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Febbre a 90 – 17a puntata

La rubrica di calcio e dintorni di DinamoPress.

In questa puntata: commento al campionato di serie A, la Juve fugge e dietro c’è chi scende e c’è chi sale. Poi ancora sceicchi che fanno spesa in Inghilterra e calcio e razzismo tra Grecia e Israele.

Mentre la Juventus si avvia a vincere in scioltezza il suo secondo campionato consecutivo, grande è la confusione sotto il cielo per le posizioni sul resto del podio e a ridosso di esso, quelle che assegneranno i posti per le prossime competizioni europee.

Napoli e Milan, attualmente seconda e terza, sfruttano la caduta libera della Lazio e tentano la fuga decisiva in chiave CL, a resistere al momento rimane solo la Fiorentina che dopo un inizio anno altalenante sembra aver trovato il ritmo giusto e si propone come unica seria candidata per diventare terza incomoda.

Dalla lotta per le posizioni che valgono il palcoscenico europeo più importante esce definitivamente la Lazio, che da ormai tre mesi non riesce più ad esprimere quel calcio propositivo e funzionale che a inizio gennaio l’avevano portata solitaria al secondo posto e a soli tre punti dalla Juve.

Complici gli infortuni di alcuni uomini chiave come Klose e Mauri, una campagna acquisti invernale che ha portato a Formello solo comprimari o vecchie glorie cadute da tempo nel dimenticatoio, e soprattutto un calendario massacrante che ha visto la squadra competere su tutti i fronti e superare finora tutti i turni in Europa (in finale di Coppa Italia e ai quarti di Europa League, attualmente è la squadra italiana che ha giocato più partite ufficiali, ben 45) la Lazio di Petkovic ha smarrito in campionato quella brillantezza atletica e quella reattività mentale uniche garanzie per un percorso di continuità nei risultati anche nei momenti meno positivi.

Sei sconfitte in otto partite, un margine di vantaggio rispetto alle inseguitrici letteralmente dilapidato: mentre in Europa League la Lazio può sognare in grande, dopo il sorteggio ostico ma non proibitivo che l’ha accoppiata con i turchi del Fenerbahce e mentre in Coppa Italia attende solo di conoscere il nome della sua avversaria nella finalissima di Roma programmata per fine maggio, in campionato la squadra biancoceleste si è vista superare a breve giro da Napoli, Milan, Fiorentina, mentre la Roma, che circa un mese e mezzo fa era a 10 punti di ritardo, l’ha appena raggiunta, e in corsia di sorpasso ora figura anche il Catania, a soli 2 punti e con il confronto diretto alla prossima giornata.

In casa Lazio non si placano poi le polemiche relative alla squalifica del campo imposta dalla Uefa per il comportamento di alcuni suoi tifosi. Il dato di fatto sostanziale resta il grave danno che subiranno le casse biancocelesti per i mancati introiti da matchday riguardanti ottavi (già disputati) e quarti di finale di Europa League.

Tutto questo in un momento davvero delicato per l’intero panorama calcistico non solo nostrano ma anche continentale.

E mentre alla Roma la vicenda dell’ingresso del sedicente sceicco di Perugia come possibile socio della proprietà americana (che aveva provocato oscillazioni importanti del titolo in borsa, monitorati con la classica superficialità alla Consob, un organismo di garanzia che invece di vigilare a volte sembra voler chiudere un occhio o, come in questo caso, tutti e due), si conclude con un nulla di fatto che ha del surreale (e su cui torneremo in futuro), l'”autentico” sceicco proprietario del Leeds Utd, uno dei sodalizi più importanti d’Inghilterra, ha dichiarato la messa in vendita del club ed il brusco ridimensionamento, fino a cessione ultimata, degli investimenti.

Il Leeds, caduto in disgrazia più di una volta nell’ultimo decennio, con fallimenti e retrocessioni nelle serie minori, stava ricominciando da un paio di anni ad ingranare la marcia giusta, e ciò aveva attirato l’interesse del fondo mediorientale che verso la fine dello scorso anno si era assicurato il controllo del pacchetto di maggioranza delle azioni.

Attualmente è impegnata nella Championship, l’equivalente serie B del campionato inglese e ad inizio stagione veniva indicata come una delle possibili vincitrici del campionato. Il campo però ha dichiarato altro: la squadra, dopo un andamento altalenante, viaggia a metà classifica, abbastanza lontana non solo dai primi due posti che regalano la promozione diretta, ma anche da quelli validi per i play off.

Il mancato raggiungimento dell’obiettivo della promozione in Premier League, ha convinto il fondo mediorentale a uscire allo scoperto ed annunciare il suo ritiro anticipato dopo soli pochi mesi dall’acquisizione del club.

La situazione del Leeds è un campanello d’allarme su ciò che potrebbe accadere nel prossimo futuro al calcio europeo: i capitali esteri che investono nel calcio del continente hanno un’unica ragione plausibile, quella di un ritorno immediato. Laddove le condizioni siano fertili, grandi città, grandi bacini d’utenza, squadre con un certo pedigree nazionale ed internazionale, si hanno i casi di grandi squadre rese immense da capitali esteri, vedasi Parigi (PSG), Manchester (City) o Londra (Chelsea ed Arsenal).

Laddove invece i ricavi non siano automatici ed immediati abbiamo casi come Leeds o Malaga, in cui la proprietà estera molla baracca e burattini anche dopo pochi mesi e lascia quelle realtà a fare i conti con gli interessi delle banche o con i curatori fallimentari.

E’ un sistema che da qualunque parte lo si guardi mostra i pericoli che rappresenta per il calcio europeo, finora leader incontrastato a livello mondiale: come già detto qualche puntata fa, i club sudamericani, brasiliani principalmente, ma anche quelli delle ex repubbliche sovietiche e presto quelli asiatici, dal vicino oriente all’estremo, stanno riducendo il gap tecnico con le potenze europee, tempo una decina di anni i grandi capitali potrebbero spostare le loro mire voraci in questi panorami. E’ la Fifa stessa ad aver tracciato la strada assegnando i prossimi 3 campionati del mondo a Brasile, Qatar e Russia nell’ordine. Non a caso.

Il giorno in cui tutte le grandi risorse su cui si basa il calcio europeo, che nelle sue più affermate realtà vive ben al di sopra delle sue possibilità, dovessero cominciare a guardare altrove, sarebbe la fine, perché non ci sarebbe nessuna squadra tra quellle che oggi lottano per la Champions League e per le vittorie nei rispettivi campionati, in grado di auto sostenersi e di competere decentemente, sopravvivendo ai fallimenti e alle svendite.

Le ultime due notizie del giorno arrivano da Grecia e Israele. In Grecia ha fatto scalpore il gesto con cui l’attaccante dell’Aek Katidis ha festeggiato un suo gol vittoria sotto una porzione di tifosi della squadra gialllonera.

Il braccio teso nell’inconfondibile saluto nazista gli è costato l’allontanamento da tutte le nazionali elleniche ed anche la messa fuori rosa dal club. Uno dei gruppi ultras più forti della compagine di Atene, gli Original21, dichiaratamente antifascisti ed antirazzisti, non ha mancato di far sentire la sua opinione riguardo il fatto del suo centravanti responsabile del gesto:leggi qui.

La dura, legittima condanna senza appello da parte dei tifosi nei confronti del gesto del proprio calciatore, ne richiama un’altra di segno praticamente opposto: stiamo parlando dei tifosi di una delle squadre più popolari di Gerusalemme, il Beitar,

che dopo aver assistito al gol vittoria di una delle sue giovani promesse, tal Sadayev, si sono alzati e hanno abbandonato lo stadio in segno di protesta.

Motivo? Sadayev (nella foto con la maglia del Beitar) è palestinese, il primo giocatore musulmano che abbia mai indossato la casacca di quel club.

Il Beitar come si sarà capito è una squadra molto vicina alle simpatie dell’ebraismo più ortodosso e intollerante, ed ovviamente l’acquisto di un giocatore palestinese aveva creato un polverone di critiche e proteste nei confronti della dirigenza del club. Nessuno però si sarebbe mai potuto aspettare quanto accaduto la scorsa settimana, in cui una parte di tifosi ha dimostrato di avere più odio verso l’etnia di un giocatore che amore nei confronti della propria squadra.

A pochi mesi dall’inizio della fase finale dell’europeo under 21 che la Uefa ha assegnato proprio ad Israele, si fa fatica a non notare le gravi contraddizioni dell’operato della più grande organizzazione calcistica europea, che da un lato squalifica squadre per il comportamento di poche decine di tifosi penalizzando le società e la stragrande maggioranza dei sostenitori di quel club, che con gli esaltati non hanno nulla a che fare, dall’altra, dopo casi del genere e soprattutto dopo le gravi violazioni subite dai giocatori palestinesi, non solo del Beitar, con le detenzioni illegali e i bombardamenti degli impianti sportivi con uccisioni indiscriminate dell’autunno 2012, continua a concedere fiducia alle istituzioni israeliane con la conferma dello svolgimento della manifestazione continentale, quasi a voler premiare, o addirittura incoraggiare l’atteggiamento razzista ai danni della Palestina e delle sue realtà sportive.