ROMA

Lorenzo Boffa

Dhuumcatu, sgomberata la “stella cometa” bengalese a Tor Pignattara

Da oltre un mese l* attivist* di Torpignattara si mobilitano a sostegno dell’associazione Dhuumcatu dopo lo sfratto del 10 maggio. Una cronaca del sit-in sotto il V Municipio di Roma

Nella mattinata di mercoledì 28 giugno, decine di cittadine e cittadini hanno partecipato a un presidio davanti alla sede del V Municipio in solidarietà con l’associazione Dhuumcatu, per denunciare la mancanza di una sede e di risposte dalle istituzioni, dopo 48 giorni dallo sfratto subito.

Dhuumcatu, che in bengalese significa “stella cometa”, è da 30 anni un punto di riferimento per la comunità bengalese, che nel V Municipio conta quasi 10.000 abitanti.

In questi anni, l’associazione ha supportato, anche burocraticamente, il percorso di immigrati, non solo bangladesi, e fornito spazi di aggregazione e assemblea a diversi comitati o associazioni, sia di stranieri che di italiani.

La mattina del 10 maggio, però, oltre 100 agenti, scortati da tre camionette antisommossa, hanno sfrattato, senza alcun preavviso, l’associazione su mandato di Prelios, la società finanziaria incaricata da BNL-Banca Nazionale del Lavoro di riscuotere il credito per quell’immobile.

Lo sgombero è infatti avvenuto, nonostante Dhuumcatu pagasse un regolare affitto, poiché il proprietario era moroso nei confronti della banca, che ha dunque richiesto il pignoramento.

Durante il sit-in si sono susseguiti diversi interventi che sottolineano l’incoerenza delle istituzioni che, pur riconoscendo a parole il valore sociale di questa associazione per gli abitanti del quartiere, si mostra restia ad aiutarla nel trovare un nuovo spazio.

«Non siamo un Caf, come forse pensa il presidente Caliste», sottolinea Nure Alam Siddique, che tutti conoscono come Bachcu.

«Quando le persone nella comunità hanno un problema spesso chiamano noi prima degli assistenti sociali. Interveniamo anche in situazioni che altrimenti porterebbero rabbia sociale», aggiunge e racconta alcuni casi: un ragazzo che a 18 anni aveva scoperto di non avere diritto alla cittadinanza, una famiglia in difficoltà che deve seppellire un defunto, casi di problemi coniugali o coi figli.

«Siamo fondamentali perché la nostra attività si basa su una vicinanza e una conoscenza della comunità che le istituzioni non possono avere» – spiega. Nella vecchia sede di via Capua 4, ora murata, c’era anche uno sportello di supporto psicologico per le donne che subiscono violenza.

Si svolgevano attività ludiche e didattiche per bambini e bambine, come la scuola coranica, e il comitato femminile, oltre a organizzare eventi e raccolte solidali, gestiva una scuola di italiano per donne. Inoltre, la moschea con cui l’associazione condivideva lo spazio e che in diversi casi aveva prestato i propri spazi per la cura delle persone senza tetto della zona.

In questo momento, alcune delle attività di Dhuumcatu proseguono, “ospitate” dall’associazione Ital-Bangla in via Francesco Baracca 33, a Tor Pignattara.

Sullo striscione rosso appeso davanti al palazzo del Municipio in via di Torre Annunziata c’è scritto «ci fanno la guerra e la chiamano legalità, vogliamo uno spazio di solidarietà» e diversi interventi sottolineano proprio l’escalation di tensione innescata dal perpetuarsi della situazione.

Dopo lo sgombero, infatti, erano state riorganizzate alcune attività in un giardino in concessione su via Prenestina, che ha misteriosamente preso fuoco a seguito di un diverbio con un individuo che, riferisce Bachcu, invitava i presenti ad andarsene, minacciando di chiamare la polizia.

Anche lo spazio nell’ex sala consiliare di via Marranella, inizialmente concesso all’associazione per alcuni giorni, è stato revocato prima del termine, a seguito di un intervento diretto del presidente del municipio stesso.

Da ultimo, l’allarme bomba del 20 giugno per una bombola del gas legata a una bicicletta parcheggiata a via Capua 4: durante l’intervento delle forze dell’ordine, la palazzina è stata evacuata e i residenti identificati.

A questo proposito Giulia, attivista solidale con Dhuumcatu durante il suo intervento denuncia che il Municipio, astenendosi dall’intervenire, contribuirebbe ad aumentare il clima di tensione e paura: «Se dovesse succedere qualcosa all’incolumità degli abitanti del quartiere, episodi di razzismo, sapremo chi è responsabile. Gli spazi comuni servono alle cittadine e ai cittadini per risolvere i propri problemi in collettività, per confrontarsi, organizzarsi. Se lasci le persone da sole coi loro problemi, con la polizia come unico referente, diventano aggressive, se la prendono coi propri vicini e con chi percepiscono diverso».

Dati questi pregressi, l’associazione fatica a trovare qualcuno disposto a concedergli uno spazio in affitto, e chiede per questo che il Municipio “ci metta la faccia”: concedendogliene uno in disuso o quantomeno facendo da garante coi proprietari.

Il presidente del V Municipio, Alberto Caliste, ha fatto sapere in una nota di aver già fatto quanto possibile, ospitando inizialmente un tavolo d’incontro fra Prelios e Dhuumcatu: «Ma quando loro hanno rifiutato la nostra proposta di acquisto in rate, lui non ha detto assolutamente nulla», denuncia Bachcu.

Eppure in passato Dhuumcatu ha collaborato direttamente con alcune istituzioni della città, dall’ASL, per effettuare tamponi durante l’emergenza covid, all’università, supportando progetti di ricerca sociologica sulla comunità bengalese e accogliendo tirocinanti dell’Università La Sapienza. «Addirittura 3 anni fa abbiamo lavorato gratis dentro al quinto municipio per un anno intero facendo mediazione», sottolinea Bachcu.

Negli ultimi 25 anni, le attività di Dhuumcatu si sono gradualmente spostate dalla prima sede di Piazza Vittorio, al Pigneto, fino a Tor Pignattara, seguendo il graduale spostamento della comunità bengalese e di altre comunità di lavoratori stranieri e italiani, dovuto all’avanzamento del processo di gentrificazione verso Roma Est.

In quest’ottica, la rottura dei vincoli sociali custoditi da associazioni di questo tipo faciliterebbe la sostituzione degli abitanti sgraditi e delle loro attività con altre più affini a progetti di quartieri riqualificati sempre più simili a “parchi tematici”.

Il timore di attiviste e attivisti è che l’immobilismo delle istituzioni nel caso di Dhuumcatu tradisca una certa connivenza con la nuova fase di questo processo che coinvolge anche Tor Pignattara.

Tutte le immagini di Lorenzo Boffa