EUROPA

«Collaborazioni oltre confine per aiutare i migranti». Chi si attiva in Lituania

Sienos Grupé è un collettivo attivo alla frontiera con la Bielorussia che prova ad affrontare la crisi umanitaria in corso. Li abbiamo intervistati per capire meglio il contesto in cui operano e il clima generale che si respira nel paese

Hanno iniziato in una manciata di persone ma in poco tempo sono cresciuti. Sienos Grupé è un collettivo attivo nell’assistenza dei gruppi di migranti che oltrepassano in questi mesi la frontiera con la Bielorussia in cerca di sicurezza e di una vita al riparo delle violenze. Devono fare i conti, così come è successo in Polonia, con lo stato di emergenza e con una società che è sostanzialmente indifferente quando non apertamente ostile alle sorti di chi passa il confine. Abbiamo intervistato un attivista. 

Com’è al momento la situazione in Lituania?

Per prima cosa forse è bene dire che la mia prospettiva è limitata, visto che sono attivo con Sienos Grupé da poco tempo. Per quanto riguarda la Lituania, va detto che a giugno – nel momento in cui è iniziata la crisi – c’è stata una sessione parlamentare in cui si è deciso quali misure intraprendere e fin da quel momento è stato chiaro che si sarebbe trattato di misure contro le persone migranti. Già in quello stesso mese si è iniziato a parlare di un “contesto di guerra ibrida” e si è iniziato a etichettare chi oltrepassava la frontiera come un “clandestino” o comunque come qualcuno che si stava muovendo illegalmente. Questo è stato il tono del discorso ufficiale.

Ecco che, dopo poco, la polizia di frontiera ha iniziato a operare respingimenti illegali, nonostante ancora non sussistesse alcuna base giuridica che glielo consentisse. A ogni modo, qualche migliaio di persone durante l’estate sono riuscite a passare il confine. A quel punto, sulla scorta di un’ordinanza ministeriale, i respingimenti sono stati legalizzati e sono diventati una prassi ufficiale. Poi, con l’inverno e con il generale peggioramento delle condizioni dei e delle migranti e dunque con una crescita della tensione al confine, è stato dichiarato lo stato d’emergenza. Ciò significa che se un cittadino lituano o una cittadina lituana si trovano fisicamente a meno di dieci chilometri di distanza dal confine possono senza una “ragione appropriata” essere multati. A noi è successo per l’appunto qualche giorno fa. 

Ci puoi raccontare cosa è avvenuto in questo caso?

Una persona in difficoltà nei pressi del confine ha chiamato noi invece di chiamare l’ambulanza. Probabilmente era consapevole di ciò che sarebbe potuto accadere nell’altro caso: stando alle procedure vigenti, infatti, è perfettamente legittimo che ti curino per poi respingerti indietro. Dunque siamo stati fermati nel corso di questa operazione dalla polizia di frontiera (che risponde in Lituania al ministro dell’interno). 

È interessante riportare ciò che abbiamo osservato al momento del fermo: nella stazione della polizia di frontiera, abbiamo notato anche uniformi di Frontex e uniformi della Rifleman association. La Rifleman Association è parecchio conosciuta in Lituania e ha fama di essere una vecchia associazione anti-sovietica. Ovviamente si tratta della mia parziale esperienza, ma questo mi fa pensare che ci sia un certo appoggio extra-istituzionale all’attività della polizia di frontiera. Ufficialmente, invece, dovrebbero essere operativi solo loro. 

In generale, come opera Sienos Grupé? 

Diciamo che per quanto riguarda la fase iniziale ci si è ispirati molto al collettivo di Ong polacche Grupa Granica. Ciò che abbiamo attivato sin da subito sono due linee telefoniche d’emergenza operative 24 ore su 24 a cui si associano almeno due persone sempre pronte a recarsi sul posto nel momento in cui si riceve una richiesta d’aiuto. Abbiamo iniziato in agosto, in maniera molto informale, ma siamo riusciti a crescere anche grazie a una raccolta fondi dal basso nei mesi di settembre e ottobre che ci ha permesso di acquistare materiale. 

In pratica, alcuni volontari e alcune volontarie hanno disseminato il nostro numero nei luoghi comunemente attraversati dalle persone migranti. Altre magari lo ricevono da altre persone ancora. Quando riceviamo una richiesta d’aiuto ci rechiamo sul posto e consegniamo ogni oggetto che può essere utile alla sopravvivenza – vestiti, tende, sacchi a pelo, strumenti che possono servire a produrre fuoco o calore, a cucinare, insomma a stare in relativa sicurezza – ed è quanto sinora ci è concesso fare legalmente. 

(dalla pagina Facebook di Sienos Grupé)

Siete attivi solo in territorio lituano?

Prima che venisse introdotto lo stato di emergenza, più o meno le cose stavano in questi termine: anche nel caso tu avessi passato il confine, avresti dovuto comunque percorrere 10 chilometri dentro il territorio nazionale prima di poter regolarmente presentare richiesta d’asilo. Non è poco. Al momento, con lo stato d’emergenza, queste regole ufficiali sono diventate particolarmente fumose: sembrerebbe che la polizia possa respingerti dovunque, e in effetti sappiamo che alcune persone sono state rimandate indietro addirittura dalla zona di Vilnius che si trova ad almeno 45 chilometri dal confine. 

Insomma, al momento vige una grossa confusione dal punto di vista legale anche rispetto alla nostra attività. Al di là della consegna di materiale, non possiamo aiutare una persona con la sua richiesta d’asilo prima che sia dentro 10 chilometri dal confine. Ma c’è una sorta di “zona grigia”: è stata aperta la possibilità di far partire, non appena si è varcata la frontiera, una procedura ad interim per la domanda di protezione temporanea presso la Corte Europea dei Diritti Umani che consente alle persone di non subire respingimenti fino al momento in cui riuscirà a presentare domanda ufficiale d’asilo. Detto questo, al di fuori del territorio lituano per noi la situazione è impossibile attivarci: ciò che possiamo fare è restare in contatto con persone che sono operative lì.

Quindi esistono forme di collaborazione con altri gruppi oltre la frontiera?

Sì, siamo costantemente in contatto con persone attive in Polonia o in Bielorussia. In quest’ultimo caso ovviamente il tutto avviene nella maniera più anonima possibile: non conosciamo nomi reali, ci scambiamo messaggi istantanei, ecc. Ogni qual volta si verifica un respingimento ne diamo informazione oltre confine e spesso i gruppi in Bielorussia sono capaci di intercettare le persone, organizzare un nuovo trasporto alla frontiera, ospitarle in qualche appartamento, ecc. 

Invece, in Lituania, ci sono altri collettivi?

Sì, c’è un gruppo di persone che vuole far del “bene” per il proprio paese e, dopo aver aiutato le persone migranti dando loro qualcosa, chiama la polizia. Si fottano. 

Immagine di copertina da commons.wikimedia.org