulsione aziendalista.

 

Ciò nonostante, e questa è la mia quinta ipotesi, tale riconfigurazione della mappa politica del paese, sfortunatamente per le destre messicane, probabilmentesi troverà a confrontarsi su un terreno differente e complicatocaratterizzato da un debordante vitalismo popolare (Verónica Gago).

 

È probabile che la molteplicità, ribellione e organizzazione popolare a fronte delle necessità e precarietà determinate dalla pandemia, rendano possibile una certa messa in discussione del neoliberalismo, attraverso la progressiva affermazione di autonomie che eccedonogli schemi della sovranità, e che con la loro stessa presenza saranno in grado di mettere in discussione i tentativi di riportare le cose all’ordine desiderato dalle destre.

Nel frattempo, il centro sinistra intellettuale che contesta l’autoritarismo di AMLO, la destrailluminata e la destra di FRENA, dovranno comprendere che non c’è politica senza articolazioni popolari e che le diagnosi della classe colta e universitaria non coincidono con quelle dell’intellettuale popolare di campagna o delle periferie, o meglio, con il sentire della base popolare. Forse è necessario uscire dall’auto, usare il trasporto pubblico e mettersi in viaggio verso il Messico negato, diverso da quello delle belle spiagge, delle imponenti università del centro del paese e degli americanizzati centri commerciali e finanziari messicani.

Da parte sua, è poco probabile e molto desiderabile che la marea gay, popolare e critica ridefinisca e guadagni posizioni nell’egemonia culturale in contrasto con l’immaginario elitista messicano. In questo senso, sarà importante che le sinistre comprendano che c’è molto da guadagnare nel definire l’agenda della discussione. Questa marea ribelle, come afferma Rancière della stessa azione democratica, dipenderà dalla costanza dei suoi atti, di conseguenza non c’è legge ne garanzia che ne assicuri il trionfo.

 

Per concludere, lancio una sesta e ultima ipotesi. La strana combinazione di un populismo non conservatore come quello messicano all’interno di un quadro istituzionale debilitato da anni di autoritarismo e oradi neoliberalismo, non permette uno sbocco repubblicano popolare, ma sembra piuttosto mantenere il momento populista incapsulato.

 

Tale momento incapsulato impedisce a sua volta l’attuazione di una strategia di divisione antagonistica dello spazio sociale. In altre parole, sembra che AMLO non possa agire senza designare schmittianamente il suo nemico. Temo che tale dicotomia sebbene costruisca un “noi” popolare, allo stesso tempo rafforzi il suo opposto costitutivo: FRENA e altri gruppuscoli.

Forse l’uscita dall’impasse in termini progressisti è nelle mani delle stesse sinistre. In particolare di quelle che hanno etichettato AMLO come rappresentante del neofascismo messicano, o che non hanno fiducia in lui a causa della sua impronta autoritaria e neoliberale esemplificata da progetti come quello del Tren Maya.

Sebbene AMLO potrebbe continuare in una logica di rivoluzione passiva (neoliberalismo ed elementi di corporativismo o subalternizzazione ), e sebbene teoricamente desidereremmo decostruire le premesse onto-teo-antropologiche di dominazione che sostengono l’immaginario tanto della destra come di certa sinistra, sappiamo che nel mondo, che non è solo determinato dalla teoria, la politica si gioca nel terreno del male minore. E in questo mondo la responsabilità storica della sinistra è fondamentale.

Forse potrebbe fare la differenza percepire AMLO come una forza che permetta di configurare uno spazio meno repressivo per altre forze di sinistra che non si identificano con la rappresentanza elettorale oppure più vicine alle comunità o movimenti interessati a fuoriuscire dalla cornice istituzionale. Ricordiamo che Gramsci, nel Quaderno 13, paragrafo 23, affermava che l’egemonia comprende sempre in maniera latente la propria crisi e, quando ciò che si mette in scena è la crisi, se non si riesce ad articolare un progetto alternativo ed emancipatorio, l’esito può essere la militarizzazione. Forse il verbo “frenare” potrebbe avere un’utilità strategica, anche se non nel senso inteso dalla destra. Non si tratta di frenare AMLO come essa si prefigge; forse piuttosto si tratta di frenare in senso benjaminiamo per evitare una svolta conservatrice e militaristica nel 2024.

 

L’autore è dottore in filosofia, ricercatore dell’Universidad Iberoamericana, Ciudad de México. Membro dell’Asociación Gramsci de México.

Traduzione italiana di Elena Liberati