ITALIA

Anpal servizi, lettera aperta alla comunità professionale

La lettera di chiarimento delle Clap alla comunità professionale di Anpal Servizi per fugare ogni dubbio in merito alla Legge 128/2019 (articolo 4), pensata per superare una volta per tutte l’insopportabile piaga dei «precari che ricollocano disoccupati»

Care/i colleghe/i,

stavolta non ci addentreremo nell’interpretazione della norma – la Legge 128/2019 – che spalanca le porte alla stabilizzazioni dei 654 operatori precari di ANPAL Servizi S.p.A. I dubbi in merito riteniamo siano stati fugati, sia dalle nostre precedenti comunicazioni che da ben più autorevoli analisi: non c’è alcun impedimento tecnico o normativo alla stabilizzazione di tutti i precari “storici”, si tratta solo di volontà politica. Attraverso questa lettera aperta, vogliamo semplicemente provare a rispondere alle perplessità – più o meno indotte – che ancora si ostinano a circolare fra gli stessi appartenenti alla comunità professionale di ANPAL Servizi e che, a nostro avviso, non hanno alcuna ragion d’essere. Risposte, a ben guardare, già ampiamente presenti nella Legge 128/2019 (articolo 4), pensata per superare una volta per tutte l’insopportabile piaga dei «precari che ricollocano disoccupati».

 

 «NON SERVONO 654 PERSONE, 400 SONO SUFFICIENTI»

Perché? Nessuna risposta.

La risposta dovrebbe essere nell’oramai mitico Piano industriale. Di cui, però, si sono perse le tracce.

Senza avere la pretesa di dare suggerimenti per la definizione di un Piano industriale sostenibile – che non siano il frutto di telefonate ai Responsabili territoriali, per chiedere loro: quanti te ne servono? (rigore metodologico a dir poco discutibile) –, ci limitiamo a richiamare quanto segue: un’agenzia nazionale, quale è ANPAL Servizi, in un sistema in cui la governance delle politiche del lavoro è divisa fra il livello nazionale e quello regionale, per esercitare efficacemente e compiutamente il proprio ruolo deve poter disporre di una rete capillare di driver delle politiche nazionali, che svolgano un ruolo di cerniera fra i diversi livelli istituzionali, che sistematicamente trasferiscano a ogni Centro per l’Impiego (CPI) informazioni e metodi, che siano punto di riferimento per gli attori sia nazionali che regionali, affinché il sistema-Paese non agisca, almeno per l’attuazione delle politiche nazionali (ieri Garanzia Giovani, l’AdR NASPI, oggi il Reddito di Cittadinanza, domani altre misure), in 20 modi diversi (1 modo per ogni regione) o in 540 modi diversi (1 modo per ogni CPI).

540 Centri per l’Impiego, appunto uguale 540 operatori/driver.

Già se partiamo da questo, come non vedere che andrebbero stabilizzati almeno 540 operatori? Se poi consideriamo gli interventi necessari per governare i processi di espulsione dalle aziende in crisi e il presidio dei processi di transizione istruzione-lavoro, l’assistenza tecnica al Ministero del Lavoro, il fabbisogno organico va ben oltre i 654 operatori.

 

«BENE, MA NON POSSONO ASSUMERE TUTTI SUBITO!»

Perché? Nessuna risposta.Il bisogno di cui sopra non è domani, è oggi, anzi era ieri. Il ruolo che gli operatori di Italia Lavoro prima e ANPAL Servizi dopo hanno avuto nell’attuazione delle politiche nazionali – dal Piano anticrisi del 2009, passando attraverso Garanzia Giovani e l’AdR Naspi – è stato universalmente riconosciuto come determinante: quelle politiche nazionali hanno vissuto in ogni luogo del Paese perché c’erano operatori che portavano in ogni Regione e in ogni CPI le medesime informazioni, il medesimo metodo, lo stesso approccio. E che erano nelle condizioni di restituire al livello nazionale dati, informazioni, criticità, buone pratiche.

Superfluo sottolineare che le motivazioni del «non tutti subito» non possono in alcun modo fare riferimento a ostacoli di natura logistica, organizzativa: 2 o 3 mesi sono più che sufficienti per affrontarli e superarli positivamente.

Inutile anche ribadire che il problema non può essere legato alla carenza di risorse economiche, come il Presidente Domenico Parisi sta ripetutamente affermando, nello specifico citando la relazione tecnica del Legislatore all’art. 4 della Legge 128/2019. Si dà il caso che questa relazione non chiarisce né se i 25 milioni di euro sono tutte le risorse comunitarie per attuare le stabilizzazioni (disposte con la rimodulazione del PON SPAO) né il motivo per il quale tali risorse consentirebbero esclusivamente 400 stabilizzazioni. Il documento in questione, infatti, basa la previsione di 400 stabilizzazioni assumendo 62.500 euro come costo unitario medio annuale per la stabilizzazione di ciascun lavoratore: un importo decisamente elevato, se si considera che in media il reale costo annuo di una unità di personale a tempo indeterminato in ANPAL Servizi è di 50 mila euro. Quindi, pur volendo prendere per buono il vincolo finanziario di 25 milioni di euro, scopriamo che con tali limitate risorse si possono stabilizzare circa 500 lavoratori e non solo 400.

In ogni caso, qualora fossero necessarie risorse ulteriori rispetto ai 25 milioni ai quali si fa riferimento nella relazione tecnica, si potrebbe facilmente ricorrere, lo abbiamo più volte detto, a una quota delle risorse stanziate per il software di incrocio domanda e offerta, oppure a una parte delle ingenti risorse residue del Fondo per le politiche attive del lavoro o del Fondo sociale per occupazione e formazione. In entrambi i casi, basterebbe una semplice variazione di destinazione, così come abbiamo in questi giorni segnalato alle forze politiche di maggioranza che, dopo aver con tenacia ribadito di voler stabilizzare tutti i precari “storici”, nessuno escluso, hanno già presentato un emendamento alla Legge di Bilancio in merito. Emendamento che ha ricevuto parere positivo da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e che ora attende l’approvazione del Senato.

Si tratta solo di volontà politica. Nient’altro.

 

«PER IL MOMENTO PORTIAMO A CASA UNA PARTE DEL RISULTATO, IL BACINO DI PRELAZIONE GARANTISCE COMUNQUE TUTTI I 654»

Non è compito nostro provare a dettagliare meglio gli esiti dell’incontro fra l’azienda e i sindacati confederali che si è svolto lo scorso 4 dicembre; e non è nostra volontà affidarci a voci di corridoio sulla versione autentica. Tuttavia, se a cavallo di quell’incontro il Presidente Parisi ha continuato a dichiarare pubblicamente che le stabilizzazioni riguarderanno esclusivamente 400 lavoratori, sorge più di qualche legittimo timore (si veda l’intervista del 2 dicembre a Parisi di Cesare Damiano, su Retesole). Si tratta peraltro di dubbi e timori che avevamo già ampiamente espresso dopo l’incontro che abbiamo avuto con l’azienda il 25 novembre.

Facciamo delle ipotesi sul funzionamento del bacino di prelazione:

Prima ipotesi: viene bandito un concorso, rivolto a tutti i collaboratori presenti in azienda, per entrare nel bacino di prelazione. Facendo ANPAL Servizi ricorso, per lo svolgimento delle prove, a una società esterna, i collaboratori ne sosterranno quanto meno una scritta e una orale (le ennesime). Se le superano, entrano nel bacino di prelazione, altrimenti vanno a casa. I fortunati vincitori della vacancy, per essere assunti, restano in attesa che l’azienda renda disponibili le posizioni necessarie e, se hanno i requisiti previsti dal profilo professionale richiesto, vengono stabilizzati. Quante posizioni avrà aperto l’azienda in totale, si saprà solo nel 2021, nel 2022 o addirittura nel 2027 (sic!). Al netto delle trasformazioni a tempo indeterminato dei contratti a tempi determinato, potranno essere – anzi tutto fa pensare che saranno – un numero variabile dalle 212 alle 260 posizioni. Tutti gli altri fortunati presenti nel bacino di prelazione andranno a casa, ma lo sapranno, se va bene, dopo 2 o più anni di attesa.

Seconda ipotesi: tutti i collaboratori entrano automaticamente nel bacino di prelazione. Poi l’azienda indice un concorso, con il quale vengono messe a bando dalle 212 alle 260 posizioni a tempo indeterminato su specifici profili professionali. I collaboratori in possesso dei requisiti previsti dal bando (compreso il profilo professionale) sosterranno quanto meno una prova scritta e una orale (le ennesime) e, se le superano, vengono stabilizzati, altrimenti vanno a casa. Anche in questo caso il numero delle posizioni totali che l’azienda aprirà si saprà solo nel 2021, nel 2022 o negli anni successivi.

In entrambi i casi, si deve tenere in conto che la maggior parte dei collaboratori che dovrebbero esser stabilizzati secondo la norma, scadranno tra luglio e settembre 2020. Che ne sarà di loro? In che modo potranno attendere l’assurda tempistica ipotizzata?

Potrebbe darsi che ci siano altre ipotesi in campo, che non abbiamo considerato o che non comportano i guai sopra presentati. Qualora ci fossero, sarebbe bene conoscerle subito.

In ogni caso, il bacino di prelazione non solo non è una garanzia, ma è un sistema perverso che crea illusioni infondate e che non può che torturare emotivamente chi attenderà per anni di conoscere il proprio destino.

L’unica vera garanzia sarebbe la presenza di un piano industriale e di una proposta di rimodulazione che fin da ora prevedano l’incremento di 654 unità di personale a tempo indeterminato e – ça va sans dire – le relative risorse finanziarie. Ma di questi presupposti, a oggi, non v’è traccia. L’azienda è da sempre fortemente influenzata da alternanze e avvicendamenti politici, sottoposta a vincoli di risorse derivanti da fondi nazionali ed europei, condizionata da vicissitudini spesso impreviste e incomprensibili. Non blindare fin da ora le risorse per la stabilizzazione dell’intero bacino di 654 precari equivale a non avere nessuna garanzia che ciò avverrà in futuro. Nessuna.

 

«NON TUTTI VOGLIONO ESSERE STABILIZZATI»

 La norma afferma un diritto dei 654 precari di ANPAL Servizi. Ora, se di diritto universale si tratta, è evidente che non si possono porre limiti in partenza e che la possibilità di accedere a quel diritto vada garantita a tutti i 654. Potremmo scoprire, dopo, che 1, 2, 3, 100 persone non sono interessate, per mille possibili ragioni. Ma devono essere loro a dichiararlo, né l’azienda né i sindacati, facendo valere un presupposto, quello della pluricommitenza, totalmente arbitrario; visto che potrebbe anche trattarsi di pluricommitenze mantenute in vita soltanto a garanzia di ulteriori opportunità, data la condizione strutturale di precarietà. È assai probabile che, con la possibilità di un rapporto di lavoro stabile, l’interesse a svolgere più lavori contemporaneamente verrebbe meno.

 

IN CONCLUSIONE

Ci auguriamo che queste poche righe aiutino a ricomporre la sana unità di intenti della nostra comunità professionale, che una propaganda e slogan privi di qualunque fondamento – tempi non compatibili che mettono contro collaboratori e lavoratori a tempo determinato, stabilizzazioni di tutti i collaboratori che metterebbero a repentaglio il piano di sviluppo dei dipendenti a tempo indeterminato e l’azienda stessa – stanno cercando in tutti i modi di rompere. È il momento di rispondere alle dannose affermazioni fin qui riportate valorizzando i legami sociali che, a prescindere dalle tipologie contrattuali, possono rendere la nostra una comunità effettivamente solidale.

Comunità che, altrimenti, rischia di essere messa in tensione e in pericolo proprio dalle scelte del management. Siamo lavoratrici e lavoratori che negli anni hanno collaborato con passione, operando fianco a fianco, non possiamo certo dimenticarlo! Ed è utile anche ricordare che il personale precario nel corso degli anni, prima in Italia Lavoro poi in ANPAL Servizi, non ha mai avuto modo di scegliere la tipologia contrattuale (contratto a tempo determinato o di collaborazione), partecipando alle procedure di selezione a evidenza pubblica secondo le decisioni stabilite dall’azienda, sottoponendosi a prove selettive talvolta per la stessa posizione ricoperta in precedenza, sperimentando in modo alternato tipologie contrattuali diverse anche per lo stesso profilo professionale.

Ci auguriamo che questa lettera aperta fughi gli ultimi dubbi di chi, onestamente, ha dubbi, e nello stesso tempo scardini gli alibi di chi i dubbi di cui sopra li sta tendenziosamente alimentando, per altro omettendo informazioni assai rilevanti. La nostra mobilitazione continua, con la certezza che ci batteremo per la stabilizzazione di tutte e tutti. Cogliamo l’occasione per chiedere nuovamente alla Ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali Nunzia Catalfo di garantire la stabilizzazione dei 654 precari.

Il tempo è ora, si tratta solo di volontà politica, nient’altro!