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America Latina: dalla Patria Grande alle piccole patrie

Diversi Paesi del Sud America hanno approvato, nell’ultimo anno, leggi che restringono i diritti dei migranti. Intanto si afferma la costruzione del nemico straniero e un discorso che lo usa come capro espiatorio di tutti i mali delle nostre società.

“Tutti i migranti, in virtù della loro dignità umana, sono protetti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, senza discriminazione, in condizioni di uguaglianza con i cittadini”. Così afferma l’ONU in una dichiarazione pubblica del 13 dicembre 2013. Tuttavia nel 2017, in Brasile, Perù e Argentina sono state approvate nuove leggi migratorie – alcune per decreto – focalizzate molto più su “sicurezza e protezione delle frontiere” che sui diritti umani delle persone migranti. In Cile, Michelle Bachelet ha firmato un progetto di legge sulla stessa lunghezza d’onda. L’unica eccezione è l’Ecuador, il cui Parlamento ha approvato la Legge Organica sulla Mobilità Umana il 5 gennaio 2017.

Queste nuove leggi migratorie restringono i diritti umani delle persone migranti, per esempio, rendendo possibile l’espulsione dal Paese delle persone straniere che hanno precedenti penali. Nel caso cileno, viene ristretto l’accesso alla salute pubblica delle persone in situazione migratoria irregolare. In quello peruviano, vengono riconosciuti benefici ai “talenti che contribuiscono con la loro alta qualificazione allo sviluppo del Paese”, creando in questo modo una discriminazione tra il migrante assunto da un’impresa e tutti gli altri. In Brasile, attraverso un decreto del presidente Michel Temer – dopo l’approvazione della legge –, viene negato il diritto alla libera circolazione dei popoli nativi, rendendo così più difficile la vita e l’economia dell’etnia venezuelana Warao che non potrà muoversi liberamente senza passare attraverso controlli di frontiera.

Dal tentativo di Patria Grande* degli inizi di questo secolo siamo passati alla costruzione di un nemico straniero, delinquente e che viene a toglierci il nostro. E che è sempre migrante. Perché questa trasformazione? Forse la risposta sta in quei film di Hollywood sulla Guerra Fredda contro i russi o di quegli altri del finale degli anni ’90 contro il mondo arabo: invece di provare a costruire Paesi meno ingiusti, cercavano di unire i distinti settori sociali contro un nemico comune responsabile di tutti i mali. “I governi di taglio neoliberale o di destra tendono a utilizzare le migrazioni come il capro espiatorio per eccellenza. Invece di discutere politiche [redistributive] e assegnazione di risorse semplicemente sostengono che le scuole, le università o gli ospedali non bastano perché vengono usati da utenti illeggittimi: gli immigrati. E che la soluzione è cacciarli dal Paese o negargli diritti. È chiaro che queste argomentazioni sono erronee e incomplete, ma è anche vero che hanno un forte impatto sociale e una grande capacità di persuasione, per la loro semplicità”, spiega Maria Ines Pacecca, antropologa e collaboratrice della Commissione Argentina per Rifugiati e Migranti (CAREF).

Per il professore brasiliano Leonardo Cavalcanti, coordinatore del gruppo di lavoro di CLACSO sulle migrazioni, questa idea “dell’altro cattivo, di esseri arretrati, poveri o delinquenti” che prima si imponeva attraverso i film, adesso funziona grazie a mezzi di comunicazione più diretti, come quotidiani o telegiornali. “I giornali sono imprese multinazionali e questo produce degli effetti. Nonostante in Brasile abbiamo una percentuale di migranti molto bassa, assumiamo comunque il discorso del Nord globale: qui si dice che l’immigrato si occupa del narcotraffico o invade le nostre frontiere”.

Alain Basil, analista di politica migratoria e ricercatore del Centro di Studi Superiori di Messico e Centroamerica, CESMECA, crede anche che questa forma di costruire governabilità e vincere elezioni si costruisce con la manipolazione da parte dei mezzi di comunicazione: “I discorsi mediatici rappresentano i migranti sotto una luca conflittuale, rischiosa e insicura”. E questo business dell’insecurezza si applica alla perfezione alle necessità dei governi dei padroni: “Le minacce alla sicurezza sono uno strumento per la presa di decisioni nella politica interna ed estera, per la manipolazione dell’opinione pubblica e per la legittimazione del finanziamento della securizzazione. Gli argomenti delle minacce alla sicurezza si sono sviluppati dalla lotta contro le droghe a quella contro il terrorismo e, più recentemente, contro le migrazioni”, sostiene Basail. Per spaventare, vendere sicurezza e imporre disuguaglianze sociali ed economiche non c’è niente di meglio che il nemico migrante.

 

Articolo pubblicato su Revista Cítrica.

Traduzione in italiano a cura di DINAMOpress.

Con “Patria Grande” ci si riferisce all’ideale dell’unità politica latinoamericana, alla grande patria comune dell’Ameria ispanoparlante, mito e terreno di battaglia politico della liberazione dal colonialismo e delle guerre d’indipendenza di Bolivar e San Martin. Durante i governi progressisti di inizio secolo è tornata in voga questa espressione rispetto alle sperimentazioni di integrazione regionale (politica, economica, di scambio e bancaria). Ad esempio, il piano di regolarizzazione dei migranti approvato da Kirchner in Argentina nel 2006 si chiamava Plan Patria Grande, misura che oggi è pesantemente sotto attacco a causa delle politiche restrittive che criminalizzano i migranti e rendono più facili le espulsioni approvate nel gennaio 2017 dal governo Macri.