ROMA

“Open Day” al Casale Falchetti

Sono state presentate ieri, le nuove attività del Laboratorio sociale autogestito 100celle che ha sede al Casale Falchetti. L’idea è di sviluppare contesti di insegnamento liberi e indipendenti, in cui l’apprendimento significhi innanzitutto “aggregazione”, tra danza e corporeità, orti sinergici e informatica

Quando la geografia sembra “confermare” l’identità di un luogo: l’area del Casale Falchetti a Centocelle sorge su viale della Primavera, nei pressi dell’antica via Casilina. È una sorta di isola, quasi una “oasi” verde, stretta fra lo stradone trafficato da un lato e le più piccole via Fontichiari e via Carpineto dall’altro, strade che poi si addentrano nella parte vecchia del quartiere.

Così – all’interno dello spazio occupato e recuperato da una rete di associazioni alla fine degli anni ‘90 e poi costituitosi come Laboratorio Sociale Autogestito 100celle – numerose sono le iniziative e le tensioni in circolo, a incrociare le esigenze di diverse generazioni e le spinte verso diverse forme di socialità alternativa dal basso. Come un vero e proprio istituto (ad ulteriore conferma del fatto che i centri autogestiti vanno, fra le altre cose, anche a coprire dei “vuoti” lasciati dalle amministrazioni sul territorio), in questo modo domenica 29 settembre si è svolto all’interno del casale un’open day per presentare i corsi avviati da attivisti e volontari lungo l’arco della stagione che viene. Fra lingue, danza e corporeità, informatica, l’idea è quella di sviluppare dei contesti di insegnamento liberi e indipendenti, in cui l’apprendimento significhi innanzitutto “aggregazione”.

 

 

Ed è proprio a partire da un piccolo corso che nascono alcune delle ultime iniziative del Laboratorio Sociale Autogestito 100celle: la realizzazione di un orto sinergico nello spazio in viale della Primavera e l’acquisto collettivo di terreni per la coltivazione di grani antichi. Una delle peculiarità del Casale Falchetti è infatti l’attenzione verso la sovranità alimentare e l’agricoltura non-intensiva. Ogni sabato più la terza domenica del mese il centro ospita ormai da tempo un mercato di piccoli produttori, dove è possibile acquistare verdure, formaggi e beni lavorati, oggetti di artigianato, erbe officinali. Chi vi partecipa come venditore sottoscrive una “carta dei valori” basata sui principi del chilometro zero e della completa tracciabilità dei prodotti, inserendosi, cioè, nelle linee d’azione di realtà come Genuino Clandestino o Campi Aperti. «Le critiche più comuni sono quelle per cui non vorremmo pagare le tasse o cercheremmo delle agevolazioni», dicono gli attivisti dello spazio. «La realtà è che le regole attuali sono spesso “strettoie” che schiacciano i più piccoli e non consentono loro di sopravvivere. Un’iniziativa come il mercato permette invece di mantenere standard improntati alla sostenibilità, nonché facilita la creazione di scambi non solo commerciali fra clienti, produttori e lo spazio in generale. Così nascono sinergie o collaborazioni: al Casale sono state inaugurate la bio-osteria Saltatempo e la taverna Rare Tracce, che spesso utilizzano i prodotti del mercato e che recentemente lavorano anche con le cucine migranti. Oppure, esperienze di collettivizzazione della proprietà, come il Gregge del popolo o il progetto Adotta una gallina. Si tratta di meccanismi che permettono di non sottostare ai vincoli dei caseifici e garantire così una distribuzione migliore e maggiormente etica».

Due anni fa, con alcuni dei piccoli produttori del mercato venne lanciato un breve corso sulla coltivazione e la realizzazione di un orto sinergico. Si forma dunque un primo gruppo di persone interessate che cerca di mettere in pratica gli insegnamenti nello spazio del casale. «Abbiamo cominciato in cinque-sei, poi siamo andati avanti con successivi rimescolamenti, fra chi magari abbandonava o chi si incuriosiva pian piano al progetto», raccontano. «Fin da subito ci è stato chiaro quanto coordinarsi per mantenere un orto richiedesse sforzo e costanza. Inoltre, occorreva porsi il problema della qualità del terreno: il casale sorge in un’area altamente trafficata e il suolo su cui intendevamo coltivare poteva essere contaminato. Abbiamo allora commissionato delle analisi e poi proceduto a depurarlo attraverso piante che riuscissero a estrarre metalli e altre sostanze inquinanti dal terreno. Così siamo infine arrivati alla forma in cui si trova oggi l’orto: una parte sinergica, in cui utilizziamo la tecnica della coltivazione con i bancali, e una più “tradizionale”. Le decisioni sulle colture da piantare e sulle modalità di gestione vengono prese collettivamente, in modo partecipato e il più possibile aperto verso suggestioni che magari arrivano “da fuori”. Fra chi si occupa dell’orto ci sono infatti prevalentemente persone che già frequentavano il centro e che si interessavano alle sue attività. Ma c’è anche chi, vivendo vicino al quartiere, cercava semplicemente un orto urbano di cui diventare assegnatario e si è poi inserito nel nostro progetto».

Ma le iniziative attorno ai temi di agricoltura, consapevolezza alimentare e mutualismo produttivo non si esauriscono qui. Oltre a sperimentare differenti modalità di scambio e coltivazione, il Laboratorio Autogestito 100celle sta da poco provando ad agire anche sulle stesse “materie prime”. Quest’anno si è concretizzato infatti l’acquisto collettivo di un terreno per adibirlo alla coltivazione di grani antichi (si tratta di varietà che non hanno subito modificazioni genetiche a scopi industriali e il cui utilizzo è stato comunque fortemente ridotto perché poco redditizie e scarsamente adattabili ai processi intensivi). Con la prima semina, è stato possibile raccogliere più di quindici quintali di farina che verrà in parte redistribuita e in parte lavorata al Casale Falchetti, in attesa – com’è previsto per quest’autunno – della costruzione di un forno in terra cruda.

Attraverso queste iniziative, il centro sembra dunque “reinventare” la funzione della struttura su viale della Primavera (che era originariamente uno stabile a uso abitativo e agricolo), aprendola però alla cittadinanza e all’elaborazione di gestioni alternative e partecipate. In questo senso – e a dispetto di quanto si diceva in apertura – il Laboratorio Autogestito 100celle non intende allora andare a coprire dei “vuoti” o compiere operazioni di “recupero” e “riqualificazione”. «Non ci interessa fornire dei servizi che il Comune o altre entità non riescono a erogare», concludono gli attivisti. «Il punto è inventarsi delle modalità di servizio realmente alternative, cosa che – secondo noi – può avvenire solo in contesti autonomi e indipendenti come questo». E, anno dopo anno, tassello dopo tassello, al Casale Falchetti servizi e “invenzioni” non sembrano far altro che crescere.