Il cielo su Roma

Riflessioni a margine della manifestazione del 19 Gennaio. Roma e le sue tante facce

Roma si avvicina ad un altro turno elettorale, all’elezione di un nuovo consiglio e di un nuovo sindaco. Coma arriva la città alla vigilia del voto? La giunta Alemanno ha praticato una bieca gestione della cosa pubblica, totalmente asservita agli interessi di pochi privati e sorda alle esigenze della cittadinanza.

Guardando agli ultimi tempi salta agli occhi la delibera 32, discussa nel 2011 e mai approvata dal consiglio comunale: tentativo scellerato di privatizzazione delle municipalizzate, per altro già mal gestite, che avrebbe affievolito, se non cancellato, il controllo del comune sulle aziende a capitale misto che gestiscono rifiuti, trasporti e acquedotti della capitale.

Cancellando il risultato dei referendum del giugno 2011 e regalando a privati come Caltagirone la gestione di servizi vitali per la città, servizi che non possono essere appaltati in un sistema di concorrenza, essendo per loro stessa natura monopoli, e la cui privatizzazione quindi non potrebbe in alcun modo sortire miglioramenti in termini di efficienza.

I servizi di cui parliamo sono vere galline dalle uova d’oro: ad esempio gestire il servizio idrico nell’Acea ATO2 (Roma e provincia) significa poter investire poco o nulla nella manutenzione degli acquedotti e poter incassare moltissimo per la quantità di utenti, perciò fa tanto gola ai privati. L’iter per l’approvazione della delibera fallì grazie alle mobilitazioni che portarono in piazza migliaia di persone sotto lo slogan “Roma non si vende”, congiuntamente al lavoro di ostruzionismo delle opposizioni in sede di consiglio.

In questi giorni di nuovo la città si mobilita richiamandosi a quello stesso slogan. A fine mandato infatti la giunta Alemanno presenta in consiglio 64 delibere che, in deroga al piano regolatore, riversano sul territorio urbano altri 20 milioni di metri cubi di cemento, di cui il 60% saranno case private. Così nella città in cui l’emergenza abitativa non dipende certo dalla carenza di appartamenti (sarebbero oltre 250mila secondo alcune stime gli alloggi vuoti) si continua a costruire, gonfiando la bolla immobiliare e le tasche di banche e palazzinari. Contro quest’ennesima colata di cemento si sono mobilitati i percorsi di partecipazione e cittadinanza attiva più diversi fra loro, dando vita alla colorata e numerosa manifestazione dello scorso 19 gennaio.

A partire si dall’opposizione a quelle delibere ma poi andando molto oltre, in piazza c’era infatti una diversa idea di città, una concezione in controtendenza rispetto a quella delle giunte degli ultimi lustri, capaci di percorrere solo la strada della svendita del patrimonio pubblico, delle concessioni ai costruttori e delle privatizzazioni dei servizi.

Roma è una città complessa, come tale sa nutrire e ospitare moltissime anime differenti. C’è la città parassitaria dei forti interessi privati: che arriva a determinare uno dei più bassi redditi procapite d’Europa contro uno dei più elevati costi della vita; che si manifesta nelle speculazioni edilizie, quindi negli sconfinati e desolanti quartieri-dormitorio, nei cantieri ciclopici della linea C che continuano a succhiare denaro dalle casse del comune, nella proliferazione di parcheggi sotterranei che sventrano il sottosuolo e non risolvono il problema della mobilità, nel moltiplicarsi delle sale slot in delicati quartieri di periferia, nei mastodontici centri commerciali che puntellano il contorno della città, nelle grandi opere inutili e incompiute (ad esempio la mostruosa Città dello Sport ai piedi dei Castelli Romani i cui lavori iniziarono per i mondiali di nuoto 2009), negli infelici primati come quello della discarica più grande d’Europa, nella privatizzazione dei servizi e in un numero inquantificabile di altre forme.

Perfettamente giustapposta, talvolta sovrapposta, a quella appena descritta esiste una Roma criminale che si manifesta negli omicidi, nelle aggressioni e nelle violenze sempre più frequenti, è un’anima della città difficile da descrivere e da cogliere ovviamente. Un problema di cui i politici e gli amministratori si occupano solo in campagna elettorale per raccogliere voti dalla paura e dall’ignoranza, un problema a cui sanno opporre solo l’ottusa militarizzazione della città che nulla frutta se non la cacciata di qualche innocuo venditore ambulante.

Chi abita nella “Roma da vetrina” invece, per continuare a snocciolare l’elenco, nelle scintillanti vie del centro che si mostrano pulite e in ordine al turista di turno, può lasciarsi sfuggire questi aspetti scuri della città, quando non ne è artefice. Nei quartieri della periferia è tutt’altra storia, specialmente per quelle particolari categorie di cittadino, riconosciuto o meno come tale dalla legge, sulla cui pelle si condensano tutti i disagi e che spesso si ritrovano strozzati dalle autorità e dalle forze dell’ordine per non aver pagato una multa, un biglietto o per aver violato un’ordinanza del sindaco: in testa anziani migranti (anche italiani) studenti precari e disoccupati, ma la lista è in crescita.

Tornando alle diverse anime della città devo enumerarne un’altra: quella della kermesse elettorale e politica, delle dichiarazioni per il giornale regionale, della gestione quotidianamente emergenziale, dei ridicoli proclami, delle targhe alterne due volte a settimana e delle ordinanze straordinarie per 5 centimetri di neve, con tanto di richiesta di motoslitte da parte della polizia municipale; insomma tutto ciò che può tornare utile a nascondere le città di cui sopra.

Sempre più spesso, come il 19 in piazza contro le delibere di Alemanno, emerge invece un’altra Roma, che si innesta nella città sofferente e malsana creando immediatamente nuovi modelli: è la città degli occupanti che trovano casa rimettendo a valore per la città intera stabili abbandonati, è la città dei comitati che difendono il territorio da nuove speculazioni, è la città dei licei occupati quest’autunno contro la riforma Aprea, è la città degli spazi autogestiti e della produzione autonoma di cultura; è la città che dimostra come Roma possa trovare in qualsiasi momento il suo collasso ma anche la sua rinascita, o meglio come giorno per giorno l’una può venire dall’altro.

E’ la città che ostinatamente si oppone viva e sfolgorante alla gestione privatistica che ne vorrebbe fare questa giunta, la città che resiste all’austerity e alla cupezza di questi tempi di crisi. Questa è la città che si affaccia alle elezioni amministrative del 2013, qualsiasi sarà la prossima giunta non potrà ignorarne l’esistenza.

*Studentessa di Scienza Politiche, Unicommon
Pubblicato su Huffington Post