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Double De Palma

È iniziata venerdì la 35esima edizione del Torino Film Festival, il più importante festival di cinema indipendente italiano, che quest’anno propone una grande retrospettiva sul cinema di uno dei grandi maestri della New Hollywood: Brian De Palma

Al cinema normalmente ci viene detto dove dobbiamo guardare. A questo serve il montaggio: ritagliare dal campo del visivo alcuni oggetti e alcune azioni in modo da investirle di un significato e di un’importanza maggiore delle altre. Se un personaggio guarda in un punto, l’immagine successiva ci dirà che cosa questo personaggio sta guardando e verosimilmente non ce lo farà vedere nascosto in un angolo dell’immagine, ma ben visibile al centro del fotogramma. Così nell’articolazione delle immagini finiremo per essere guidati a dare più importanza ad alcune cose e a tralasciarne delle altre: a metterle cioè in gerarchia. L’immagine non è uno spazio liscio ma ha già al suo interno il principio della sua decodificazione. Se invece giustapponiamo due immagini l’una accanto all’altra – secondo il celebre procedimento dello split screen – questo processo lo mandiamo in crisi. Che cosa dunque dobbiamo guardare quando l’immagine è scissa, è contraddittoria, è dialettica?

Se dovessimo ridurre il cinema di Brian De Palma a un tema e a un procedimento stilistico, sarebbe proprio questo: il doppio o, per meglio dire, la scissione. Lo schermo antagonisticamente diviso in due. Cresciuto negli anni Sessanta newyorkesi, in mezzo ai movimenti contro la guerra (come vediamo noi suoi primissimi Ciao America! e Hi Mom!, sessantottini e vagamente godardiani) il regista del New Jersey fu già dai suoi primi film uno degli esponenti più importanti di quella stagione d’oro del cinema americano che viene chiamata New Hollywood, quando la produzione industriale e serializzata degli studios, già in crisi da un decennio, venne soppiantata per una manciata di anni da un manipolo di autori e da opere a budget ridotti ma con grandi velleità creative. Erano gli anni di Sam Peckinpah, Peter Bogdanovich, Hal Ashby, Sydney Lumet, Michael Cimino, Bob Rafelson, Monte Hellman, William Friedkin ma soprattutto di Martin Scorsese, George Lucas, Francis Ford Coppola, Steven Spielberg e appunto Brian De Palma. Erano cioè gli anni dove persino a Hollywood, così come stava avvenendo nella società americana nel suo complesso, si videro delle crepe negli apparati di produzione ideologica di massa. Il cinema fece da capofila a un percorso di “demistificazione” di quella mitologia dell’individualismo proprietario e borghese che aveva alimentato fino a qual punto (non senza mille contraddizioni e contro narrazioni). Quello che insomma non fecero la guerra del Vietnam (gli Usa come potenza di occupazione), lo scandalo Watergate (gli Usa come cospiratore contro i suoi stessi cittadini) e il movimento dei diritti civili (gli Usa come stato razzista) lo fecero i film di Sam Peckinpah, di Michael Cimino, di Martin Scorsese e di mille altri, che mostrarono l’altra faccia denegata della narrazione pacificatrice e conciliante dell’American Dream. Se il cinema classico aveva costruito il mito (ma appunto, non senza mille contraddizioni), la New Hollywood mostrò come dietro a esso ci fossero solo violenza, arbitrio, perversioni.

Erano cioè gli anni dove persino a Hollywood, così come stava avvenendo nella società americana nel suo complesso, si videro delle crepe negli apparati di produzione ideologica di massa. Il cinema fece da capofila a un percorso di “demistificazione” di quella mitologia dell’individualismo proprietario e borghese che aveva alimentato fino a qual punto (non senza mille contraddizioni e contro narrazioni)

Brian De Palma colse immediatamente quest’atmosfera nel suo cinema e, più che con i suoi primi film un po’ maldestramente politicizzati, lo fece quando trovò il genere a lui più congeniale, cioè il thriller. Le due sorelle, Complesso di colpa, Carrie Lo sguardo di Satana, Vestito per uccidere, Omicidio a luci rosse e mille altri che mostrano un universo non solo scisso ma dove le due metà non stanno mai insieme e dove, dietro a ogni superficie pacificante, vi è una dimensione pulsionale e violenta. Più che il cinema europeo delle nouvelle vague saranno allora i costanti e quasi ossessivi richiami all’universo di Hitchcock a segnare il suo cinema: espliciti gli omaggi a La donna che visse due volte (in Complesso di colpa), a Psycho (in Le due sorelle), a La finestra sul cortile (in Omicidio a luci rosse), ma in generale Hitchcock sarà molto più di un punto di riferimento: un vero e proprio alfabeto visivo presente nel tessuto stesso delle sue immagini e nella forma del suo sguardo.

Perché De Palma è anche il regista che più degli altri suoi colleghi della New Hollywood anticiperà l’estetica “meta” degli anni Ottanta, quello dove il mondo è già completamente consapevole di essere parte di un universo già cinematografico e già popolato da icone, da segni che portano ad altri segni: un cinema insomma fatto di immagini che si riferiscono ad altri immagini, dove il riferimento alla psicoanalisi non è implicito – come in Hitchcock – ma in qualche modo già dato in pasto allo spettatore da subito, attraverso quella tipica tendenza depalmiana all’eccesso, allo shock, al parossismo, alla violenza sopra la righe, all’abuso di sangue e di riferimenti sessuali. E così la scena delle mestruazioni di Carrie – Lo sguardo di Satana, il transessualismo di Vestito per uccidere, le gemelle siamesi de Le due sorelle saranno tutte parti di un universo simbolico dello shock che diventeranno quasi un marchio di fabbrica e gli procureranno costanti accuse di godere della violenza e di volgarità, ma che non faranno altro che contribuire al suo mito. Anche perché il suo cinema è proprio nel mettere a tema la forma del godimento pulsionale che trova la sua cifra.

Ma anche negli anni Ottanta “all’alba di un’epoca poco disposta a riconoscere di sé i lati oscuri, convinta che di oscurità l’America ne abbia vista fin troppa” (Pier Maria Bocchi) De Palma prende di petto l’edonismo reaganiano con Vestito per uccidere e poi con quell’icona imprescindibile dell’immaginario contemporaneo che è divenuto il suo Scarface, quintessenza del gangster movie contemporaneo, con la Chicago immortalata da Howard Hawks negli anni Trenta che lascia il posto alla Miami dell’America post-industriale e finanziaria, dove la mafia non è nell’oscurità, ma è dipinta con i colori pastello, alla luce del sole, vestita di bianco, segno di un mondo dove il crimine non è nei margini ma al centro della scena, in assoluta visibilità.

De Palma avrà mille e più vite, regista di film di blockbuster mainstream come Mission: Impossible o di grandi gangster movie come The Untouchables – Gli intoccabili o Carlito’s Way, ma anche di insuperati film di guerra come Vittime di guerra o Redacted (il più importante e radicale film sulla guerra in Iraq di George W. Bush) fino ad un coda della sua carriera che ha visto il ritorno a thriller a basso budget, come gli splendidi e sottovalutatissimi Femme Fatale, Black Dahlia e Passion, spesso girati in Europa e al di fuori della grandi major. Il Torino Film Festival gli dedicherà in questi giorni una grande retrospettiva con l’intera sua filmografia, che sarà un’occasione davvero unica per rivedere tutti i suoi film uno in fila all’altro. Rimandiamo qui di seguito a uno speciale che negli ultimi due mesi la rivista di critica cinematografica Cineforum, con la quale DINAMO press ha già collaborato in passato, ha dedicato a Brian De Palma chiedendo a diversi critici cinematografici di celebrare con un breve testo un film del regista del New Jersey e coprendo in questo modo l’intera sua filmografia. Quello che ne è venuto fuori è una piccola “guida” che servirà per orientarsi tra le proiezioni dei prossimi giorni a Torino.

Murder à la Mod (1968)

Ciao America! (Greetings) (1968)

Oggi sposi (The Wedding Party) (1969)

Dionisio nel ’69 (Dionysus) (1970)

Hi, Mom! (1970)

Conosci il tuo coniglio (Get to Know Your Rabbit) (1972)

Le due sorelle (Sisters) (1973)

Il fantasma del palcoscenico (Phantom of the Paradise) (1974)

Obsession – Complesso di colpa (Obsession) (1976)

Carrie – Lo sguardo di Satana (Carrie) (1976)

Fury (The Fury) (1978)

Home Movies – Vizietti familiari (Home Movies) (1980)

Vestito per uccidere (Dressed to Kill) (1980)

Blow Out (1981)

Scarface (1983)

Omicidio a luci rosse (Body Double) (1984)

Cadaveri e compari (Wise Guys) (1986)

The Untouchables – Gli intoccabili (The Untouchables) (1987)

Vittime di guerra (Casualties of War) (1989)

Il falò delle vanità (The Bonfire of the Vanities) (1990)

Doppia personalità (Raising Cain) (1992)

Carlito’s Way (1993)

Mission: Impossible (1996)

Omicidio in diretta (Snake Eyes) (1998)

Mission to Mars (2000)

Femme fatale (2002)

Black Dahlia (2006)

Redacted (2007)

Passion (2012)