editoriale

Inondiamo l’Europa

Da Berlino, verso Agora99 e Blockupy. Da uno stato di eccezione alla gestione dei beni comuni

Il dibattito dei movimenti per la democrazia diretta della Grecia settentrionale, che si è tenuto con il quarto Festival per Democrazia Diretta a Salonicco dal 3 al 6 settembre 2013, ha illustrato le modalità di azione dei movimenti contro le politiche di austerità. Il tema non è stato limitato alla soluzione della situazione di privazione economica, toccando tematiche di resistenza, legittimazione, individuazione e ricerca di nuove forme organizzative per il futuro. La prospettiva di una sinistra anticapitalista non può basarsi unicamente sull’espressione di richieste, bensì sulla creazione di forme di resistenza che superino i confini nazionali. Le lotte greche per i beni comuni e per la soddisfazione dei bisogni primari, contro la proprietà privata e le misure anti-crisi, si prefigurano come lotte per la democrazia diretta, atte a diventare punto di riferimento nel dibattito della sinistra radicale Europea.

I. Tavola rotonda per i beni comuni
Il quarto Festival per la Democrazia Diretta si è aperto con una sessione sull’acquisizione e l’autogestione dei beni comuni, dal titolo “Da uno stato di eccezione alla natura costituente dei movimenti”, partecipata dal Movimento 136 contro la privatizzazione dell’acqua a Salonicco, la fabbrica autogestita Vio.Me, la rete per la distribuzione diretta senza intermediari di prodotti, la TV locale occupata e la stazione radio ERT3 (parte della rete televisiva statale chiusa dal governo). Tutti questi soggetti lottano contro l’impoverimento dilagante dovuto alle privatizzazioni imposte dalla Troika e dal fondo greco per la privatizzazione. Il libero accesso ai beni comuni gestiti con processi di democrazia diretta in continuo sviluppo è il denominatore comune delle lotte quotidiane e delle assemblee in Grecia. Dobbiamo sottolineare che non stiamo parlando qui di singole realtà, isole nell’oceano del capitalismo, né di forme di autogestione allo stato attuale, ma ci interessa affrontare la tematica delle possibili forme di organizzazione e democrazia diretta per il futuro.

Un esempio di questo è il Movimento 136, che per la prima volta in Grecia ha dato il via ad una iniziativa di acquisizione popolare della rete idrica locale. L’azione del M136 si fonda sul calcolo che tutti i contatori dell’acqua della città possono essere comprati per 136 Euro a nucleo familiare. Costas ha spiegato che l’obiettivo del movimento non è la ri-costituzione di un organismo di gestione statale e del suo profitto, dal momento che il M136 porta avanti una critica radicale delle modalità di amministrazione di enti del genere. “Per chi e perché la fornitura di acqua dovrebbe rappresentare uno strumento di profitto?”. Per affrontare questa questione è necessaria la creazione di una rete di movimenti, come è avvenuto a Salonicco con le assemblee per la raccolta popolare ed ecologica dei rifiuti, e a livello europeo con la privatizzazione dell’acqua. Questo accade con Agora99 e nel contesto dell’ ESF (European Social Forum) e dell’ Alter Summit. Esiste una connessione politica tra questi tentativi di acquisizione, i conflitti sociali ed ecologici per il grande progetto di costruzione delle miniere in Chakidiki, El Dorado, e la costruzione della TAV in nord Italia, tematica in programma per l’ultimo giorno del festival.

C’è l’esigenza di costruire forme inter-regionali di produzione e distribuzione. Tentativi in questo senso sono stati fatti dalla rete greca di produzione e distribuzione senza intermediari seguendo il metodo di “consultazione continua”. I principi base di questa rete non sono concetti filantropici ma derivano da scelte di democrazia diretta nel contesto di strutture autonome attraverso l’uso tattico del quadro normativo esistente. Un’organizzazione cooperativa si definisce qui come una forma di relazione organica tra produttori, distributori e consumatori. La fiducia e la l’auto-regolamentazione da parte dei produttori e dei consumatori, nonché il rifiuto dei prezzi di mercato e una loro determinazione autonoma, sono i principi centrali di questa relazione.

“Abbiamo piantato un seme che è diventato una piccola pianta”: così Makis Anagnostou descrive la lotta della fabbrica occupata Vio.Me. Nel 2011 l’assemblea dei lavoratori ha deciso con il 97,5% di voti favorevoli di tenere la fabbrica e di far continuare la produzione autogestita, nonostante e a causa dell’abbandono da parte dei proprietari. Dopo un anno perso a negoziare le richieste a vari livelli istituzionali, nel febbraio 2013 i lavoratori hanno occupato e riaperto la fabbrica, avviando la nuova produzione. Tutto sommato i lavoratori si sono mossi in fretta intraprendendo una strada difficile e lasciandosi alle spalle gli schemi di gestione e comportamento del capitalismo civile, dando vita ad una idea e un modello di produzione con l’obiettivo primario di legittimazione e di opposizione alla gestione autoritaria della crisi. Una assemblea cittadina a sostegno della Vio.Me è diventata il luogo in cui immaginare strategie, prendere decisioni e definire l’organizzazione. In questo contesto sono state affrontate pubblicamente le questioni della rifornitura e della domanda di beni necessari. In primavera i lavoratori hanno convertito la produzione da quella di manufatti edili a quella di prodotti ecologici per la pulizia adatti anche ad un uso domestico.

Secondo Makis, “la trasformazione del modello di produzione non è stata una ripiego ma un avvicinamento al nostro obiettivo: questo non solo produce lavoro ma soddisfa i bisogni della società intera”. Adesso affrontiamo la sfida posta dal problema della distribuzione, che non può funzionare secondo le leggi imposte dal mercato e dallo Stato, ma deve avvenire attraverso l’organizzazione di una rete. “Potenzialmente potremmo aumentare di sei volte la produzione e offrire lavoro a più persone. Abbiamo bisogno di strutture per organizzare la distribuzione al di fuori della Grecia”.

L’intervento della locale stazione radio occupata e della rete TV ET3/ERT3 di Salonicco fornisce un quadro dettagliato della crisi in Grecia. Jannis, rappresentante del sindacato, spiega che quando fu invitato al Festival non sapeva ancora quanto sarebbe diventata seria la situazione della lotta dei lavoratori. Secondo Jannis, l’installazione di “schermi neri”, ovvero la soppressione dei programmi televisivi, è un fatto senza precedenti orchestrato dal governo come shock therapy contro la Troika. Tuttavia, il governo è stato colto di sorpresa dalla reazione della società civile e dall’appello internazionale contro la chiusura dei canali televisivi pubblici. Il controllo dell’informazione diventerà un tema di lotta cruciale e causa di massiccia mobilitazione della società civile Greca. “Prima della chiusura avevamo semplicemente venduto il nostro lavoro, adesso dobbiamo garantire l’informazione per il pubblico”.

E’ già evidente che la chiusura di attività ed enti statali da parte del fondo greco per la privatizzazione e la Troika in alcuni casi attira e continuerà ad attirare una forte opposizione. Che cosa comporta questo per il futuro delle politiche di austerità a livello europeo, se le riforme e le misure prescritte non possono essere implementate, fatte funzionare, o vengono bloccate? Il governo greco è responsabile della politica di violenza contro ogni principio democratico e se ne fa quotidianamente l’esperienza. La proposta dei sindacati non soltanto serve come esempio dopo l’occupazione della stazione TV, ma fa avanzare il discorso riguardo la questione sociale decisiva della gestione dell’informazione e dei media pubblici. La lotta investe anche i rapporti tra colleghi e tra diverse emittenti, generando talvolta discussioni e conflitti. Da più assemblee generali emerge non soltanto la necessità di salvaguardare i posti di lavoro ma anche quella di garantire informazione sui numerosi conflitti sociali provocati dalla crisi.

Durante l’intervento e il dibattito che segue viene sottolineata la prospettiva comune che lega le quattro esperienze che hanno partecipato al Festival. Nonostante la loro diversità per quanto riguarda importanza, livello di radicalità e pratiche, queste esperienze condividono un obiettivo comune: costruire un’alternativa per la società duramente colpita. E’ stata raggiunta una intesa comune tra le iniziative partecipanti, che subiscono non soltanto attacchi a breve termine ma una imposizione forzata, contro la volontà popolare, di modelli economici e politici testati in nord Europa, attraverso l’attuazione di uno stato di emergenza. Lo scenario che si sta sviluppando è quello dell’ incubo che diviene realtà. Nella fase attuale della gestione della crisi imposta dall’alto, viene utilizzato ogni strumento possibile per la soppressione dei diritti umani, come in un regime di dittatura. I primi segni di questa soppressione sono stati chiaramente visibili nell’estate del 2011 quando le forze di polizia hanno lanciato lacrimogeni per ore, sgomberando la protesta in piazza Syntagma. E’ seguita un’ondata di repressione contro spazi sociali e occupati: il Ministero per la pubblica sicurezza ha annunciato lo sgombero di quaranta spazi occupati con effetto immediato. Al tempo stesso sono state rafforzate le misure contro i richiedenti asilo. La perdita del lavoro a causa della crisi è diventata causa della perdita dello status di rifugiato; i controlli razzisti, gli arresti e la creazione di campi per i migranti, sono stati decisi da politiche di governo con il sostegno e la propaganda di Alba Dorata. Inoltre, gli scioperi dei lavoratori della metro sono stati bloccati attraverso l’imposizione forzata su di loro di uno status militare; lo sciopero degli insegnanti durante il periodo degli esami nell’estate 2013 è stato allo stesso modo vietato anche prima del suo annuncio –un nuovo precedente! La punta dell’iceberg è stata l’attuazione di misure di emergenza permanenti per l’imposizione degli schermi neri della televisione pubblica ERT così come la criminalizzazione dell’intero movimento contro le miniere di oro.

II. La democrazia diretta in concreto
Il movimento greco con le sue parole d’ordine per la democrazia diretta può fornire una proposta e creare un obiettivo comune per la sinistra radicale. La sinistra antiautoritaria greca ha adottato questo slogan già da tempo: dal dibattito intorno a esempi di democrazia diretta sviluppatisi nell’agora della Grecia antica, con la Comune di Parigi e durante la guerra civile spagnola, fino alle opere teoriche di Cornelius Castoriadis (filosofo ed ex- membro del gruppo “Socialism ou Barbarie”). Castoriadis, pensatore anti-stalinista del dopoguerra, ha sviluppato una teoria dell’autonomia che è oggi alla base dei movimenti anti-autoritari e anarchici. La parola d’ordine della democrazia diretta ha catturato l’attenzione dei media durante la fase di indignazione popolare iniziata in Grecia nell’estate del 2011, ed è stata messa in relazione con il movimento degli Indignados spagnoli. Ricordiamo certamente che il movimento spagnolo crebbe velocemente con lo slogan “Real democracia Ya!”. Al contrario di quanto avvenne in Spagna, nelle piazze in Grecia l’idea di “democrazia reale” è stata sviluppata in quella di “democrazia diretta” attraverso l’intervento di gruppi politici della sinistra radicale. Non si tratta di una richiesta, ma di una visione pratica che è stata realizzata attraverso assemblee pubbliche e assemblee in aree sub-urbane (come quelle della sollevazione del dicembre 2008). In molti ambiti della società in movimento la forte opposizione all’imposizione dello stato di emergenza imposto si configura come la prima forma di gestione diretta dei beni comuni.

Da allora una larga parte di movimenti e assemblee di vario tipo in Grecia ha sottolineato che, come il caso della Vio.Me ben evidenzia, la democrazia diretta non è soltanto un obiettivo o un ideale utopico, ma è già oggi una prassi e un’idea diffusa. L’apparato teorico e normativo si sviluppa a partire dalla pratica, come è stato più volte ribadito. Ci ritroviamo più volte a interrogarci sul tema della gestione collettiva dei beni comuni, tema che mette in connessione i diversi gruppi nel tentativo di superare le modalità di gestione capitalista e le sue apparenti divisioni in ambiti diversi (per esempio produzione/distribuzione). La democrazia diretta è sperimentata nei processi decisionali e nelle assemblee aperte e permanenti: una pratica anticapitalista che supera la definizione di democrazia del capitalismo civile. L’istanza della democrazia diretta descrive una cultura di organizzazione, confronto, e gestione di relazioni sociali; implica lo sviluppo e la (ri)produzione di relazioni sociali dettate da esigenze reali.

Come è evidente dall’esempio della città di Salonicco, lo sviluppo del dibattito sulla democrazia diretta nell’ambito del Festival ha preso una direzione molto concreta. Se nei primi anni della crisi il tema della democrazia diretta è stato oggetto di discussione tra gruppi e assemblee, il collasso sociale ha reso urgente il bisogno di autorganizzazione. Nel primo anno del Festival il dibattito si è svolto all’ombra della sollevazione di Dicembre all’inizio della crisi, con una analisi della situazione e una descrizione ancora molto vaga del termine democrazia diretta. Negli anni successivi siamo diventati più concreti: gli interventi di personalità della sinistra invitate a parlare non erano tanto rilevanti quanto la discussione su un’ economia solidale concreta, sulla messa in rete di processi di democrazia diretta, e ancor più rilevante, la connessione di esperienze già esistenti. Parallelamente, le iniziative e i movimenti dell’area di Salonicco si sono rapidamente sviluppati e collegati tra loro, quasi a presentare la visione di un possibile scenario futuro. Spazi sociali sono stati costruiti a partire dalle assemblee generali, come luoghi non soltanto di opposizione ma anche di svolgimento di attività sociali fondamentali. Questo dovrebbe essere garantito attraverso la creazione di cooperative e collettivi, in cui le esigenze personali possano trovare soddisfazione, come per esempio con l’offerta di una modalità di cura dell’infanzia alternativa. I centri sociali devono agire in connessione con altre iniziative di autogestione: la pratica della medicina sociale, che garantisce la cura per i malati senza assicurazione sanitaria, le reti del commercio diretto senza intervento di intermediari, da cui i negozi in diversi quartieri della città possono acquistare i prodotti, o sedi per l’avanzamento dell’istruzione. La visione di un reale contropotere sociale a Salonicco cresce con forza, e in questo contesto il tema dei beni comuni, quali l’acqua e la raccolta dei rifiuti, sono centrali.

Stiamo descrivendo processi che hanno conosciuto una grande crescita in tutta la Grecia negli ultimi anni. In grandi metropoli e in piccole citta, nei villaggi e nelle isole, possiamo trovare forme diffuse di autogestione. All’ombra della crisi si sta costruendo una economia alternativa, con le cooperative agricole, le banche del tempo, centri medici e sociali, reti senza intermediari. Da una parte bisogna sopravvivere in assenza di uno Stato in cui la fiducia è stata distrutta. Al tempo stesso, dalle macerie del collasso sociale, emerge la presa in carico delle relazioni, della vita, dell’organizzazione pubblica e sociale. Ciò che era al principio della crisi soltanto un approccio vago alla democrazia diretta, è diventato un processo di resistenza, costituente, in crescita, che dev’essere approfondito e portato avanti, come sottolineano i partecipanti al Festival.

III. Distruggere l’Europa e rifondarla con la democrazia diretta

Che cosa significa l’impossibilità di implementazione delle riforme e delle misure per il futuro delle politiche europee di austerità? Al momento, i movimenti antiautoritari e di sinistra sono messi alla prova in tutta l’Europa sotto gli attacchi poderosi in nome dell’austerità e della Troika. Molte reti, iniziative, conferenze e appelli si stanno muovendo e mobilitando con i loro slogan e i loro strumenti contro la gestione capitalista della crisi. Reti istituzionali, ma anche extra-parlamentari e antiautoritarie stanno crescendo, alla ricerca di nessi comuni per affrontare tematiche diverse. L’antica idea di un movimento internazionale antifascista contro il capitalismo e il patriarcato sta in questo modo diventando realtà. Questo esige la nostra solidarietà con i compagni e le compagne e le lotte fuori dai confini nazionali tedeschi, così come con coloro che sono esposti agli attacchi fascisti in Germania. La solidarietà che sta crescendo negli ultimi anni non necessita di espressioni attraverso dichiarazioni o supporto economico, ma con la creazione locale di esperienze di internazionalismo e anticapitalismo. L’azione anti-nazionale e transnazionale è azione locale.

Al momento non si vede un movimento per un’altra Europa, composto di varie correnti anticapitaliste e critiche del capitalismo, che non si limitino a fare opposizione ma che siano in grado di sviluppare prospettive e azioni comuni contro lo stato-nazione e la proprietà privata. Cos’ come come non si riesce a realizzare a livello europeo un programma politico che focalizzi lo sforzo sulle misure tattiche di redistribuzione oltre i confini nazionali. D’altra parte, molti movimenti e reti sono nate dalle occupazioni di cittadini indignati, da #occupy, dalle mobilitazioni e azioni quali il M31 e Blockupy. Assistiamo a dibattiti in molti spazi e tra soggetti diversi per “un’altra Europa”, sulla repressione in Europa, sul “processo costituente” e alla stesura di numerosi manifesti contro il capitalismo e la crisi. Nel frattempo, si organizzano assemblee a livello di associazioni locali e di quartiere, con l’obiettivo di creare organizzazione sociale, contro gli attacchi razzisti e reazionari. Tutti questi movimenti, non sempre in connessione tra di loro, sono tuttavia attivi contro le politiche capitaliste di gestione della crisi, le cosiddette politiche di austerità. Certamente non tutte le realtà possono sempre convergere. Tuttavia, dopo cinque anni di attacchi, le prospettive di azione e la loro messa alla prova devono essere sviluppate oltre i confini nazionali. E’ necessario creare un fronte anticapitalista e antifascista, che combatta i dictat governativi e che sappia creare una mobilitazione comune contro il capitalismo e il patriarcato, nonostante le differenze tra soggetti.

#Occupy, i gruppi anarchici e quelli che portano avanti discorsi di “critica radicale” non pongono richieste perché nella struttura della democrazia rappresentativa non è possibile trovare soluzioni di emancipazione (e di conseguenza, si è levato il grido per la Democrazia Reale!). O forse perché la negazione permanente con parole e azioni è l’unica vera arma. No, non ci dovrebbero essere soltanto rivendicazioni e appelli ma lo sviluppo di una resistenza che travalichi i confini. La vera democrazia funziona soltanto in assenza di capitalismo. Questo è stato per due anni il nostro motto. Nonostante ciò, abbiamo un problema teorico con il termine democrazia e le sue conseguenze reali. Una discussione teorica sulla democrazia non può essere approfondita in questa sede. Bisogna però evidenziare che nessuna soluzione è praticabile all’interno del quadro della democrazia civile capitalista. Tuttavia, né le parole d’ordine né le condizioni sociali sono immutabili.

Questo è il motivo per cui i “teorici critici” dovrebbero verificare se l’azione nei limiti della democrazia diretta non sia più radicale che la critica del termine democrazia. Un punto di connessione europeo potrebbe essere individuato nel processo costituente intensamente dibattuto in alcuni spazi, oltre a venire deriso, o presentato come una odierna pratica locale nel Festival di Salonicco di settembre. Non c’è consenso a livello europeo circa che cosa debba essere costituito (le opzioni vanno da una Costituzione a un contropotere sociale). Siamo già inseriti in questo processo, abbiamo bisogno di creare un’idea e una prospettiva di anticapitalismo o siamo già oltre? Citiamo come esempio, oltre alla tavola rotonda del festival, le lotte per i beni comuni che possono riaccendere il dibattito. Abbiamo citato gli esempi di cinema e teatri occupati in Italia o i dibattiti nascenti sulle azioni di ripubblicizzazione della rete elettrica. In Germania questi dibattiti e azioni sono perlopiù discussi a livello teorico da posizioni della sinistra radicale per fini strategici, oppure diventano l’oggetto di ulteriore critica. L’obiettivo non è la valutazione di queste azioni da una prospettiva radicale per riformare, anche solo parzialmente, o creare un processo comunista, ma è l’esame di ogni processo nel contesto della costituzione di un movimento che sta contestando il sistema di potere. Questa analisi non può essere portata avanti da una posizione di relativa comodità contro movimenti che si sviluppano all’estero, ma deve interessare anche i movimenti a livello nazionale, nelle città come nelle campagne.

Così, l’autogestione della produzione e della distribuzione portata avanti dalla Vio.Me può rappresentare il miglior esempio di come entro un contesto limitato l’assemblea generale può avvalersi del processo di democrazia diretta e la rete di distribuzione diretta creata, e di come questo sia riproducibile in un contesto più ampio attraverso la solidarietà. Tuttavia, sono altrettanto importanti le lotte con fini più utopistici, quali la lotta per la rete idrica di Salonicco o l’autogestione dei media di ET3, che, nonostante i loro “marginali problemi di riformismo”, incoraggiano la rottura della posizione teorica del “Non c’è alternativa”. Questi temi non riguardano soltanto singoli progetti ma sono parte di una visione di democrazia diretta che potrebbe essere fatta propria dalla società intera. In Grecia questo rappresenta anche l’inizio di una visione, prima che si possa parlare di vera e propria espansione verso una economia alternativa funzionante. Vecchi e noti limiti che derivano dalla burocrazia dei sindacati e dei partiti devono essere annullati. Perché dovremmo ancora cercare prospettive e strategie significative, quando già esistono esperienze e pratiche contro le politiche di austerità e repressione?

Il meeting Euromediterraneo di agora99, 1-3 Novembre a Roma e la conferenza internazionale Blockupy action del 22-24 Novembre a Francoforte sono occasioni di contatto internazionale per sviluppare strategie e linguaggi comuni con i compagni e le compagne del “sud”. I punti chiave di questa ricerca dovrebbero essere tematiche che riguardano tutti: l’organizzazione, la riappropriazione e la gestione dei beni comuni, i conflitti sociali, il razzismo e la gestione della crisi delle destre, e la repressione di stato. Inoltre, poniamo la domanda se sia possibile immaginare di sostenere la Vio.Me anche in territorio nazionale. Sarebbe possibile sfruttare la rete Renting House Unions, o le numerose cooperative gastronomiche e i collettivi, i progetti abitativi, organizzazioni di quartiere contro il caro affitti, oltre ad altri gruppi politici, per creare una rete di sostegno alla Vio. Me? In Italia, trentanove spazi sociali hanno firmato un appello in sostegno alla Vio.me. Questo non aiuterà materialmente i greci, ma darà sicuramente un supporto morale.

I lettori sono gentilmente invitati a farci avere i loro commenti relativamente a queste domande, scrivendo a friendsofviome@ riseup.net. Potremmo iniziare un confronto sulle possibilità di distribuzione al di fuori della Grecia, in un contesto più ampio di solidarietà. Inoltre, un appello di solidarietà da parte di vari collettivi e gruppi politici potrebbe dare un contributo concreto in termini di pubblicità e informazione su questa lotta e sulla situazione di crisi della Grecia. Dobbiamo non soltanto sostenere un progetto ma interrogare le condizioni reali, lasciando da parte le forme tradizionali di espressione di solidarietà per trasferire nelle pratiche, con le nostre strutture, la visione greca della democrazia diretta.

La nostra solidarietà concreta contro la loro austerità! Inondiamo l’Europa!

*Blockupy Frankfurt