ITALIA

Ethan Bonali: «Dietro il ddl Zan una marea di rivendicazioni»

Mentre la discussione sul ddl Zan approdava al senato, ieri si sono svolti presidi e azioni di mailbombing a sostegno della legge che, però, ha davanti a sé una strada ancora molto tortuosa

È iniziata la discussione al Senato sul disegno legge contro l’omobitransfobia in un clima da “battaglia” fra fischi, ostruzionismi e un “alleanza di fatto” fra Matteo Salvini e Matteo Renzi per rimandare la proposta in Commissione. Ethan Bonali, attivista dell’associazione a sostegno e difesa delle persone transessuali Libellula, prova a fare il punto della situazione, avendo ben chiaro che cosa occorrerà mettere in campo in caso di affossamento della legge: «Non possiamo rassegnarci. Siamo pronti a una grande mobilitazione permanente».

Ti aspettavi questi rallentamenti nell’approvazione della legge?

Già si sapeva. Nel momento in cui sono cambiati gli equilibri di governo, era abbastanza chiaro che ci sarebbero state interruzioni, ostacoli, dinamiche politiche di stampo puramente tecnico e strategico. Al contrario, i discorsi di sostanza e di merito sono stati davvero pochi.


Seguendo la discussione di ieri, mi è sembrato che in Parlamento ci fosse davvero un brutto clima, quasi da “bullismo”. È molto probabile che arriveranno a rovinare il disegno legge, svuotandolo dei suoi contenuti più importanti. In tutto questo – a livello di retorica politica – è interessante osservare come la destra stia cercando di intestarsi la battaglia per i diritti. Ma i diritti di chi? Quelli della maggioranza a scapito delle minoranze oppresse.

Occorre dunque mediare affinché il testo passi?

A queste condizioni, mi viene quasi da sperare che il ddl Zan venga affossato. Sono per non cedere ai ricatti. Anzi, penso che la volontà di evitare delle mediazioni corrisponda a una politica più di sostanza, con dei principi forti. Le proposte di modifica avanzate da Italia Viva e Forza Italia sono inaccettabili. Per tacere dell’opposizione alla legge portata avanti da Arcilesbica.


Lo ripeto, c’è un clima davvero minaccioso: il 7 luglio si è svolta una seduta della Commissione Parlamentare per l’Infanzia e l’Adolescenza sulle pratiche della transizione di genere dei soggetti minori d’età in cui erano presenti, fra gli altri, il vicedirettore de “La Verità” Francesco Borgonovo e il presidente dell’Associazione medici cattolici italiani Filippo Maria Boscia e in cui sono state fatte affermazioni davvero transfobiche. C’è un forte attacco nei confronti dei diritti trans, così come c’è – a mio modo di vedere – un arretramento preoccupante sul fronte dei diritti Lgbt in generale.

Da cosa deriva questo arretramento?

Sussistono diversi fattori. Da una parte, va detto che negli ultimi tempi il mondo dell’associazionismo si è un po’ “polverizzato” e solo ora si stanno riallacciando alcuni rapporti e alcune alleanze. È un po’ tardi, chiaramente. Ma, soprattutto, nel ddl Zan vengono trattati temi che non sono, per così dire, nelle corde della popolazione italiana e vengono visti dunque con sospetto.

(foto dalla pagina Facebook di Non Una di Meno-Roma)


Ciò accade anche perché la narrazione sulle soggettività trans e sui membri della comunità Lgbt è davvero brutale, pure da parte dei media mainstream. Le forze politiche stanno “giocando” con questioni e problematiche su cui c’è davvero scarsa consapevolezza: se le sole informazioni che passano sono quelle del “Corriere della Sera” o di “Repubblica”, l’opinione pubblica si ritrova poco preparata e strumentalizzata. Per certi versi, ricorda il clima che precedeva altri importanti referendum in termini di diritti civili.

Anche parte del mondo femminista si è schierata in modo critico verso la legge…

A me sembra che in questo dibattito si sia tentato di colpire senza esclusione di colpi il femminismo intersezionale. E credo ci sia un motivo preciso: il 30 marzo del 2019 a Verona ci fu un’imponente manifestazione per opporsi al Congresso delle Famiglie che si teneva nella cittadina veneta. In quell’occasione fu visibile la compattezza del fronte del femminismo intersezionale con quello delle comunità Lgbt in lotta, nonché il loro potenziale di rappresentatività politica.


Ora, si è voluto andare a colpire proprio questa compattezza, puntando a dividere le due soggettività che avevano dato vita alla contestazione di Verona. Mi pare che ciò sia visibile nei discorsi della stessa presidente di Arcilesbica Cristina Gramolini, che prova sempre a mostrare il transfemminismo come qualcosa di totalmente alieno.

Non pensi che la questione dell’identità di genere sia il vero terreno di scontro?

Sono convinto che, in generale, la parte del disegno legge che più si vuole affossare sia quella relativa alle scuole e all’introduzione di iniziative contro l’omobitransfobia negli istituti di ogni ordine e grado. Ma, per farlo, si è andati a insistere sul concetto di “identità di genere” perché è quello su cui è più semplice ottenere consenso: significa davvero “giocare una palla facile”, sia per la disinformazione e la contro-propaganda messa in atto dai Pro Vita in su questo argomento, sia perché si fa leva sul senso di disorientamento di una popolazione la cui identità inizia a vacillare. Insomma, le problematiche legate alla “società liquida” creano in qualche modo il terreno di coltura perché concetti come quello dell’“identità di genere” possano diventare una sorta di spauracchio.

È una questione che va oltre il ddl Zan, dunque…

La resistenza al ddl Zan nasce perché chi vi si oppone percepisce molto chiaramente come dietro al disegno di legge ci sia tutta una serie di altre istanze e altre rivendicazioni. Anzi, l’importanza della proposta risiede proprio nel fatto che consente di aprire una breccia di riconoscimento per tante realtà e soggettività che normalmente sono invisibilizzate.


Sarebbe il primo passo per avere – come si ripete in presidi e mobilitazioni – «molto più di Zan»: vogliamo un superamento dell’attuale legge sulla transizione di genere, vogliamo una legge di tutela dei diritti sul lavoro come in Argentina, vogliamo che il personale sanitario sia formato per trattare soggetti transessuali, vogliamo che nelle scuole venga insegnata educazione alla sessualità e all’affettività, vogliamo i matrimoni paritari. C’è una marea di istanze che è pronta a emergere e la “prova di forza” a cui stiamo assistendo dentro e fuori il Parlamento nasce dalla volontà di bloccare questa marea.

Tutte le immagini dalla pagina Facebook di Libellula