MONDO

L’8 marzo di Buenos Aires si preannuncia straordinario

Assemblee piene di donne, ricche di passioni, discussioni e scontri hanno preparato la giornata di mobilitazione più attesa dell’anno. Un racconto dall’interno del movimento

Da quasi due mesi le donne di centinaia di movimenti, campagne, scuole, reti, gruppi femministi, collettivi di genere, lotte di lavoratrici, sindacati e partiti si riuniscono per costruire lo sciopero globale delle donne, lesbiche, travestiti e trans. Le assemblee si riuniscono settimanalmente alla Mutual Sentimiento, uno spazio di muto soccorso nel quartiere Chacarita di Buenos Aires, fondato da un gruppo di ex detenuti ed esiliati politici, dove tra i vecchi vagoni di una rimessa ferroviaria spuntano decine di progetti solidali. Dal primo appuntamento c’è stato un crescendo continuo della partecipazione organizzata e non. Ci si prepara a scioperare contro i licenziamenti, contro il governo Macri e per un aborto legale, sicuro e gratuito, per dire basta alla violenza femminicida e alle violenze statali ed economiche su cui poggiano. Ad ogni incontro è più evidente: questo 8 marzo esploderà.

La costruzione di un processo inclusivo

Entrare nella Mutual Sentimiento durante le assemblee di costruzione dello sciopero globale delle donne dà l’impressione di farti accedere a qualcosa di nuovo che già esiste nel mondo e di farlo da una porta attraverso la quale tutto prende un’angolazione diversa. Si vede ciò che c’è sempre stato: stringersi, compattarsi, prendere forma e vivere uno spazio-tempo proprio.

Costruire un processo del genere obbliga a pensare dalla pratica cosa vuol dire un’inclusività non assimilante. Le assemblee si dividono in commissioni, le metodologie si discutono e autoregolamentano per favorire la presa di parola a chi fa più fatica, il linguaggio usato è analizzato e sottoposto a continua (auto)critica, le commissioni che lo richiedono sono tradotte nel linguaggio dei segni. Un processo inclusivo: perché così deve essere la lotta contro l’esclusione e la violenza sul corpo delle donne in tutte le sue forme. È questa la consapevolezza che porta al comporsi delle numerose istanze e dei numerosi femminismi che qui, tra infinite differenze, si incontrano. Nel farsi pratica questo processo è passione, amore e – inevitabilmente – scontro che si fa parola, si vive nella carne e costruisce linguaggio. Lontano da un cantico armonioso, si urla di rabbia, si piange di gioia e di dolore, si alzano cori, si litiga e ci si stringe in abbracci collettivi. Dalla Mutual Sentimiento si esce sempre sfiniti. Perché questa rivoluzione stravolge l’esistenza di chi l’attraversa, mettendo in gioco a ogni confronto e costruzione sensibilità e corpo.

Intersezionalità delle lotte e organizzazione capillare contro il patriarcato

A due anni dall’assassinio di Berta Carceres, apre l’ultima assemblea sua figlia, per raccontare la recente notizia dell’arresto del direttore dell’impresa contro la quale Berta lottava. “L’eco di questa rivoluzione ci permette di arrivare alle costole dei più potenti del mondo. Portare avanti questa lotta è portare avanti l’eredità di Berta e di tutte le donne uccise per le loro battaglie”. Lo sciopero globale significa anche mettere un freno a questa (in)giustizia patriarcale, lottare contro il colonialismo, rompere le frontiere e difendere la terra dagli attacchi del capitale. Risuonano gli interventi dei movimenti indigeni di tutta l’America Latina.

Anche dalle scuole la partecipazione è altissima: gli studenti pretendono la modifica e l’applicazione dell’educazione sessuale integrale e creano presidi di autodifesa contro le molestie nelle scuole e gruppi di accompagnamento per combattere la minaccia delle reti di tratta. Di fronte a questa situazione pretendono spazi e tempi riconosciuti per la discussione e l’organizzazione.

Ma i temi e le lotte sono infinitamente più numerose ed a volte faticano a comporsi: dopo anni di fatica trans e travestiti sono riusciti finalmente a tagliare trasversalmente tutte le tematiche sollevate dal movimento. Resta ancora vivo invece lo scontro tra le prostitute organizzate e le organizzazioni per la fuoriuscita dalle reti di tratta.

Nonostante la tensione, la ricerca di sintesi è continua, nella consapevolezza di aver messo in marcia un processo rivoluzionario contro le diverse forme dell’oppressione patriarcale, che dall’incontro (e scontro) tra differenze trae la sua forza.

Uno sciopero per l’ aborto libero, sicuro, legale e gratuito

Questo 8 marzo sarà anche lo sciopero per l’aborto, che in Argentina continua a essere illegale e perseguito penalmente. Come testimonia il caso di Belén, la giovane che l’anno scorso è stata prosciolta dopo tre anni di carcere per un aborto spontaneo. La giustizia si occupa con particolare zelo di incriminare le donne che abortiscono. I casi di persecuzione, ovviamente, si contano soprattutto tra gli strati più poveri della popolazione, quelli che non si possono permettere la barriera di relativa segretezza pagata a peso d’oro nelle cliniche private. Secondo la “Campagna nazionale per l’aborto libero legale sicuro e gratuito”, sono tra le 460 e le 600mila le donne che ogni anno ricorrono all’interruzione di gravidanza clandestina all’internodel paese. Ogni anno ne muoiono circa 100. Come risposta, è attiva in tutta l’Argentina una rete di 800 professionisti della salute che lavorano per garantire l’accesso all’aborto con il misoprostolo, forzando tutti i casi legali in deroga alla legge. In parallelo, esiste una fitta rete informativa, di solidarietà e di accompagnamento, un lavoro integrale che si estende a maglia sotto il lemma della campagna che ormai echeggia ovunque “Educación sexual para decidir, anticonceptivos para no abortar, aborto legal para no morir”. La Campagna, con oltre 15 anni di storia nelle lotte femministe, ha presentato il 6 marzo, per la settima volta, il progetto di legge per l’interruzione volontaria della gravidanza. Il progetto, per sei volte, non è mai arrivato a dibattito nella camera dei deputati.

Dopo l’irruzione nei media negli ultimi giorni, culminata con l’assedio del parlamento da parte di migliaia di donne con il fazzoletto verde della Campagna, è notizia recente che quest’anno il progetto di legge arriverà a dibattimento. Un passo avanti storico, ma – avvertono le promotrici – il percorso è ancora lungo: si dovrà discutere sopra la legge presentata dal movimento, che può sempre essere rigettata o sconvolta. Per questo il parlamento dovrà essere forzato a interloquire con le donne in mobilitazione in tutto il Paese. L’8 marzo la Campagna sfilerà come secondo spezzone, dopo la testa del corteo.

Uno sciopero che renda visibile la mappa del lavoro in chiave femminista

La settimana scorsa le donne della Villa 21 hanno lanciato, assieme al collettivo Ni Una Menos, una giornata di laboratori e assemblee nel quartiere. Da due anni, dopo l’omicidio di Michaela, un’abitante della zona uccisa dal compagno con un colpo di pistola alla tempia, le donne del quartiere hanno stretto e consolidato il lavoro che avevano già avviato. Hanno costituito cooperative di servizi, gruppi di aiuto di uscita dalla violenza domestica, spazi di attenzione condivisa ai bambini. Nei settori più popolari, sono le trame del lavoro di cura femminile a tenere in piedi il tessuto sociale, in questo contesto di crisi la caduta del primato gerarchico dell’uomo salariato si è tradotto direttamente in un acuirsi dei casi di violenza. Nel mentre, ci spiegano le donne dei movimenti popolari del quartiere, molti dei progetti solidali, nati per rafforzare l’autonomia e la libertà, sono dovuti tornare a far fronte alla povertà, con il lavoro solidale e l’organizzazione delle mense popolari gratuite. Nel mentre, l’impossibilità di costruire un’autonomia economica aumenta la vulnerabilità di queste donne e le spinge all’indebitamento. Cosa avviene quando lo sciopero delle femminista atterra in questo contesto è espresso in maniera eloquente negli stencil delle donne dei merenderos: “oggi si serve crudo”.

Uno sciopero delle lavoratrici salariate e delle disoccupate lancia una sfida ai sindacati

Sin dal primo momento questa lotta si è incontrata e ha trovato eco tra i licenziamenti massicci che stanno avvenendo nel Paese, così come nelle lotte delle lavoratrici per l’incremento del salario e contro i tagli al settore pubblico. Le insegnanti di scuola, le donne dell’Hospital Posadas, dell’Istituto di Tecnologia, del Ministero delle Finanze, le licenziate di Pepsi.Co, le terziarizzate di Latam e molte altre che si sono mobilitate negli ultimi mesi hanno partecipato attivamente alla costruzione del percorso e hanno sfidato apertamente i sindacati a chiamare allo sciopero, assieme a numerosi settori dell’assemblea.

Hanno risposto alla chiamata i sindacati dei docenti e ATE (Associazione dei Lavoratori dello Stato), convocando uno sciopero di 24 ore, mentre il sindacato dei camioneros ha convocato uno sciopero di due ore e alcuni dei suoi dirigenti si sono impegnati, come misura simbolica, a sostituire le donne di una mensa popoloare di quartiere, per favorirne la partecipazione alla mobilitazione. La CGT e la Corriente Federal della CGT, CTA (Central de Trabajadores de la Argentina), CTA Autónoma e la CTEP (Confederazione dei lavoratori dell’economia popolare) non hanno chiamato lo sciopero generale, ma hanno dato l’adesione, che si implementerà in forma differente in ogni settore.

Pur non avendo convocato lo sciopero generale, il risultato della pressione del movimento sui sindacati ha rafforzato la battaglia che le lavoratrici hanno condotto all’interno delle centrali, producendo in ogni caso un risultato storico. Dopo un ampio processo di mediazione si è deciso di lasciare da parte le fratture sindacali che “che appartengono al patriarcato” e non rappresentano la posizione della maggior parte delle donne interne agli stessi. L’8 marzo, quindi, la terza parte del corteo sarà un grande spezzone sindacale unitario a conduzione femminile, aperto dai conflitti in corso.

8 marzo 2018

Nel 2018 in Argentina, ogni 29 ore una donna muore per violenza maschile, sotto gli occhi spesso indifferenti della giustizia e delle forze dell’ordine. Contro questo si esige una giustizia che blocchi il potere classista e patriarcale. Anche per questo la mobilitazione di quest’anno si annuncia straordinaria.

Dopo la repressione dello scorso anno è stata intavolato un fitto dibattito con il Ministero dell’Interno e la Prefettura per avere accesso al protocollo di sicurezza della giornata dell’8. Nonostante le promesse, non è ancora pervenuta alcuna notizia. Nel frattempo, le reti di avvocati e le reti per i diritti umani hanno già presentato le misure preventive e reso pubblici i meccanismi di autodifesa.

Martedì 6 marzo, in un’affollata conferenza stampa è stata presentata la giornata di mobilitazione: in Argentina e in altri 60 paesi in tutto il mondo le donne, lesbiche, trans, travestiti e corpi femminilizzati in modi molteplici scenderanno in piazza per difendere vite e diritti, desideri e autonomie.

A Buenos Aires la giornata di mobilitazioni partirà con un ruidazo generale alle 11 e un corteo che si preannuncia enorme e che inizierà alle 16. Anche dalle carceri si leverà un grido comune delle donne recluse per unirsi a quello di tutte le altre e far tremare la terra.