ROMA

Amazon alle porte di Roma. Conflitti ne discute a Passo Corese

Gli abitanti scoprono quali grandi trasformazioni produce un insediamento della logistica nel territorio e nel tessuto sociale della Sabina. L’ancora di salvezza sperata diventa produttore di precarietà della vita.

Il complesso delle attività organizzative, gestionali e strategiche che governa i flussi dei materiali prodotti, dall’origine fino alla consegna agli utenti, disegna i nostri territori. Nelle parole della città ne è entrata una nuova: la logistica, che da scienza del movimento delle merci nello spazio e nel tempo è diventata arte delle regole di uso del territorio. Oggi è la geografia omogenea della finanza che disegna il nostro abitare.

È successo alle porte di Roma. Colline coperte di ulivi, solcate da fiumi e torrenti che raggiungono il Tevere, sono state livellate a gradoni, raccordati da scarpate alte fino a 25 metri, attraverso la movimentazione di milioni di metri cubi di terra, per costruire il Polo della logistica a Passo Corese. Il progetto è stato approvato nel 2004 dalla Regione Lazio, nonostante quell’area fosse riconosciuta come “sistema agrario a carattere permanente” e “vocata a parco archeologico”. Alcuni ritrovamenti avevano individuato, infatti, tracce dell’antico centro abitato Cures Sabini e i resti di una villa di età romana, all’interno della quale era una splendida statua di Iside, esposta a Palazzo Altemps a Roma.

L’obiettivo del progetto è attirare investitori privati e riattivare un’economia locale in grande difficoltà, affidata unicamente al pendolarismo verso Roma. Non tutti però sono disposti a vedere nel Polo industriale l’ancora di salvezza ipotizzata. Nasce così, da diverse realtà locali, tra cui il Comitato No ASI e l’associazione Sabina Futura, le uniche opposizioni al progetto, fatte di volantinaggi, contestazioni, ma anche della produzione di materiali.

Dal loro lavoro nasce nel 2010 il Libro bianco sul Polo della logistica, con il fine di evitare un grande disastro ambientale e culturale e porre le basi di uno sviluppo armonioso del territorio. Non riescono a fermare il progetto, che va avanti con gli espropri, la costruzione delle infrastrutture e dei capannoni.

Ne 2016 la Regione Lazio annuncia che «Aprirà a Passo Corese, in provincia di Rieti, a 30km da Roma, il nuovo centro di distribuzione in Italia di Amazon. Nei prossimi giorni la firma del protocollo per sostenere ed essere vicini a questa grande impresa che investe nel Lazio. L’obiettivo del protocollo, che sarà sottoscritto dal Comune di Fara Sabina, Regione Lazio, Consorzio Asi e Amazon, è quello di predisporre quanto necessario a rendere la zona idonea a ospitare l’insediamento, con l’obiettivo di rendere competitivo questo quadrante del Lazio».

La notizia viene accolta positivamente dagli abitanti della zona, la promessa di 1200 posti di lavoro appare come un’occasione per dare stimoli alla crescita e all’occupazione nel quadro della debole economia provinciale.

A settembre 2017 Amazon inizia la sua attività nei 65 mila mq. dello stabilimento di Passo Corese.

Amazon è sbarcata in Italia nel 2010 e ha investito oltre 1,6 miliardi di euro creando oltre 5.200 nuovi posti di lavoro. Sono tre i centri di distribuzione funzionanti, al primo di Castel San Giovanni si sono aggiunti i due di Vercelli e di Passo Corese. A questi si sommano molti depositi di smistamento sparsi da nord a sud.

Dopo 10 mesi di attività erano già 1000 gli assunti a tempo a Passo Corese.

Il centro funziona 24 ore su 24 su tre turni, 7 giorni su 7, domeniche comprese ed è il primo in Italia a essere dotato della tecnologia Amazon Robotics. Le “torrette” di magazzino si muovono in maniera automatizzata verso l’operatore addetto allo stoccaggio attraverso 25 chilometri di nastri rotanti. Mini robot che lavorano insieme ai dipendenti per organizzare le spedizioni.

Sul sito del colosso della logistica si legge:

«Il centro, che copre una superficie di 65.000 metri quadri, è caratterizzato da un’elevata efficienza energetica; è dotato di illuminazione a LED e di un sistema di gestione energetica dell’edificio che immagazzina e conserva energia nell’arco dell’intera giornata. Vicino all’ingresso principale ci sono diverse colonnine di ricarica per auto elettriche ed è inoltre disponibile un servizio navetta gratuito per facilitare gli spostamenti quotidiani dei dipendenti. In tutto l’edificio sono applicate tecniche di conservazione idrica, compreso un impianto idrico a circuito chiuso che genera calore durante la stagione invernale».

E prosegue nella descrizione:

«Il fatto che sia circondata da un oliveto in fiore, con 250 ulivi, e da un giardino piantato di recente, con oltre 300 alberi di Giuda, tipici della zona. Questi ultimi, insieme all’orto e ai cinquanta alveari per la produzione di miele, saranno impiegati come spazio formativo per gli studenti dell’istituto agrario del paese».

Appare come un luogo idilliaco dove la comunità dei lavoratori svolge le sue mansioni. Non si parla del briefing che si svolge ad ogni inizio turno durante il quale si stabiliscono gli obiettivi da raggiungere. L’asticella ogni giorno si alza! “Migliorare sempre e non accontentarsi mai” è l’urlo di incitazione.

Oggi dopo 18 mesi cominciano a esserci le prime uscite dei dipendenti, molti per scadenza del contratto, molti altri per problemi di salute dovuti al lavoro logorante. Quelli che rimangono cominciano a chiedere il miglioramento delle condizioni di lavoro.

Una lavoratrice intervistata alla richiesta di descrivere la sua condizione risponde: «L’ambiente lavorativo è accogliente, caldo, c’è ogni comodità com’è nella filosofia Amazon (una grande famiglia) come vogliono farla passare. Si lavora nella massima sicurezza, una vera ossessione per loro. Tutto bello, tutto perfetto, una bella maschera accecante che cela chissà cosa…!

In Amazon c’è (non so quanto reale) una continua e spasmodica ricerca di miglioramenti, per quanto concerne la sicurezza, la qualità e il benessere degli operai. Ma un dubbio sorge spontaneo: perché a fine turno usciamo tutti doloranti, ginocchia rovinate, mani che sembrano artritiche, schiene spezzate?»

Una parte del territorio oggi comincia a essere critica nei confronti di Amazon e del suo impatto sull’area, anche perché l’illusione che potesse risolvere il problema della disoccupazione in maniera definitiva è caduta. Molti degli assunti provengono da altre regioni, quelli del luogo e dei paesi limitrofi sono solo il 40%. Mentre la distesa di cemento è tutta di Passo Corese.

Di tutto questo si parlerà nel secondo incontro organizzato da Conflitti, la rete nata a ottobre dello scorso anno in Sabina, con la volontà di attivare un processo di conoscenza e dar vita a una comunità mutuale e solidaristica. Il percorso ha visto crescere la partecipazione degli abitanti del territorio e i temi intorno ai quali aprire il confronto, dal lavoro all’informazione e i social media, dai diritti al debito, dalle migrazioni alla situazione socio-sanitaria.

Il 16 marzo a Passo Corese si discuterà di lavoro e precarietà, insieme a giornalisti, saggisti, teorici, sindacalisti, lavoratori e attivisti, per capire quali sono gli elementi che determinano il mercato del lavoro e qual è l’impatto sui territori.

Oggi che la precarietà, lo smantellamento dei diritti, la riduzione costante di welfare hanno assunto un ruolo dominante nella vita delle persone, si vuole capire come si è arrivati a questa condizione e quali pratiche di conflitto possano arginare un futuro peggiore del presente.