MONDO

È giusto ribellarsi: le proteste a Penn State contro l’estrema destra

Un gruppo studentesco di un’università in Pennsylvania ha invitato due figure dell’estrema destra al campus. Nonostante il tentativo da parte dell’amministrazione di scoraggiare la partecipazione alla protesta contro i due ospiti, i manifestanti sono riusciti a far cancellare l’evento

Per il 24 ottobre, la Pennsylvania State University aveva concesso lo svolgimento dell’evento “Stand Back and Stand By” con Gavin McInnes e Alex Stein, due figure dell’estrema destra degli Stati Uniti. Gavin McInnes, in particolare, è fondatore dei Proud Boys — un gruppo neofascista che promuove la violenza politica nel paese ed è designato come hate group dal Southern Poverty Law Center.

L’evento, organizzato dal gruppo studentesco “Uncensored America”, richiama il messaggio di incoraggiamento di Donald Trump ai Proud Boys quando invece, in un dibattito, gli era stato chiesto di denunciare i suprematisti bianchi e le milizie.

Nonostante le richieste di cancellazione dell’evento da parte della comunità e altri gruppi studenteschi, come lo Student Committee for Defense and Solidarity (SCDS) l’università ha deciso di andare avanti con l’organizzazione, effettivamente mettendo in pericolo gli studenti e l’intera comunità di Penn State.

Nel giustificare l’evento, l’università ha citato il dovere di sostenere la libertà di parola, nonostante il fatto che nel 2017 l’università non abbia permesso al neonazi Richard Spencer di venire a parlare al campus nell’interesse della sicurezza degli individui a Penn State.

Eric Barron, il presidente dell’università allora, ha scritto: «The First Amendment does not require our University to risk imminent violence» [Il primo emendamento non costringe la nostra Università a rischiare la violenza imminente]. Considerando questo precedente, non è chiaro perché l’università abbia preso una diversa posizione questa volta. Il rischio di violenza a questo evento era molto probabile: per citare solo un esempio dell’ideologia violenta di McInnes, nel 2016, durante il suo programma su Compound Media, McInnes ha detto: «We will kill you. That’s the Proud Boys in a nutshell. We will kill you”» [Vi uccideremo. Ecco i Proud Boys in poche parole. Vi uccideremo]. Oggi, McInnes dice di non far più parte dei Proud Boys, ma questa dichiarazione è dubbiosa.

I giorni precedenti l’evento, l’università ha pubblicato varie dichiarazioni sull’evento e ha promosso eventi alternativi per la comunità. Nel frattempo, la Student Committee for Defense and Solidarity si è preparata per una protesta per la sera del 24, affermando che gli eventi alternativi organizzati da Penn State «channel student energy into outlets that do not truly challenge fascists or hold PSU accountable for what they are doing» [guidano l’energia degli studenti a sfoghi che non sfidano fascisti o ritengono responsabile Penn State University per quello che sta facendo].

Conseguentemente, Damon Sims, il vicepresidente per gli affari studenteschi, ha mandato un’email a tutti gli studenti dell’università in cui ha chiamato gli organizzatori della protesta “provocatori” (parola che l’amministrazione aveva prima usato per McInnes e Stein) e in cui ha implorato gli studenti di non aderire alla protesta organizzata dall’SCDS.

Seguendo questa richiesta, ha scritto che «those who are expert in hate groups tell us time and again that engaging them is the wrong response» [quelli che sono esperti di hate group ci dicono continuamento che affrontarli è la risposta sbagliata], una dichiarazione lontana dalla realtà della storia e da 100 anni di azioni antifasciste.

Anzi, la storia ci mostra che non possiamo permetterci di ignorare i fascisti e i suoi sostenitori. Come ci dice Carlo Rosselli nel suo Socialismo liberale, «Il fascismo è, contro tutte le apparenze, il più passivo risultato della storia italiana. Gigantesco rigurgito di secoli e abbietto fenomeno di adattamento e di rinunzia. Mussolini trionfò per la quasi universale diserzione, attraverso una lunga rete di sapienti compromessi. Solo alcune ristrette minoranze di proletari e di intellettuali ebbero l’ardire di affrontarlo con radicale intransigenza sin dagli inizi».

La sera del 24 l’evento di McInnes e Stein doveva iniziare alle 20. Verso le 17:30, i manifestanti si sono uniti fuori dall’edificio dove si doveva svolgere l’evento. C’erano vari cartelli che criticavano sia McInnes che Stein e anche l’amministrazione dell’università. Gli organizzatori della protesta hanno insegnato diversi slogan ai manifestanti che si sono presentati in centinaia e hanno condiviso due QR Code: uno per acquistare i biglietti gratis all’evento e un altro per richiedere accesso a un gruppo per coordinare le azioni della sera.

Alle 18:30, Stein è sceso dal palazzo dell’evento e si è mischiato alla folla per provocarla e, dopo aver filmato il suo incontro per circa 15 minuti, è tornato dentro l’edificio, ma non prima di aver ricevuto uno sputo da una manifestante.

Quando è arrivato il buio di sera, sono anche arrivate più persone e più polizia, inclusi i poliziotti a cavallo e in tenuta antisommossa. Si potevano sentire slogan mirati alla polizia come «Who do you protect? Who do you serve?» [Chi proteggi? Chi servi?]; «Whose campus? Our campus!» [Di chi è il campus? È nostro!]; e un semplice “Fuck you”, una dichiarazione ripetuta anche da un poliziotto che ha reagito alla folla. 

Quando si invitano individui come Gavin McInnes, si invitano anche membri fuori dalla comunità, compresa la violenza che portano. Sono stati visti vari Proud Boys e altri individui dell’estrema destra alla protesta, incluso un gruppo vestito tutto di nero che brandiva una bomboletta di spray urticante. A un certo punto, uno del gruppo ha usato lo spray sui manifestanti mentre la polizia restava ferma, permettendo a quelli del gruppo di lasciare la protesta senza conseguenze.

I manifestanti e anche i giornalisti che c’erano alla protesta si sono uniti per aiutare quelli che sono stati colpiti dallo spray mentre, ancora, la polizia non ha fatto niente. Nel frattempo, un gruppo di manifestanti si preparava a entrare nell’edificio dove si doveva svolgere l’evento.

Poco tempo dopo l’attacco, però, l’università ha mandato un’allerta alla comunità di Penn State dichiarando la protesta un «unlawful disturbance» [assemblea illegale], minacciando inoltre l’arresto per quelli che rimanevano. A questo punto, molti sono andati via, giustamente per la paura della possibile escalation di violenza da parte della polizia. Conseguentemente, l’università ha mandato un’altra allerta alla comunità e pubblicato una dichiarazione che cancellava l’evento, una notizia che ha suscitato grida di gioia da parte dei manifestanti rimasti.

Il giorno dopo i fatti a Penn State, la presidente dell’università, Neeli Bendapudi, ha pubblicato una dichiarazione in cui ha rimproverato i manifestanti per le loro azioni: «Tonight, Stein and McInnes will celebrate a victory for being canceled, when in actuality, they contributed to the very violence that compromised their ability to speak. Tonight, counter-protestors also will celebrate a victory that they forced the University to cancel this event, when in actuality they have furthered the visibility of the very cause they oppose» [Stasera, Stein e McInnes festeggeranno una vittoria per essere stati cancellati, quando in pratica, hanno contribuito alla stessa violenza che ha compromesso la loro capacità di parlare. Stasera, anche i manifestanti festeggeranno una vittoria che ha costretto l’università a cancellare l’evento, quando in pratica hanno aumentato la visibilità della stessa causa cui si oppongono].

Nel dare la colpa ai manifestanti, Bendapudi si sta difendendo da ogni responsabilità per la violenza portata nel nostro campus da quelli dell’estrema destra. Allo stesso tempo, la sua dichiarazione rivela un’incomprensione fondamentale delle ragioni per cui i neofascisti cercano di parlare nei campus negli Stati Uniti.

A parte i soldi che possono ricevere come onorari (è stato approvato un budget di $7522.43 per pagare gli onorari e i voli di McInnes e Stein), le università danno credibilità e un’aria di intellettualismo alle idee dell’estrema destra, specialmente perché dipingono il fascismo come un’idea da essere esaminata e dibattuta (quando hanno cancellato l’evento, Penn State ha affermato che le proteste hanno impedito «the basic exchange of ideas» [lo scambio elementare di idee]. Ma, come si dice nei cerchi della sinistra, «Con i fascisti non si discute, con ogni mezzo li si combatte!» Ed è quello che sono riusciti a fare i manifestanti del 24 ottobre.

L’evento poteva inoltre essere un momento importante di reclutamento per i Proud Boys e l’estrema destra: ci doveva essere un meet and greet durante l’evento, un’opportunità per i fascisti di aumentare i loro numeri. Inoltre, gli studenti potevano pagare $99 per potere andare a cena con McInnes e Stein. Il coraggio e l’organizzazione dalla parte dei manifestanti ha reso impossibile questo tentativo — una vittoria per la sinistra, nonostante quello che ha detto l’amministrazione di Penn State. Infatti, quando il Washington Post ha chiesto a McInnes se la cancellazione dell’evento è stata una vittoria, lui ha risposto «No. Antifa won this round» [No. Antifa ha vinto questa volta].  

Concludo con un commento sulla dichiarazione pubblicata dall’università con cui hanno cancellato l’evento. Alla fine della dichiarazione, si dice: «The climate in our nation has been polarized for quite some time. On campuses across the country, violence is proliferating and individuals are being intimidated and even harmed. This must stop» [Il clima nella nostra nazione è polarizzata da tanto tempo. Sui campus per tutto il paese, la violenza sta proliferando e gli individui vengono intimidati e anche feriti. Questo deve cessare]. Sono d’accordo.

Mi dispiace che io debba scrivere questo articolo. Mi dispiace che debba esistere l’antifascismo, ideologia che esiste solo perché ci sono individui e gruppi che non credono nei diritti fondamentali di minoranze sociali e che cercano di eliminarle da questa terra. Solo l’antifascismo può fermarli, di certo non la non azione e la tolleranza. Saluto quelli che hanno lottato contro l’odio lunedì, quelli che lottano oggi, e quelli che continueranno a lottare domani.

Foto di copertina di Zach D Roberts (Twitter: @zdroberts)