EUROPA

Considerazioni (personali) dopo l’assassinio di Chokri Belaid

“Preferisco trasmettere delle sensazioni a caldo, immaginando di trovarmi anche io un’altra volta nelle strade di Tunisi o Il Cairo”.

Avevo iniziato a scrivere un articolo sull’Egitto, per cercare di tirar fuori qualche filo conduttore dal bandolo della matassa che si è aggrovigliata in questi ultimi due anni dalla rivolta egiziana fino a queste due ultime settimane di violenza estrema. Dove il bollettino dei morti aumenta di giorno in giorno e le manifestazioni si susseguono in tutto il paese. Poi ho visto questa mattina la notizia dell’assassinio di Chokri Belaid, leader del Front de Gauche tunisino. Un partito di opposizione formatosi dopo la rivoluzione dall’unione di differenti partiti. La nuova sinistra tunisina, la prima della Storia. Una tappa molto importante.

Vorrei comunicarvi tutte le notizie che mi arrivano dai miei amici che si trovano adesso in Egitto o in Tunisia, attivisti o non, “del posto” o non, ma preferisco trasmettere delle sensazioni a caldo, immaginando di trovarmi anche io un’altra volta nelle strade di Tunisi o del Il Cairo.

Per quanto provi a comprendere e studiare, mettendo insieme le mie esperienze di studio, quelle professionali e personali, poi la realtà ti arriva diretta colpendoti al centro, e ti lascia senza possibilità di pensare, muoverti, quasi respirare. Per quanto detesti facili sentimentalismi, eccessivi slanci di passione e coinvolgimenti personali che poi si sa, rendono miopi e di parte io, oggi, mi sento vuota, triste e arrabbiata. Autistica verso chi abbia una posizione diversa dalla mia. Quindi rimando le analisi ad un altro momento.

Quello che sta succedendo in entrambi i paesi non è una novità: la violenza, il controllo, il coprifuoco, il caos, lo stato di emergenza, ci ono da già due anni. E non perchè le “primavere arabe” (termine che detesto al quale già qualcuno vuole far susseguire un “inverno islamista”, mi chiedo di chi sarà l’autunno) sono fallite, ma perchè questi nuovi governi di transizione democratica sono solo un rimpasto delle vecchie alleanze e strategie di potere, con qualcuna nuova venuta fuori dopo la rivoluzione. Per farla molto (troppo) semplice: nei precedenti regimi di Mubarack e Ben Ali l’idea era quella di uno stato di impronta religiosa islamica ma “moderno e moderato”, e le frange islamiche radicali erano perseguitate e messe in prigione. Ennahda e i Fratelli Musulmani sono partiti con una forte connotazione religiosa, nati in opposizione al regime, che si sono ripuliti la faccia dicendo “che durante la rivoluzione loro c’erano”, si sono comprati i voti e poi si sono alleati con i loro vecchi compagni molto più radicali (quelli con la barba, sostenuti e finanziati dall’Arabia Saudita, il petrolio etc etc). Ed hanno iniziato a scendere a patti, forse un po’ troppo visto che la situazione gli è sfuggita di mano. Finalmente dopo più di un anno è chiaro a quasi tutti (spero), che questi due governi reprimono, arrestano, controllano, uccidono e vogliono instaurare un nuovo “regime islamico”. La costituzione non l’hanno fatta, la crisi prima non c’era (i dati relativi al PIL di Egitto e Tunisia negli anni dal 2000 al 2010 erano in aumento, seppur la soglia di povertà è molto alta) adesso mancano i rifornimenti del gas, gli stipendi di molti lavoratori pubblici sono bloccati da due anni, la criminalità è dilagata e la disoccupazione è aumentata. Le correnti islamiche radicali sono tornate, pretendono la loro parte di potere e in modo molto violento Si sono dovuti aspettare quasi cento morti in Egitto e un morto molto importante in Tunisia. Leggo ora su Al-Jazeera che fonti ufficiali riferiscono che il primo ministro tunisino Hamadi Jebali scioglierà il governo e ne formerà uno nuovo di tecnocrati.. nella più rosea delle previsioni si sta andando verso un nuovo periodo di instabilità politica ed un nuovo cambio di governo. Ma ho paura che dal palazzo non vogliano mollare facilmente la presa, almeno questo dimostrano le violenze delle polizia contro i manifestanti scesi in piazza oggi.

La rabbia è tanta, perchè la popolazione egiziana e tunisina lo grida da due anni! Chi ha vissuto, manifestato, seguito o partecipato alle rivoluzioni in Tunisia ed Egitto lo sa. Mandare via un dittatore non vuol dire cambiare il proprio paese. Se prima c’era qualche dubbio, adesso le prove sono lì evidenti per tutti. Il cambiamento che è in atto nel “mediterraneo arabo” è affascinante. Ed è triste e doloroso proprio perchè reale. Nella confusione che regna nei piani alti del governo, negli accordi internazionali di potere che si creeranno per un nuovo assetto geopolitico dell’Oriente arabo, nella brutalità della guerra in Siria, la sordità di Israele, gli occhi dolci dell’Iran, l’America che valuta cosa le può convenire, il popolo tunisino ed egiziano stanno impedendo ed ostacolando questi processi. E subiscono soprusi, violenze, torture. E’ inconcepibile pagare la propria libertà di dissenso e di parola con la morte. Chokri Belaid era tutto questo ed oggi è stato ucciso da tre colpi di pistola davanti casa sua. E’ una giornata triste, in cui i problemi sono di nuovo davanti gli occhi di tutti, e i giorni a seguire lo saranno ancora di più se il governo non cederà tutto quello che deve e il dolore della popolazione lascerà il posto alla rabbia. Io non sono tunisina, ma non significa niente. Quella piazza e il vivere in un paese dove ogni giorno devi lottare per ottenere tanti dei diritti che noi consideriamo dovuti, quello alla libera circolazione, al manifestare, al bere e a baciarsi in strada ha cambiato il mio punto di vista. Non posso non essere più radicale quando mi viene impedito il mio diritto a vivere degnamente. Non c’è sempre possibilità di scelta quando la realtà ti scacchia contro il suolo forte come una pietra. E la battaglia diventa da politica a tremendamente umana.

Informatevi, diffondete le notizie… solidarietà al popolo tunisino! Un interessante articolo sul dibattito della violenza post-rivoluzionaria in Tunisia http://nawaat.org/portail/2013/02/06/la-violence-politique-dans-la-tunisie-postrevolutionnaire-vers-ou/