MONDO

Istanbul direnis – Istantanee del conflitto #01

Con il primo contributo della delegazione di DinamoPress che è andata ad Istanbul per costruire connessioni politiche, a partire dal meeting transnazionale lanciato da Agora99, apriamo uno spazio di narrazione sulle lotte di Istanbul.

Una occasione per dibattiti e confronti ma anche per incontrare, attraversare e condividere momenti di lotta e mobilitazione, entrare in contatto con spazi occupati e nuove sperimentazioni produttive autogestite.

Le madri di Galata

Sabato 25 ottobre abbiamo partecipato ad un importante momento di lotta contro la repressione di stato e l’azione violenta ed omicida dello Stato. Si contano infatti, dagli anni novanta ad oggi, oltre quindicimila tra desaparecidos, morti in guerra o in carcere, spesso sequestrati da polizia, esercito e paramilitari. Nel Kurdistan turco, ma non solo, la violenza contro attivisti di sinistra, turchi, curdi o appartenenti ad altre nazionalità, non si ferma da anni.

Arriviamo a Taksim e da lì ci dirigiamo con altri compagni verso la manifestazione, un presidio stanziale davanti al Liceo di Galatasaray, al centro di Istiklal, arteria fondamentale del centro della città europea che si snoda da Piazza Taksim fino a Galata, per arrivare fino al Corno d’Oro. Si tratta di una occasione speciale, è la 500esima manifestazione delle Madri del Sabato, o Madri di Galatasaray. Proprio questo anniversario, assieme ai venti di guerra che arrivano dalla frontiera turco-siriana, rendono questo appuntamento un momento segnato da una partecipazione ancora maggiore del solito, con grande attenzione mediatica e presenza militante e solidale. Migliaia di persone affollano la piazza, migliaia di cartelli con le foto dei “kayip”, gli scomparsi: sedute con in mano le foto con il nome e una sola parola, “kayıp”, le Madri di Galata rivendicano giustizia per i loro cari, figli, sorelle, fratelli o compagni/e, e punizione per i colpevoli, tuttora impuniti e protetti. Resistono sabato dopo sabato, dal lontano 28 maggio 1995, quando questa mobilitazione ha avuto inizio, rompendo l’indifferenza e la paura. Sono state picchiate, arrestate, minacciate negli anni. Ma la lotta per la denuncia dei crimini di stato continua, e lo scorso sabato migliaia di persone hanno affollato la piazza e le strade limitrofe, chiedendo a gran voce giustizia.

Il presidio al parco di Validebag.

Domenica pomeriggio abbiamo attraversato il Bosforo per partecipare al presidio di lotta nel parco di Validebag, dove abbiamo avuto modo di incontrare diversi attivisti locali parte della mobilitazione contro la distruzione di un parco pubblico, e la costruzione di una moschea.

Nel distretto di Üsküdar nel lato asiatico della città di Istanbul, da due settimane una nuova protesta contro la speculazione immobiliare sta resistendo alla cementificazione dell’area verde di Validebağ, che prevede la sua valorizzazione urbana attraverso la costruzione di un centro commerciale, una zona divertimenti fatta di laghetti artificiali e parcheggi. Sono sempre più quelli che pensano che l’economia turca e di Istanbul, fortemente basata sulla economia della crescita immobiliare, vivrà prima o poi una crisi che si sta provando a scongiurare attraverso la bolla immobiliare. Il progetto di costruzione a Validebağ prevede, inoltre, la costruzione di una moschea in un quartiere benestante e storicamente secolarizzato, a due passi dall’abitazione privata del presidente turco Erdogan.

Abitanti del quartiere e altri gruppi che hanno animato Gezi Park stanno sostenendo questa lotta con un presidio permanente che si scontra puntualmente con la polizia schierata a proteggere il sito di costruzione, che carica e arresta per impedire i blocchi dei lavori e dei mezzi degli operai (al momento del nostro arrivo gli arrestati dei giorni precedenti erano stati appena rilasciati con denunce a piede libero). Nonostante gli attacchi con gas, spray urticanti e arresti, l’aggressività della polizia è attenuata dalla paura che questa protesta possa allargarsi come avvenuto recentemente con Gezi Park, ci racconta Hazar, abitante del quartiere e parte del presidio permanente.

Il progetto di gentrificazione dell’area si intreccia così al nuovo nazionalismo che la Turchia sta sperimentando con la trasformazione della classe media secolarizzata in una classe media islamica, processo già avviato all’interno del distretto di Üsküdar con la recente chiusura delle ultime scuole laiche e liberali, obbligando così gli studenti a frequentare le scuole islamiche, costruite con fondi pubblici a scapito delle scuole laiche.

La determinazione dei partecipanti al presidio e la solidarietà di altre lotte territoriali per il diritto alla città rende questa lotta un nuovo focolaio di resistenza nella Istanbul della speculazione immobiliare, della nuova islamizzazione e dell’autoritarismo di Erdogan, la cui forza si misurerà a partire dalla continuità della resistenza e dalla capacità di intervenire sulla ridefinizione dello sviluppo urbano, puntando a moltiplicare e riprodurre lotte simili in altri quartieri metropolitani.