ITALIA

Brescia dice a gran voce: «Basta veleni!»

Più di 15 mila persone protestano nella città maglia nera per la qualità dell’aria dove i tumori, in controtendenza rispetto al dato nazionale, continuano ad aumentare

Oltre 15 mila cittadini sono scese in piazza a Brescia per partecipare alla marcia “Basta veleni”. La manifestazione di domenica scorsa, 27 ottobre, arriva a tre anni alla precedente, risalente al 2016. I motivi per rifarla c’erano ancora tutti: dal disastro della Caffaro, alle discariche disseminate in tutto il territorio fino alle scorie radioattive ferme in otto siti bresciani. Brescia oggi è maglia nera per la qualità dell’aria ed è anche presente un pesante inquinamento sia della falda che delle acque superficiali.

Basta Veleni, il tavolo di coordinamento provinciale per la salvaguardia ambientale, sottolinea come nel Bresciano l’incidenza dei tumori maligni sia in aumento, al contrario di quanto invece accade nel resto d’Italia.

Lo slogan scelto e scandito a ripetizione è stato #iononfacciofintadiniente. «L’ambiente di Brescia e della sua provincia è pesantemente compromesso e le conseguenze ricadono su tutte le persone che ci vivono», dicono i promotori.

La marcia ha attraversato il centro cittadino da piazzale Arnaldo fino a piazza Paolo VI e ha visto la partecipazione di molti comitati locali provenienti da tutta la provincia ma anche del coordinamento No Tav Brescia-Verona, della rete femminista Non una di meno e dei Fridays For Future.

A gran voce si chiede alle istituzioni una moratoria che blocchi tutte le discariche e gli impianti impattanti, una maggiore attenzione alle tematiche legate alla salute e all’ambiente, l’avvio di un piano di monitoraggio e di mappatura delle criticità ambientali e un piano generale di bonifica per tutto il territorio inquinato.

Quando a Brsecia si parla di inquinamento non si può che partire dallo stabilimento Caffaro, una delle più antiche fabbriche chimiche d’ Italia, a soli 2 chilometri dalla centrale Piazza della Loggia.

È di qualche giorno fa la notizia di una chiusura forzata (molto probabilmente parziale e provvisoria) della sua attività. Il motivo è sempre lo stesso: cromo esavalente con una concentrazione rilevata nell’acqua quasi 10 volte oltre il limite. Il cromo esavalente è uno dei più pericolosi contaminanti ambientali.

Lo stabilimento dagli anni 30 in avanti ha riversato nel terreno le acque reflue contenenti gli scarti della lavorazione del cloro contaminando le falde idriche con diossine, Pcb e solventi.

Nonostante dal 2002 rientri tra i siti di interesse nazionale per la bonifica, quest’operazione pare ferma o comunque molto lenta, a differenza invece degli inquinanti che sono ormai entrati nella catena alimentare attraverso il bestiame, il latte e i prodotti della campagna. Fino agli anni 80 lo stabilimento ha prodotto i Pcb (policlorobifenili) un composto brevettato dalla Monsanto che già agli inizi degli anni 70 il Giappone aveva messo al bando.

Per decenni sono stati riversati i reflui nel terreno, senza controlli alcuni e nonostante già una letteratura scientifica riportava i pcb come pericolosi per la salute e l’ambiente. Oggi nei parchi e nei giardini comunali a sud della città una apposita segnaletica proibisce di giocare con la terra o di raccogliere fiori.

Il problema è che, nonostante non siano più prodotti, i veleni continuano a viaggiare in quanto classificati come “inquinanti persistenti”, non biodegradabili e non facilmente infiammabili. Sarà per questo che nel sangue della popolazione bresciana sono stati riscontrati livelli di tossicità tra i più alti osservati a livello internazionale e solo una bonifica seria può essere risolutiva e arginare tutto questo.

Purtroppo la Caffaro, nonostante sia la principale causa di inquinamento di questo territorio, non è la sola. Si tenga conto che lungo il fiume Mella è un susseguirsi di fabbriche e stabilimenti industriali e sono noti e ripetuti i casi di morie di pesci e colorazioni anomale dell’acqua. L’ultimo solo qualche mese fa.

Come se non bastasse, a pochi chilometri da qui, nel Comune di Montichiari, sono presenti un numero spropositato di discariche, la più alta concentrazione d’Europa di rifiuti industriali che ha trasformato quello dei rifiuti in un nuovo business della provincia bresciana.

E quando c’è il profitto, e di mezzo anche l’ambiente, spesso a farne le spese è sempre quest’ultimo. La regola, salvo rare eccezioni, è sempre quella: il privato fa i profitti, il pubblico si accolla le spese. L’azienda Caffaro che ha provocato il disastro, infatti, è in procedura fallimentare ed è stata dichiarata insolvente. Allo Stato tocca necessariamente intervenire per tutelare salute e ambiente.

Grazie all’attivismo di cittadini e comitati, qualcosa si muove, soprattutto cresce la consapevolezza e con questa la pressione esercitata sugli enti che oggi hanno il dovere di intervenire. La giornata di protesta è stato un bell’esempio di partecipazione, un momento di consapevolezza e un invito rivolto a tutti a non fare finta di niente.

Un grande pezzo di cittadinanza, di giovani, adulti e bambini, che scuote le coscienze ed esorta ad andare avanti, a schiena dritta, in difesa di ambiente, territorio e salute. In difesa del futuro.