ITALIA

Ancora un attacco (sventato) all’erba legale

Il ministero della salute ha spostato il cannabidiolo, che tutte le organizzazioni sanitarie considerano assolutamente non psicoattivo, nella tabella dei medicinali stupefacenti. Una decisione che ha creato scompiglio in un settore già poco normato. Fortunatamente il ministro è tornato sui propri passi poche settimane dopo, ritirando il decreto.

Si è risolto per fortuna in pochi giorni e in un nulla di fatto l’ennesimo attacco alla cannabis light in Italia. Il 28 ottobre, infatti, il ministro della salute Roberto Speranza ha cancellato il decreto, presentato soltanto poche settimane prima e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 15 delle stesso mese, con cui inseriva la cosiddetta erba legale nella tabella dei medicinali a base di sostanze attive stupefacenti. «Esistono quattro tabelle dei medicinali stupefacenti: all’interno sono inseriti i farmaci ricavati da sostanze psicotrope (gli oppiacei, le benzodiazepine e tutte quelle sostanze che creano alterazione). Nella tabella B ci sono i medicinali che derivano dalla cannabis, quindi quelli a base di Thc, il principio attivo che crea alterazione. Il ministero ha inserito il cannabidiolo in quest’ultima tabella, però riguardo il Cbd esistono indicazioni chiare anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) che l’Italia fatica ancora a recepire», ci spiega Antonella Soldo, coordinatrice di Meglio Legale, la campagna a favore della legalizzazione della cannabis.

 

Ancora nel novembre 2017, l’Oms ha stabilito che il Cbd è sicuro e ben tollerato dall’uomo e che non è correlato ad alcun effetto negativo sulla salute. Gli esperti hanno dichiarato che il cannabidiolo non induce dipendenza fisica e non è associato a problemi di salute.

 

In un report pubblicato il 31 gennaio 2019, l’Oms ha poi ribadito che le preparazioni di cannabidiolo puro, con meno dello 0,2% di Thc, non hanno bisogno di essere regolamentate tramite convenzioni internazionali. «Inserire il Cbd in tabella B è una decisione antiscientifica dovuta a un’estrema precauzione. L’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) aveva l’esigenza di registrare un nuovo farmaco, chiamato Epidyolex e indicato per il trattamento di due tipi di epilessia. Per realizzare questo farmaco, il cannabidiolo viene estratto naturalmente e può dunque trattenere tracce di Thc che, a determinate condizioni, potrebbero anche creare qualche alterazione». Prosegue Soldo: «Però ogni decisione antiscientifica non è innocua, ha conseguenze gravi. In questo caso per moltissimi imprenditori e per tanti pazienti che avranno più difficoltà a farsi prescrivere una terapia a base di Cbd».

Il decreto del ministro Speranza aveva gettato nello sconforto tutta la filiera agroindustriale della cannabis legale. Ci racconta ancora Soldo: «Il mercato della cannabis industriale (che spazia dai grow-shop alle aziende agricole) è stato, negli ultimi due anni, il settore più in crescita dell’agricoltura italiana e anche della vendita al dettaglio. Ha dato lavoro a più di diecimila persone con un’età media di 32 anni. Quando parliamo di cannabis industriale parliamo di agricoltura, di commercio, di lavoro per i giovani e per il sud. Molti investimenti, infatti, sono stati fatti in regioni come Puglia, Sicilia, oltre a Lombardia, Piemonte e Veneto».

 

Numerose anche le reazioni dal mondo della politica.

 

Nicola Fratoianni, portavoce nazionale di Sinistra Italiana e membro dello stesso gruppo parlamentare del ministro Speranza, ha scritto sul suo profilo Facebook: «Inserire l’olio al Cbd tra le sostanze stupefacenti è un grave errore. Una scelta infondata dal punto di vista scientifico, che porta con sé due gravi conseguenze. La prima è economica. Si colpisce duramente il settore della cannabis legale, in forte espansione negli ultimi anni e dove sono impiegate migliaia di persone, durante una recessione globale dovuta alla pandemia. La seconda è culturale. Un deciso passo indietro rispetto alla regolamentazione e legalizzazione delle sostanze stupefacenti, soprattutto nell’ottica di lotta alla criminalità organizzata. Il proibizionismo non è la soluzione. Il Ministro metta mano a questa scelta irragionevole».

 

la sede dell’Agenzia Italiana del Farmaco (da commons.wikimedia.com)

 

Giulio Morucci ha poco più di trent’anni ed è uno dei soci di Green Monkey, giovane azienda capitolina specializzata in canapa legale: con i colleghi gestisce un negozio in zona Nomentana e alcuni campi coltivati nella provincia romana. «Il decreto non imponeva un vero e proprio stop alla vendita di canapa e prodotti a base di Cbd, ma prevedeva il monopolio della vendita di prodotti a base di olio di Cbd (solo su ricetta e in farmacia) per una grande compagnia farmaceutica, la Gw Pharmaceuticals che produce l’Epidyolex». La coordinatrice Soldo ci aiuta a fare un po’ di chiarezza: «Una delle conseguenze della decisione del ministro Speranza era che il Cbd per uso terapeutico potesse essere esclusivamente un farmaco registrato dall’Aifa, mentre in Italia il Cbd è prodotto e venduto da numerosissime aziende. Egualmente in Europa: infatti l’Epidyolex è stato già registrato in Germania, Francia e Spagna e in nessuna di queste nazioni c’è stato bisogno d’inserire il cannabidiolo nella tabella delle sostanze stupefacenti».

 

«Il nostro settore non ha mai visto una vera e propria regolamentazione. Nessun governo ha mai spinto per dare linee guida alle circa tremila aziende del settore (che fattura milioni ogni anno)», lamenta Morucci.

 

Nonostante l’indotto le istituzioni non ci prendono seriamente. I vari approcci che ci sono stati, si sono sempre rivelati molto superficiali, quando non dannosi. Ricordiamo per esempio gli attacchi ai grow-shop portati la scorsa primavera dall’allora ministro degli interni Matteo Salvini». Gli fa eco Soldo: «Dopo quelle disgraziate dichiarazioni di un ministro che equiparavano i negozietti di cannabis light agli spacciatori, le prefetture di tutta Italia si sono attivate per andare a perquisire materiale nei grow-shop. Le nostre forze dell’ordine si sono impegnate a sequestrare pasta alla cannabis, olio alla cannabis, caramelline e infiorescenze. A fronte di tantissime denunce ci sono state zero condanne: moltissime assoluzioni e altrettante archiviazioni. Quanto costa alla giustizia questa propaganda proibizionista?».

Complici anche le numerose pressioni ricevute dal mondo imprenditoriale e associazionistico della canapa legale, il 28 ottobre il ministro Speranza ha fatto marcia indietro, sospendendo il decreto che inseriva «le composizioni per somministrazione a uso orale di cannabidiolo» nella tabella dei medicinali a base di sostanze attive stupefacenti. «Come Meglio Legale stavamo già lavorando a un’interrogazione parlamentare e stavamo raccogliendo più firme possibili di parlamentari di partiti diversi per chiedere chiarimenti al ministero. Inoltre ci eravamo già mossi per assistere, anche a livello legale, molte aziende che rischiavano di essere colpite da questo provvedimento», spiega Soldo. E sottolinea: «Anche se ora la questione sembra chiusa, il settore ha bisogno di una regolamentazione chiara e semplice.

 

Paradossalmente le infiorescenze non venivano toccate dal decreto di Speranza, proprio perché non sono normate.

 

La vendita di infiorescenze non è ancora normata nel nostro paese: avviene all’interno di una zona grigia che nessuno ha il coraggio di normare. Nel decreto rilancio due parlamentari, Matteo Mantero (Movimento 5 Stelle) e Riccardo Magi (+Europa/Radicali), hanno provato a proporre un provvedimento per regolare la produzione, la vendita e il consumo di infiorescenze, ma è stato bocciato. I gruppi di governo hanno spiegato che non volevano regolare la “droga”».

 

Immagine di copertina di Julia Teichmann da Pixabay.com