ROMA

L’arte dell’educazione

Un commento sulla nuova tassa istituita per gli studenti stranieri dell’Accademia di Belle Arti di Roma.

Una minaccia al diritto allo studio e alla stessa possibilità di restare regolarmente in Italia.

Cosa succede all’Accademia di Belle Arti?

Recentemente, agli studenti con passaporto non europeo dell’Accademia di Belle arti di Roma è stato imposto il pagamento, del tutto arbitrario e senza alcun preavviso, di un’ingente tassa d’iscrizione come condizione per iscriversi o completare gli studi già iniziati. Molti di loro che hanno il permesso di soggiorno provvisorio per motivi di studio rischiano di non vederlo rinnovato a causa della mancata iscrizione dovuta alla nuova tassa.

Bisogna essere dalla loro parte, rivendicare una formazione libera e gratuita per gli artisti stranieri e non. Occorre anche domandarsi, a partire da questa vertenza, quale sia lo statuto della formazione per gli artisti oggi.

Ognuno può chiamare sé stesso artista senza possedere alcun diploma o certificato, senza aver ottenuto alcuna licenza o credenziale specifica. Forse proprio per questo, l’artista ha avuto sempre difficoltà a spiegare che razza di lavoro fosse il suo, dove nessun titolo di studio certifica talento e abilità. Il riconoscimento sociale di questo strano mestiere è stato, per anni, diventare ricco e avere successo: dove le abilità non sono certificate da una chiara posizione lavorativa, è il mercato a conferire lo status sociale. L’idea che l’artista sia per natura competitivo quanto spontaneamente egoistico, poggia in realtà su questo delicato meccanismo.

Tuttavia, negli ultimi anni, il mercato sembra in difficoltà nella costruzione sociale dell’identità, che trova così un nuovo terreno dove radicarsi. Con “accademizzazione dell’arte” si indica la deriva con cui l’artista si misura con la rispettabilità che la nostra cultura riconosce al lavoro accademico per guadagnare in termini di status. Oggi si frequenta l’accademia non tanto per imparare qualcosa, ma per ottenere una certificazione con cui risolvere i problemi di reputazione. Essere artisti è come sfoggiare un attrezzo, come un bastone davanti al cane.

Questo comporta, allo stesso tempo, la progressiva professionalizzazione dell’artista, che coincide con la sua specializzazione: da un lato, lo specialismo definisce sempre più il contenuto e la cultura dell’artista. Dall’altro, siamo di fronte a una produzione di nuove gerarchie interne e originali forme di esclusione per coloro che non detengono alcun titolo.

Non serve un meteorologo per capire da che parte soffia il vento: stiamo vivendo l’esodo degli artisti verso il mondo dell’educazione, rifugio di chi sceglie l’accademia come alternativa alla difficile sopravvivenza nel mercato dell’arte. Oggi l’insegnamento sembra essere diventato il primo strumento di finanziamento e sostegno per artisti i cui lavori, difficilmente identificabili con le categorie del mercato, sono spesso realizzati in collaborazione con studenti. Allo stesso tempo, la recente proliferazione di programmi di master e l’omogeneizzazione della educazione nella santissima trinità BA, MA e PhD fa dell’accademia l’imprescindibile inizio per diventare artista.

A partire da quanto sta succedendo si dovrebbe pensare all’educazione attraverso l’arte, oggi ancor più urgente in un’accademia caratterizzata dal progressivo taglio di fondi pubblici e dall’aumento delle tasse per gli studenti. Queste istituzioni, anziché costruzioni sociali votate alla conservazione e alla continuità, possono essere attori del cambiamento dalla processualità aperta, difficilmente pianificabile. Spazi che contemplano pratiche di autoformazione, contesti non prescrittivi della produzione di sapere, dove sollecitare un’educazione basata sul lavoro collettivo, mettere in questione le decisioni burocratiche e affermare l’autogestione. In altre parole si tratta di immaginare un pluralismo di prospettive non compatibili, conflittuali e radicali per ripensare l’educazione dell’artista: contro ogni monopolio sul sapere, l’arte può affermare pratiche istituenti dentro e contro i processi di valorizzazione del capitale.