EUROPA

Grecia, l’ennesima strage di migranti in mare

Sono 16 le persone che sono state uccise durante un tentativo di respingimento verso le acque turche al largo dell’isola di Famakonisi. Responsabili la Guardia Costiera greca e le politiche anti-immigrazione dell’Unione Europee.

Nonostante i respingimenti collettivi in mare siano stati dichiarati illegali dalla Corte Europea dei Diritti Umani (proprio l’Italia è stata condannata nel caso Hirsi, per un respingimento collettivo verso la Libia), le autorità greche continuano a praticarli (come documentato dal report Pushed back. Systematic human rights violations against refugees in the Aegean sea and at the Gree-Turkish land border).

Secondo le testimonianze dei superstiti gli uomini della Guardia Costiera hanno preso a calci i rifugiati per non farli salire sulla nave militare. Inoltre, sempre secondo queste testimonianze, anche quando le persone (tra cui molti bambini e ragazzi) sono cadute in mare, gli uomini della Guardia Costiera non hanno dato loro i giubbotti di salvataggio impedendo ai familiari di salvarli.

Le politiche migratorie europee hanno trasformato il Mediterraneo nel più grande cimitero a cielo aperto. Fa rabbia il fatto che dopo ogni strage si sprechino le parole di cordoglio dei politici e le promesse di riforma di un sistema di contrasto dei flussi migratori diventato insostenibile, capace solo di produrre morte e sofferenze. Promesse utili a ripulire la faccia di chi quelle politiche le ha adottate e applicate, promesse che non producono alcun cambiamento effettivo. Ne abbiamo avuto testimonianza ieri, dopo aver letto sui giornali che il reato di clandestinità era stato cancellato e dopo aver capito che, in realtà, non avevano cambiato quasi niente.

Su AteneCalling.org ulteriori informazioni e il comunicato di denuncia dell’UNHCR