ROMA

Hanno staccato la spina!

In Italia è vietata l’eutanasia. Eppure a Roma è stata messa in scena una vera e propria operazione politica di morte assistita. Con un’accelerazione impressionante hanno deciso di sospendere l’accanimento terapeutico e hanno staccato la spina all’amministrazione guidata da Ignazio Marino.

Risulta inquietante proprio l’indefinitezza del mandante. E’ chiaro, invece, a chi appartiene la mano esecutrice, il Partito Democratico e in particolare il Presidente del Consiglio Renzi che si dimostra sempre più forte con i deboli e debole con i forti.

Inquietante è che a un epilogo del genere si sia giunti al termine di una campagna mediatica creata ad arte, non basata sulla realtà che Roma sta vivendo. La realtà di una città immobile e sofferente, con quartieri abbandonati a sé stessi, con un trasporto pubblico al collasso, politiche sociali e di welfare sempre più povere e inadeguate, con un’emergenza abitativa che peggiora di giorno in giorno, con politiche culturali inesistenti, con una separazione sempre più accentuata tra centro e periferie e con una spinta verso la privatizzazione e mercificazione del patrimonio immobiliare e dei servizi pubblici locali.

Per queste ragioni non avremo nostalgia del Sindaco, anzi.

Infatti, grazie alla sua inettitudine e subalternità ai diktat del Governo e ai vincoli di bilancio non ha saputo e voluto invertire una tendenza che ha imposto alla città enormi sacrifici, che ha subordinato la tutela del bene comune e della collettività agli interessi delle banche e degli speculatori. Evidentemente ai soliti poteri forti romani, gruppi editoriali, palazzinari e Vaticano tutto ciò non è bastato. Non è bastato avere un Sindaco commissariato in tutto, compreso il Giubileo.

Roma rischia di diventare l’ennesimo caso eclatante in cui si sperimentano pratiche di eccezionalità giuridica, che vanno dalla creazione di status emergenziali ai super poteri commissariali, passando per dispositivi di controllo e distruzione delle garanzie costituzionali “per il bene del paese”, per finire agli sgomberi degli spazi sociali che si oppongono a tutto ciò proponendo un modello alternativo basato sulla gestione partecipativa e condivisa dei beni comuni.

Roma rischia di diventare una laboratorio di strumenti differenti capaci di agire trasformazioni irreversibili, non solo dal punto di vista della gestione e pianificazione territoriale, ma anche della democrazia formale.

In questo senso la sempre maggiore segretezza e opacità delle scelte evidenziano la privatizzazione, di fatto, della politica. Da una parte lo spazio pubblico viene trasformato merce di scambio per interessi di gruppo familistico, lobby economica, clan, dall’altra emerge una totale subalternità alla cosiddetta teologia della governabilità ovvero, quell’idea per cui tutto avviene dall’alto e l’unico problema diviene come prendere quel potere.

I diritti vengono sempre più logorati anche mettendo sotto attacco gli enti locali e la democrazia di prossimità, senza la quale ogni legame sociale diviene contratto privatistico e la solitudine competitiva l’unico orizzonte individuale. Si sta dimostrando il paradosso per cui, mediante il progressivo svuotamento dei poteri delle assemblee elettive e delle istituzioni democratiche, sono le stesse autorità pubbliche a promuovere la propria dissoluzione, trasformando la propria funzione da garante dei diritti e dell’interesse generale a facilitatore dell’espansione della sfera d’influenza dei grandi interessi finanziari sulla società.

In questo nuovo e grigio quadro la Rete per il Diritto alla Città proseguirà il suo percorso e mobilitazione contro privatizzazioni, sgomberi, sfratti e distacchi. Contro le pericolose derive fasciste e xenofobe che attraversano la città.

Perchè vogliamo riprenderci il nostro futuro e la nostra città.