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EUROPA

Il cielo (infuocato) sopra la Grecia: cronaca dall’Atene solidale

Un reportage con parole ed immagini dalla Grecia in fiamme: da Atene all’Eubea, tra rabbia, paura e devastazioni ambientali, ma anche lotte, mutualismo e solidarietà. Quali sono state le dinamiche iniziali e quali le responsabilità del governo di Mitsotakis? Quali sono state le risposte della collettività per far fronte a una tale emergenza? Se non immaginiamo un nuovo rapporto con la nostra stessa terra e non lottiamo per una visione olistica di sviluppo che tenga assieme giustizia sociale, solidarietà e ambientalismo, resteremo intrappolati in un mondo sempre più piccolo e con sempre più barriere


Attraverso le immense architetture in vetro che circondano l’ultimo piano dell’avveniristico Museo dell’Acropoli di Atene, è possibile godere di una sguardo privilegiato sulla città moderna e le sue vestigia antiche. Nel pomeriggio del 3 Agosto, durante un’ennesima visita necessaria per ripararsi dalla forte ondata di calore che da giorni ha investito la capitale attica, la nostra attenzione viene rapita alle magnifiche opere esposte verso il paesaggio circostante: a diversi chilometri di distanza, una densa coltre di fumo si eleva nel settore nord della città.

Gli incendi estivi non sono rari nei pressi del centro abitato e nell’immediato non appaiono notizie online. Ma tornando verso casa iniziamo a percepire quello che sarà solo l’inizio di un disastro ambientale e sociale di proporzioni catastrofiche.

Durante la notte e nei giorni immediatamente successivi, come in un incubo a orologeria, la situazione precipita e le uniche notizie che si inseguono sui media recitano un solo monologo, “la Grecia brucia”.

Anche per chi come noi vive al sicuro nelle grandi città, le immagini ormai note dei grandi roghi dell’Attica, dell’isola di Eubea (Evia), dei boschi della Messenia e dell’Elide fino alle regione di Sparta, rievocano la ferita ancora aperta del devastante incendio che nel mese di luglio del 2018 distrusse interi villaggi della costa orientale dell’Attica, Mati, Nea Màkri, costando la vita a centinaia di persone, e politicamente, quella del governo di Alexis Tsipras.

Mappa satelliatare degli incendi in Grecia, 7 agosto 2021, da Nasa Firms

Nei 45 gradi dell’ondata di calore, kàphsonas, ancora una volta il cielo sopra Atene si fa nero in pieno giorno filtrando un’inquietante luce arancione: “piove cenere”, si sente urlare dai balconi. A poco a poco le maschere anti-covid, indossate all’aperto in maniera discontinua, assumono un altro significato, e diventano necessarie per proteggersi dall’aria inquinata.

Vengono i brividi a pensare che solo la totale mancanza di vento, dato che in quei giorni spirava debole sui 2 gradi della scala Beaufort, ha salvato l’Attica e l’Eubea da una vera apocalisse.

Alla luce delle ormai note conseguenze del riscaldamento globale e dell’assenza di politiche ambientali globali all’altezza della situazione, disastrose in Grecia come nelle altre parti del Mediterraneo colpite dagli incendi estivi, dalla vicina Turchia all’Italia, viene alla mente una domanda angosciante quanto realista riguardo al disastro, perché una prevenzione era quantomeno possibile: abbiamo rotto il patto con la natura gettando le basi di una società distopica?

E’ possibile immaginare un modello di sviluppo socio-economico che porti avanti parallelamente i temi dell’ambientalismo e della giustizia sociale?

Eubea, nei pressi del villagio di Limni. Foto: Tina Pfaeffle-Zafeirakopoulou

Grandi interrogativi non trovano che un piccolo spazio nella drammaticità dell’emergenza, bisogna capire che sta succedendo, informarsi, organizzarsi. Intanto sui media le informazioni crescono esponenzialmente, così come cresce la paura e la confusione.

Ad Atene si teme infatti la possibilità di concomitanti incendi dolosi nei monti circostanti lontani dallo scenario principale (Egaleo, Imetto). Appaiono segnalazioni di attività sospette in luoghi ad alto rischio, fotografie di bombole gas portatili usate come inneschi, notizie di fermi di cittadini non greci trovati in possesso di bombole e accendini nei pressi nei parchi urbani.

Non è un caso che il governo conservatore di destra di Nea Dimocratia provi fin dall’inizio a spostare l’attenzione del problema, lasciando spazio a false notizie o alimentando, ad esempio, la propaganda anti-Turchia, criticandone pubblicamente la gestione degli incendi per esaltare la prontezza del proprio intervento (mentre Erdogan stesso sta negando ai mezzi di informazione l’accesso al fronte del fuoco e colpevolizza, come è solito fare, il partito curdo del PKK).

Ma quali sono state le dinamiche iniziali e quali sono state realmente le responsabilità del governo di K. Mitsotakis? Quale è la risposta della collettività per far fronte a una tale emergenza?

Nel momento in cui scriviamo, a distanza di qualche giorno dai fatti raccontati, i terribili roghi apparsi sulla stampa internazionale sono estinti ma il fuoco riappare altrove in Attica, come a Vìlia e Keratea nei giorni di ferragosto, in una estate che registra temperature da record in tutto il Mediterraneo, dalla pianura della Tessaglia alla Sicilia, non sarà più possibile pensare a una tregua. Intanto una delle immagini più surreali adesso condivisa nei social è quella di un poliziotto che affronta l’incendio con un pompa da giardino.

Quanto è accaduto nello specifico in Attica e in Eubea smaschera tutta la fragilità della Protezione Civile ellenica e l’inadeguatezza del governo nell’affrontare l’ormai sistematico pericolo degli incendi estivi.

Atene 9 Agosto 2021. Mobilitazione contro la gestione degli incendi da parte del governo. Foto Tina Pfaeffle-Zafeirakopoulou

Fumo sull’Acropoli

Ma procediamo per gradi provando a raccontare quanto visto e ascoltato e le nostre impressioni in questa tragica prima metà di Agosto. Il fumo che vedevamo dalla sommità del Museo dell’Acropoli veniva dalla regione di Varympompi, uno dei borghi della periferia nord di Atene, prossimo al ricco quartiere residenziale di Thrakomakedones.

L’area densamente edificata è a ridosso delle pendici occidentali del monte Parnitha, una delle riserve naturali più importanti dell’Attica e polmone verde della città, spesso soggetto a incendi (l’ultimo drammatico è del 2017). Le scintille prodotte da un sovraccarico della linea elettrica pubblica avrebbero creato il primo innesco il 3 agosto, presto propagatosi nella circostante area verde.

Da questo momento e nei giorni a seguire notiamo la discrepanza tra le informazioni ufficiali del governo e le testimonianze che iniziano a circolare in rete, spesso da emittenti televisive minori. I residenti segnalano ritardo degli interventi nonostante le diverse segnalazioni che vengono spesso ignorate, così i cittadini sono costretti a provvedere alla difesa della propria abitazione da soli, ignorando gli ordini di evacuazione e mettendo a rischio la propria vita.

Il numero dei pompieri è insufficiente visti i numerosi fronti aperti nella regione e nella Grecia tutta (circa 600 fuochi segnalati al 10 agosto). Ma quello che stupisce da subito, come raccontano diverse testimonianze video, è il massiccio impiego del corpo di Polizia, il cui unico ruolo è di monitorare le operazioni di evacuazione (segnalate tramite messaggio telefonico), risultando completamente inutile rispetto all’obiettivo primario di soffocare gli incendi!

Sembra quindi che il governo di Nea Dimocratia operi una precisa scelta politica, volendo evitare (per fortuna non si sono registrati morti) un’altra tragedia come quella del 2018 a Mati, invitando i cittadini a lasciare le abitazioni e liberare gli animali domestici e gli allevamenti, sapendo di non poter salvare la foresta circostante, che viene così lasciata bruciare. Numerosi sono i volontari che sopperiscono alla mancanza strutturale di vigili del fuoco e di attrezzature,mail fuoco non si fermerà per giorni mangiando case e ettari di terra.

Atene 9 Agosto 2021. Mobilitazione contro la gestione degli incendi da parte del governo. Foto: Francesco Ferrara

Le responsabilità del governo

Quando il Primo Ministro chiede scusa in in diretta sulla tv nazionale il 12 agosto, risultano chiari gli elementi della retorica del governo: ammettendo sommessamente che non è stato fatto abbastanza, ricorda quanto sia a volte impari la lotta contra la forza della natura, punta il dito sulle conseguenze del riscaldamento globale, ma ribadisce la prontezza del piano di evacuazione e che, seppure nella tragedia ambientale, questa sarà un’occasione per ricostruire e investire con un nuovo piano di sviluppo per le aree distrutte.

Ma più che sottolineare la propria debolezza, il governo si fa forte della solidarietà internazionale, dato che i paesi membri della UE hanno inviato 200 mezzi meccanici e più di mille vigili del fuoco, tra i quali spiccano per organizzazione e capacità di intervento le squadre provenienti dalla vicina Romania.

Velocemente emergono online però i dati che evidenziano come molte delle recenti scelte di Atene siano la causa diretta del disastro organizzativo nella gestione dell’emergenza.

A fronte dei soli 12.000 vigili del fuoco permanenti, il presidente della Federazione Nazionale dei Vigili del Fuoco (Π.Ο.Ε.Υ.Π.Σ) D. Stathopoulos denuncia la mancata assunzione di 4.000 nuove unità richieste al governo centrale, un numero pari al totale di pompieri volontari e stagionali impiegati ogni anno. L’età media del corpo è di 45 anni, troppo alta per sopportare emergenze su fronti complessi come le (tantissime) foreste delle penisola greca.

Disastrosa è anche la situazione degli equipaggiamenti in dotazione (non aggiornati dal 2009) e dei mezzi meccanici. Dei 3.500 veicoli terrestri antincendio solo il 15% è di nuova acquisizione mentre il resto è composto da mezzi obsoleti che contano fino a 30 anni di attività, soggetti a frequenti guasti al momento delle prime operazioni. Della flotta dei Canadair (14) e degli elicotteri antincendio (circa 50) solo il 30% può operare in contemporanea per via della scarsità di risorse e personale.

Atene 9 Agosto 2021. Mobilitazione contro la gestione degli incendi da parte del governo. Foto: Francesco Ferrara

Notizie ancora più gravi arrivano dal presidente del sindacato nazionale della Forestale (Π.Ε.Δ.Δ.Υ), N. Frakiskakis. Le risorse messe a disposizione hanno reso impossibili le operazioni necessarie per diminuire il rischio di incendi sul territorio nazionale: dei 15 milioni richiesti per il piano nazionale di prevenzioneantincendio, solo 1.7 milioni sono stai stanziati del governo nell’ultima manovra finanziaria. L’ultima assunzione di personale permanente è ferma al 2008 e l’organico in attività è tra i più bassi d’Europa (1.200 unità).

Se si comparano a questi dati il costo di quasi 2 milioni di euro della recente riorganizzazione di un ampio percorso pedonale (il cd. Megalo Peripato) nella principale arteria della capitale, per favorire il turismo e lo shopping dei grandi centri commerciali, si comprende meglio la politica di investimento dei fondi pubblici da parte del governo K. Mitsotakis nel già complesso periodo della pandemia da Covid-19.

Il discorso del Primo Ministro appare così in tutta la sua retorica e pochezza di significato, sempre alla ricerca di un nemico invisibile e di responsabili da perseguire in futuro. Ma il vero nemico il popolo greco lo hanno già in casa ed è rappresentato dal modello di sviluppo dell’attuale governo.

Se parliamo della lotta al Global Warming, vediamo come solo il 18% delle industrie elleniche hanno preso provvedimenti contro il cambiamento climatico, a fronte di una media europea del 45%, segno evidente di una scarsissima attenzione al problema.

Da quando è entrato in carica nel 2018 il partito di destra ultraliberale di Nea Dimocratia ha investito milioni di fondi pubblici nel corpo di polizia, tra equipaggiamenti e assunzioni (il divario tra numero di poliziotti e pompieri in Grecia è tra i più alti d’Europa), e in armamenti militari (aerei da guerra), perseguendo una politica repressiva del dissenso e di criminalizzazione delle minoranze e dei migranti. Pochissimo si è parlato delle evacuazioni di due centri di detenzione per migranti senza permesso di soggiorno che erano situati nell’area a nord di Atene colpita dal fuoco.

Area settentrionale dell’Eubea. Fonte: European Union, Copernicus Sentinel 2, processsata da Dg Defis

Le conseguenze degli incendi

Dopo più di una settimana di fuoco ininterrotto, dal 3 al 10 agosto, le conseguenze sono impressionanti. Circa 500.000 ettari di territorio distrutto. Nella sola Eubea (Evia), la seconda isola della Grecia, si contano circa 5.000 persone evacuate e centinaia di case distrutte. Lì l’incendio ha consumato la quasi totalità della parte nord dell’isola come possiamo vedere nella foto qui sopra, la più produttiva e frequentata dal turismo.

Le stesse dinamiche denunciate per i roghi dell’Attica sembrano aver avuto luogo nella gestione del fronte del fuoco nell’area dei villaggi di Limni, Rovies e Pefki, sulla costa occidentale dell’Eubea, inizialmente sottovalutato vista l’assenza totale di vento e la concomitante decisione del governo di concentrare i (pochi) mezzi disponibili nell’area prossima alla capitale. Un primo scarno gruppo di pompieri è arrivato sul luogo a 48h dalle prime segnalazioni.

E’ grande l’esasperazione per la situazione e la rabbia nei confronti di uno Stato assente nel momento più difficile, che con la solita arroganza propone ricette liberiste parlando di investimenti e ricostruzione mentre le foreste ancora bruciano.

Molti in rete ammettono la possibilità che vedremo presto in alcuni dei settori montani colpiti degli incendi le pale eoliche che ormai deturpano il paesaggio di molte parti della Grecia.

Piazza Syntagma, Atene 9 Agosto 2021. Mobilitazione contro la gestione degli incendi da parte del governo. Foto: Francesco Ferrara

“Mitsotakis come Nerone, dimettiti!”: proteste ad Atene

Una manifestazione viene così convocata il 9 agosto davanti alla fermata Metro Panepistimiou, in pieno centro di Atene. Come tanti che incontriamo siamo stupiti della grande partecipazione, più di 3.000 persone tra associazioni ambientaliste, partiti parlamentari ed extraparlamentari di sinistra, collettivi autorganizzati e (molti) studenti universitari, compongono un corteo eterogeneo e rabbioso.

Nella drammaticità della situazione siamo in qualche modo sollevati a esprimere assieme a tanti l’indignazionee la disperazione per una situazione verso la quale ci si sente impotenti, solidi fronte alla mole di informazioni che si aggiornano ogni minuto.

“Mitsotakis come Nerone, dimettiti!”, “Il vostro modello di sviluppo distruggerà il pianeta, sarete destituiti dalla rabbia popolare!”, o più semplicemente l’esasperato sfogo “Mitsotakis vai a farti fottere”: ci uniamo a questi cori raggiungendo Piazza Omonia dove la manifestazione lentamente si disperde.

Nonostante le alte temperature e una città quasi deserta, risulta chiaro che è stato un primo momento di una ripresa di lotte radicali contro le politiche espresse dal corrotto governo Mitsotakis. Agli occhi di tutti il re ormai è nudo e, come in molti ci dicono, una volta che le città torneranno a vivere dopo la pausa estiva le strade torneranno a reagire, e con forza.

Oltre alle dimissioni dell’attuale governo, gli interventi dei manifestanti reclamano a gran voce l’immediata compensazione economica per le vittime degli incendi, nuove assunzioni permanenti nel corpo forestale e dei vigili del fuoco, un programma di riforestazione soggetto al controllo pubblico, l’allontanamento dei privati nel settore della salvaguardia ambientale, maggiore autonomia del corpo forestale sotto l’egida del Ministero dello sviluppo Agricolo e non sotto quello della Protezione Civile. Tutto questo rivendicato assieme a una politica di investimenti sulla prevenzione del pericolo e non su quella attuale, basata invece sulla militarizzazione della gestione delle emergenze.

Atene 9 Agosto 2021. Cartello “Mitsotakis come Nerone, dimettitialla mobilitazione contro la gestione degli incendi da parte del governo. Foto: Francesco Ferrara

Solidarietà e mutualismo

Diverse iniziative autorganizzate in supporto ai territori colpiti dalla catastrofe prendono vita nella capitale a fronte della desolazione dell’intervento statale. Un coordinamento dei collettivi studenteschi delle Università di Atene ha organizzato un centro di raccolta permanente di beni di prima necessità dove il corteo è iniziato.

Peggy, studentessa di Pedagogia e Vasiliki, della facoltà di Psicologia, raccontano come sia necessario recarsi di persona nei luoghi colpiti e parlare con le persone, ascoltare le necessità e offrire, oltre ai beni materiali, un supporto psicologico e personale. Per tutto il mese di agosto, ogni tre giorni, macchine cariche di beni primari partiranno alla volta dell’isola di Evia per recarsi nei centri di raccolta.

Come l’acqua contro il fuoco, di fronte alle conseguenze ecologiche e sociali di una catastrofe così grande, la solidarietà è lo strumento politico necessario. Sui social media le informazioni e le richieste di aiuto si susseguono ad un ritmo irrefrenabile. Ad eccezione della Croce Rossa Ellenica, organizzazione governativa prossima all’Esercito, non riusciamo a trovare rapidamente un indirizzo sicuro per una raccolta fondi solidale e autorganizzata. Diverse saranno aperte in quei giorni ma decidiamo di fare del nostro e attiviamo in pochi giorni una rete di contatti diretti tra la Germania e l’Italia. L’ottimo risultato rapidamente ottenuto è dato forse dalla semplicità del messaggio: quando lo Stato è solo propaganda nazionalistica, repressione e svendita di un territorio a favore di un turismo e modello economico inaccettabile, la solidarietà è l’unica chiave per aiutare e rispettare chi durante tutti l’anno prova a costruire una società più sostenibile.

Atene, Panepistimiou, Raccolta di beni di soccorso per le vittime degli incendi. Foto: Francesco Ferrara

La Grecia non è solo la sua storia millenaria, la civilizzazione di “epoca classica” o le sue magnifiche spiagge che affolliamo tutti gli anni, ma la regione europea strategicamente più complessa del Mediterraneo centro-orientale nella quale già dalla crisi del 2008 sono in atto tutti i dettami e le strategie del capitalismo globale.

Siamo convinti che si possa fare molto anche con poco. Come tanti, nei primi giorni degli incendi avevamo risposto all’appello di alcune realtà politiche del quartiere ateniese di Exarcheia, che da subito hanno iniziato a coordinare i soccorsi ai pompieri e alle vittime degli incendi, distribuendo beni di prima necessità dall’Attica all’Eubea; tra i tanti, lo Στέκι Μεταναστών Κοινωνικό Κέντρο (Centro Sociale dei Migranti) di via Tsamadou e l’adiacente collettivo di mense autogestite Elchef, che da quattordici anni è attivo nel distribuire 150-200 pasti al giorno.

Atene, Exarcheia, Steki Metanoston. Centro di raccolto di beni di soccorso. Foto: Tina Pfaeffle-Zafeirakopoulou

A una settimana dall’inizio degli incendi il progetto di soccorso solidale ha assunto una dimensione ben più ampia dell’invio dei furgoni carichi di beni alimentari: con il coordinamento del Diktyo (Δίκτυο για τα Πολιτικά και Κοινωνικά Δικαιώματα), Rete per i diritti civili e sociali, sono stati organizzati due campeggi nell’epicentro degli incendi in Eubea (Evia).

Eubea, nei pressi del villagio di Limni. Foto: Tina Pfaeffle-Zafeirakopoulou

Cronaca di un viaggio in Eubea

Destiniamo la nostra raccolta fondi per sostenere questo progetto e la mattina del sabato 14 di agosto ci dirigiamo verso l’isola assieme alle nostre preziose guide, l’attivista e fotografa Tina Pfaeffle-Zafeirakopoulou e Nassim Lomani, attivista e militante dello Steki Metanoston-Elchef.

Dopo due ore di macchina da Calcide, capoluogo dell’isola, attraversando un paesaggio progressivamente sempre più spettrale, arriviamo al villaggio di Roviès , dove uno dei campeggi non distrutti dalle fiamme ha offerto ospitalità gratuita alle tende degli attivisti (circa 40 persone) che stanno organizzando le azioni di solidarietà. Gli ultimi fronti del fuoco sono stati estinti da circa 3 giorni, ed è ora il momento delle analisi e della conta dei danni.

Eubea, magazzino per la raccolto di beni di soccorsonel villagio di Limni. Foto Tina Pfaeffle-Zafeirakopoulou

Nel vicino centro di Limni la scuola comunale e il magazzino del porto sono ormai stracolmi di cibo e beni necessari raccolti grazie all’enorme risposta di solidarietà collettiva. Come ci spiegano, ora le necessità sono cambiate e, una volta assicurata la riserva d’acqua, cibo e vestiti, gli attivisti hanno iniziato a passare casa per casa nei paesi vicini per raccogliere informazioni sui bisogni contingenti di quanti hanno subito danni irrimediabili alle loro proprietà, case, coltivazioni ed allevamenti.

Eubea, nei pressi del villagio di Limni. Foto: Tina Pfaeffle-Zafeirakopoulou

Le storie che ci raccontano Ilia, Alekos e Iannis sono angoscianti, ma restituiscono un chiaro quadro di quanto è accaduto e dell’impatto che la distruzione dell’ambiente avrà sulle comunità locali.

Il fuoco è scoppiato nei dintorni della località turistica di Aghia Anna, sul versante opposto dell’isola. Inizialmente è stato sottostimato il pericolo a causa della mancanza di vento e il fronte del fuoco limitato a poche centinaia di metri. Il governo ha inviato attraverso messaggi telefonici il solito ordine di evacuazione. Il ritardo di circa due giorni e la limitatezza dei mezzi messi a disposizione, assieme alle alte temperature, comportano che nell’arco di 36 ore la situazione non fosse più controllabile.

Alcuni testimoni locali affermano che i pompieri delle squadre elleniche non avessero precise disposizioni di intervenire nei boschi per sedare gli incendi, ma di limitarsi alle case e favorire l’evacuazione delle aree. Ed intanto tutta l’area interessata è rimasta senza corrente e acqua. Le squadre arrivate dall’estero,dotate di migliori mezzi e con l’ausilio di droni, come quella rumena, avrebbero guidato le operazioni boschive per rompere la linea del fuoco, assistiti da volontari del luogo. Ormai il fuoco aveva raggiunto le foreste di pini del centro dell’isola fino alla costa opposta e le evacuazioni erano possibili solo da mare, come le immagini dal villaggio di Pefki ci hanno mostrato.
I danni ambientali adesso si rifletteranno sulle comunità per anni a venire. Ad esempio un incendio di proporzioni simili mette a serio rischio la potabilità dell’acqua corrente vista laaltissima presenza di particelle prodotte dalla combustione del legno e di materiali edilizi. Una foresta di ulivi di 2.500 anni è ormai perduta, ma fortunatamente la raccolta di olive e la produzione dell’olio sarà ancora possibile nella regione (immagine qui sotto).

Uliveto bruciato nei pressi di Limni, Eubea. Foto: Francesco Ferrara

Dopo l’incendio: le sfide del futuro

Quello che forse non sarà più recuperabile è la base dell’economia locale, famosa per la produzione del miele dagli alberi di pino e l’estrazione, dalle medesime piante, della resina destinata alla produzione del celebre vino greco noto appunto come Retsina. Allevatori e produttori di mangime per gli animali da pascolo sono anch’essi in ginocchio. Il settore del turismo, principale indotto della regione, ha già subito una drastica riduzione con la conseguente perdita di centinaia di posti di lavoro.

Ci aggiriamo infine nei villaggi pedemontani dell’epicentro dell’incendio come Kourkoulì, per fortuna risparmiati dalle fiamme, con gli occhi pesanti alla vista di intere vallate distrutte dal fuoco.

Eubea, nei pressi del villagio di Kourkoulì. Foto: Tina Pfaeffle-Zafeirakopoulou e Francesco Ferrara

Arrestatosi il fuoco e con la cenere che ricopre ogni cosa, ci resta un’immagine e una frase che evoca molto di quanto accaduto. Se in montagna si notano solo i resti carbonizzati, osserviamo lungo la strada verso la costa alcune arnie per la produzione del miele ancora intatte, ricollocate per poter immediatamente ospitare gli sciami scampati all’incendio.

Eubea, arnie distrutte nei pressi del villagio di Kourkoulì ed arnie ricollocate presso la strada litoranea Roveis-Limni. Foto Tina Pfaeffle-Zafeirakopoulou

“Siamo riusciti a salvare le api, ma non le loro case” ci dice una delle nostre guide. Noi (e intendo gli esseri umani) come le api possiamo sciamare spinti da uno stato di necessità, ma se non immaginiamo un nuovo rapporto con la nostra stessa terra e non lottiamo per una visione olistica di sviluppo che tenga assieme giustizia sociale, solidarietà e ambientalismo, resteremo intrappolati in un mondo sempre più piccolo e con sempre più barriere. Un mondo che mentre leggiamo, continua a bruciare.

Tina Pfaeffle-Zafeirakopoulou

Immagine di copertina: Il cielo sopra Atene, 8 Agosto 2021. Foto di Sxeniae

Foto nell’articolo: di Francesco Ferrara e Tina Pfaeffle-Zafeirakopoulou