SPORT

Febbre a 90 – 8a puntata

La rubrica su calcio e dintorni di DinamoPress

2013 calcistico inizia coi botti, o se volete con grandi quantità di carbone per il vertice del campionato, salvo poche eccezioni: la 19sima giornata, ultima del girone di andata e prima nel nuovo anno solare fa registrare ben 4 sconfitte per le prime 6 della classe. Che la Befana non sarebbe stata clemente con le pretendenti al podio del campionato lo si era capito già dal lunch match di Udine, dove l’Inter, dopo aver dominato per buona parte dell’incontro, è crollata di schianto sotto i colpi del solito strepitoso Di Natale, 2 gol in un quarto d’ora intervallati dalla segnatura di Muriel, per un 3-0 che rappresenta la quarta sconfitta esterna consecutiva. Nel pomeriggio poi sono arrivate le sconfitte clamorose di Fiorentina e Jventus che impegnate in casa contro avversarie in lotta per la retrocessione (rispettivamente Pescara e Sampdoria), non sono riuscite a sfruttare il turno favorevole e anzi, hanno visto le loro ospiti raccogliere meritatamente i 3 punti al triplice fischio.

In serata poi è stata la Roma a capitolare nell’unico scontro diretto di giornata, al cospetto di un Napoli reduce da un pessimo finale di 2012, che trova il riscatto con un perentorio 4-1 maturato grazie a una magnifica tripletta di Cavani e al sigillo finale di Maggio. Oltre agli azzurri di Mazzarri ne approfitta la Lazio che, pur sudando oltre il prevedibile, riesce ad avere ragione di un coriaceo Cagliari solo nei minuti finali, grazie a un rigore molto discusso ma dal punto di vista del regolamento ineccepibile.

Siamo al giro di boa, quindi, e la stagione finora sembra voler contraddire in pieno l’adagio per cui impegnarsi a fondo in Europa vuol dire zoppicare in campionato: non è un caso che a comandare, al momento, siano Juventus e Lazio, squadre che sono riuscite a vincere anche il loro raggruppamento nelle rispettive competizioni continentali.

Il Napoli, secondo nel girone di EL e qualificatosi solo grazie a una doppietta di Cavani nei minuti di recupero nello scontro diretto con il Dnipro, è al momento terzo; l’Inter, anch’esso qualificatosi ai sedicesimi di EL al secondo posto, ancora più dietro; il Milan, secondo nel girone di CL, addirittura settimo. Per non parlare dell’Udinese, che dal turno preliminare di CL di agosto si è ritrovata all’ultimo posto nel girone di EL e all’attuale nono in serie A.

Tutte squadre che, chi per un motivo chi per l’altro, hanno snobbato l’impegno europeo per garantirsi il massimo delle forze in campionato e che ora si ritrovano ad inseguire le posizioni che contano, occupate da chi l’Europa non l’ha snobbata per niente.

La sorpresa della prima metà di campionato è sicuramente la Lazio di Petkovic, una squadra che, pur presentando lo stesso 11 titolare dello scorso anno (visti i faticosi inserimenti degli unici due nuovi arrivati nel calciomercato di agosto, Ederson e Ciani e la sostanziale inconsistenza dei cavalli di ritorno Floccari e Zarate), sembra una lontana parente dell’incerta ed anonima pattuglia di Reja (che alla fine pur aveva ben figurato in campionato). Una compagine solida, costruita attorno al suo leader incontrastato Klose, che sta ripagando la fiducia a suon di reti decisive, letteralmente trasformata, tatticamente e mentalmente, e capace di una striscia positiva attualmente arrivata alla bellezza di 8 gare con 6 vittorie e 2 pareggi (11 se si conta anche l’EL, il conto diventa 8 vittorie e 3 pareggi).

Il presidente Lotito si gode la sua creatura, costruita nel rispetto quasi dogmatico dei parametri del fair play finanziario voluti dall’Uefa, un team che attualmente vive in un regime di autofinanziamento e che però sta sconvolgendo i riferimenti del calcio nostrano ed europeo, dimostrando, sempre per dirla alla Lotito, la sostanziale insussistenza del detto “chi più spende più vince”.

Certo, da qui a una vittoria ancora ce ne passa, soprattutto quando mancano ancora 5 mesi allla fine della stagione, ma il vulcanico presidente biancoceleste sembra guardare in grande, sia per quanto riguarda la Lazio (di questi giorni la notizia che il ds biancoceleste Tare starebbe trattando la leggenda inglese Frank Lampard del Chelsea, in rotta col suo club e in cerca di nuovi stimoli che lo portino a chiudere in gloria la sua già incredibile carriera), sia (soprattutto) per quanto riguarda il suo ventilato ed annunciato ingresso in politica (candidato per il senato nelle liste Pdl al collegio di Salerno), voce che si fa sempre più attendibile via via che passano le ore e che ci si avvicina al fatidico election day di fine febbraio.

Una candidatura che, se fosse confermata, potrebbe costituire l’accelerazione finale per il famigerato ddl conosciuto come Legge sugli Stadi, che già da un po’ di tempo circola all’interno delle commissioni del presente (e dimissionario) governo e che da ottobre scorso attende il via libera del senato dopo aver ricevuto quello unanime della Camera, ma che sta trovando parecchi ostacoli da Pd ed Idv che ultimamente hanno denunciato l’estrema permeabilità del provvedimento a infiltrazioni di tipo speculativo.

Un ddl che, così come presentato nelle varie commissioni, non prevede un vincolo specifico per quanto riguarda la cubatura delle opere accessorie (tra cui edifici a scopo abitativo e commerciali), e perciò rappresenterebbe un vero e proprio cavallo di Troia per nuove e ancor più agguerrite aggressioni al territorio, soprattutto quello romano, già ampiamente provato e tartassato negli ultimi decenni, un territorio che vanta oltre 200mila unità abitative invendute e il cui stato non suscita alcuna pietà nelle istituzioni.

Ma il mondo del cemento non si ferma di fronte a nulla e mentre Lotito tenterà di forzare gli attuali vincoli entrando in parlamento e favorendo l’approvazione del ddl, dall’altra parte del Tevere non si sta con le mani in mano: tramite una conferenza stampa congiunta, Unicredit e il fondo americano proprietario di una quota del pacchetto azionario dell’As Roma, hanno annunciato l’inizio dei lavori del nuovo stadio della squadra romana, la cui inaugurazione è prevista nientemeno che per il 2016. Sorgerà in zona Tor di Valle, dove ora è situato l’omonimo ippodromo tempio del trotto italiano, sui terreni dell’imprenditore Parnasi, anch’esso presente alla conferenza stampa e con la benedizione a scopo elettorale del sindaco uscente Alemanno, titoalre di una giunta prossima a scadenza che, come da “migliore” tradizione italiana, sta dando contentini un po’ a destra e (molto meno) a manca, soprattutto agli insoddisfatti, in questo caso i palazzinari.

Le ultime delibere del comune rappresentano un vero e proprio atto di guerra al territorio e alla cittadinanza, con il via libera a 64 nuove urbanizzazioni e al raddoppio dell’aeroporto di Fiumicino, più, come detto il beneplacito per lo stadio dell’As Roma.

Tutta la stampa ha salutato l’annuncio descrivendolo come il secondo esperimento di stadio di proprietà in Italia, dopo quello della Juventus, ma l’attuale situazione, naturalmente, non ha nulla a che vedere con l’esperienza della società bianconera, che annunciò la costruzione dopo che si erano conclusi tutti i passaggi burocratici propedeutici alla posa del primo mattone. Un tipico italianissimo caso di carro messo davanti ai buoi, una fretta che in piena campagna elettorale suona assai strumentale, andiamo a vedere il perché.

L’area dove dovrebbe sorgere lo stadio, infatti, da piano regolatore può ospitare un massimo di 14mila metri cubi, praticamente un’inezia per un progetto che prevede oltre lo stadio da 50mila posti anche palazzi, ristoranti, centri comerciali, parcheggi, rafforzamento della viabilità e tutta una serie di infratrutture che ad una prima stima totalizzerebbero almeno un milione di metri cubi. Inoltre è una zona dichiarata di esondazione, sorgendo su un’ansa del Tevere, ed è situata su un terreno sabbioso che per sostenere il peso di un’opera del genere avrebbe bisogno di mastodontiche operazioni di rafforzamento sotterraneo.

L’affare quindi potrebbe concretizzarsi entro i termini annunciati soltanto tramite robustissime deroghe e forzature alla tutela paesaggistica da ottenere in tempi brevissimi, praticamente a colpi di maggioranza, oppure attendere pazientemente una variazione al prg e relativi esiti delle varie conferenze dei servizi, cosa che però allungherebbe i tempi a dismisura.

Tutte documentazioni e via libera che, per quanto riguarda la Juventus, erano state già ottenute al momento dell’annuncio del nuovo stadio.

C’è poi un altro problema, che è quello delle risorse necessarie alla costruzione dell’impianto. L’As Roma attualmente è una società totalmente controllata dall’Unicredit, una banca che per rientrare della forte esposizione contratta attraverso la precedente presidenza della squadra, la dinastia Sensi, sta cercando di rientrare almeno parzialmente dei debiti rivalutando l’asset in modo da poterla far risultare appetibile e quindi vendibile.

A livello sportivo fino ad oggi la missione è fallita: il progetto Luis Enrique lo scorso anno è naufragato verso la fine della stagione e la Roma, che puntava all’ingresso in CL, l’unica competizione in grado di garantire introiti significativi, non è entrata neanche in El. Quest’anno è iniziato così così e la Roma si è ripresa solo verso la seconda parte del girone di andata, ma la squadra di Zeman sta avendo un rendimento altalenante che al momento la vede sesta in classifica, a 12 punti dal primo posto, a 7 dal secondo e con settima e ottava che la braccano a 2 e 3 punti.

L’ingresso solo parziale del fondo americano, che avrebbe dovuto garantire una maggiore stabilità economica, finora non è servito a molto, e non traggano in inganno i lustrini hollywoodiani ostentati dalla squadra in questo periodo natalizio con la mini tournee in terra americana: il bilancio di giugno 2012 dichiara un profondo rosso che solo un aumento di capitale potrebbe (parzialmente) coprire. E le previsioni per il futuro continuano ad essere negative. Ma l’aumento, benché annunciato, è stato rimandato per la seconda volta a data da destinarsi, proprio pochi giorni fa. Mentre di nuovi impegni finanziari a perdere da parte del fondo americano non si ha notizia.

Per cui la domanda sorge spontanea: chi pagherà il nuovo stadio?

La Roma attualmente è una squadra che, pur vantando uno dei ricavi maggiori in serie A, non è in grado di sostenersi con le proprie forze, le perdite aumentano, i debiti pure e finora sta sopravvivendo grazie all’inconsapevole sforzo delle migliaia di correntisti Unicredit che indirettamente stanno finanziando le gesta di Osvaldo e company.

L’ingresso di Parnasi in questo affare dello stadio è quindi sintomatico: stante l’impasse del progetto sportivo che per il secondo anno consecutivo stenta a decollare, l’unica possibilità di ricapitalizzazione e di valorizzazione del brand As Roma, per gli amministratori di Unicredit, passa per la costruzione del nuovo stadio e si sa che a Roma, quando vengono manovrate le leve giuste, tutto diventa possibile.

L’astro nascente del cemento romano, erede della Sogene di Michele Sindona, potrebbe esser l’ultimo baluardo per la rinascita di una squadra che, bilanci alla mano, ha vissuto gli ultimi anni al di sopra delle sue possibilità, una responsabilità che pesa tutta sulla banca di riferimento, una banca che versa in una situazione preoccupante, soprattutto nell’est europeo e che sta approntando una serie di provvedimenti quali esuberi e dismissioni incompatibili con gli stipendi che nel frattempo garantisce a De Rossi e Totti, un istituto che probabilmente sta tentando l’ultimo rilancio, con questo annuncio della costruzione dello stadio in tre anni e mezzo, urbi et orbi, senza ancora uno straccio di delibera in mano, un annuncio che sa molto di grimaldello mediatico e anche di ultima spiaggia.