ROMA
Ex-Mercati Generali: un vuoto da proteggere
La giunta Gualtieri affida al fondo Hines, società immobiliare internazionale che ha raccolto 108 milioni di dollari da investitori israeliani, la riqualificazione dell’area degli ex-Mercati Generali. Su un’area pubblica di otto ettari saranno realizzati uno studentato, una mediateca, un coworking e un centro benessere, tutto privato. Il quartiere si oppone a questo progetto
È di horror vacui che soffre l’amministrazione romana. È quello che la porta a voler riempire ogni spazio in maniera ossessiva e coprire di segni l’enorme tela del territorio romano. Eppure lo spazio che appare vuoto non è vuoto, al contrario offre infinite occasioni di lettura e di avvenimenti. Quando il valore di uno spazio però si misura solo sulla sua capacità di produrre rendita finanziaria, non si riesce a progettare trasformazioni in grado di garantire giustizia sociale e ambientale.
Forse è dovuto a questo “terrore del vuoto” il grande entusiasmo del sindaco Gualtieri nell’annunciare, insieme alla sua Giunta, la firma della Convenzione che integra la concessione sottoscritta nel 2006 dalla giunta Veltroni per l’area degli ex-Mercati Generali nel quartiere Ostiense.
Allora il progetto di riqualificazione, firmato da Rem Koolhaas, era quello risultato vincitore tra le 11 proposte presentate in risposta al bando che prescriveva di realizzare un centro di aggregazione giovanile, «un luogo under 30 destinato alla musica, alla cultura, alla cucina multietnica, con parcheggio sotterraneo, maxi-mediateca e anche piscina e palestra». I lavori avrebbero dovuto essere realizzati, in project financing, da un pool di imprese che aveva come capo cordata il gruppo Lamaro dei Fratelli Toti, la gestione della struttura sarebbe stata affidata ai privati per un massimo di 60 anni. Il gruppo Lamaro, nonostante nella Capitale avesse realizzato milioni di metri cubi, dalla Nuova Fiera di Roma, al Centro Agroalimentare, dalla Galleria Alberto Sordi a numerosi centri commerciali, è stato travolto da una crisi che ha condotto la società al concordato preventivo per ripianare i debiti.

Di quel progetto dunque non si è fatto nulla, i lavori erano iniziati, poi subito interrotti per poi fermarsi definitivamente durante l’amministrazione di Ignazio Marino. A ogni cambio di consiliatura il progetto veniva trasformato, tanto che l’architetto che l’aveva firmato si era ritirato. Nel 2012 era stato eliminato il teatro da 2400 posti, così come erano state ridotte le attività socio-culturali e lo spazio verde. Nel 2017 è la giunta Raggi ad approvare una delibera che prevedeva l’ennesima trasformazione delle destinazioni d’uso, con l’inserimento di una galleria pubblica, una biblioteca, una sala conferenza, un centro anziani, ma che confermava quasi il 50% a uso commerciale. E poi c’erano gli “spazi privati ad uso pubblico” ovvero i 5mila metri quadri destinati alla casa dello studente, ma affermava l’allora assessore Montuori «i canoni di affitto saranno quelli decisi dall’Adisu», dunque calmierati.
Di tutti questi progetti nessuno è stato realizzato. Quell’area viene descritta «vuota, abbandonata, degradata, inaccessibile» e finalmente sarà riempita di manufatti, largamente impermeabilizzata, grazie alla generosità di un attore privato, che investirà 380 milioni di euro.
Scrive Sarah Gainsforth che ha dettagliatamente analizzato il progetto preliminare: «Secondo l’ultimo piano economico preliminare del privato, il progetto garantirà ricavi privati per oltre 32 milioni di euro l’anno di cui 21 milioni dallo studentato, a fronte di un canone per l’area, pubblica, di 165mila euro l’anno». È la realizzazione della residenza universitaria, ovvero di una struttura turistica ricettiva, per 2000 posti letto, che garantirà gli introiti maggiori.
«L’atto firmato oggi – scrive sul suo sito il Comune di Roma – punta a garantire la tutela dell’interesse pubblico e la restituzione a Roma Capitale, al termine dei 60 anni di concessione, di tutte le opere realizzate. Hines, che in Italia ha maturato una lunga esperienza in progetti complessi di rigenerazione urbana e valorizzazione di patrimonio pubblico e privato, guiderà la realizzazione dell’intervento nel rispetto delle tempistiche e degli standard qualitativi definiti dalla Convenzione».
Ma chi è la società Hines che vanta un così lungo elenco di operazioni di rigenerazione urbana nel nostro Paese? È una delle maggiori società immobiliari al mondo, con sedi in 30 Paesi e detiene 93,2 miliardi di dollari di asset in gestione. È la società immobiliare internazionale che ha raccolto 108 milioni di dollari da investitori israeliani per uno dei suoi principali fondi europei, l’Hines European Value Fund 2. Menora Mivtachim, una grande compagnia assicurativa israeliana che gestisce il più grande fondo pensione di Israele, ha investito 88 milioni di dollari in questo fondo. Menora Mivtachim insieme ad altre compagnie assicurative israeliane è complice del finanziamento della costruzione delle colonie, dello sfruttamento delle risorse naturali occupate e del complesso militare-industriale di Israele.
Nella vicenda degli ex-Mercati Generali non è da trascurare questo elemento che contribuisce a definire i contorni dell’operazione finanziaria che si sta configurando e i legami con quella che Francesca Albanese definisce «economia del genocidio».
Dal quel lontano 2006, quando fu firmata la prima concessione dell’area, molte cose sono cambiate. Roma è cresciuta, si è trasformata, i valori ambientali sono stati stravolti, molti spazi sono stati edificati. Oggi bisognerebbe ridisegnare il sistema dei parchi, le aree protette e i corridoi ecologici per garantire il collegamento fra le aree verdi, piuttosto che continuare a edificare. Per questo stupisce l’entusiasmo nell’annunciare la nuova convenzione. L’amministrazione dovrebbe proteggere i vuoti anziché riempirli.

Sembra invece che le scelte dell’amministrazione non attribuiscano il giusto valore ai temi ambientali e climatici nel programmare le trasformazioni urbane. Il consumo di suolo non si è mai fermato, neanche negli anni della pandemia e i cambiamenti climatici in queste condizioni provocano devastanti effetti ecologici e sanitari. Secondo gli ultimi dati ISPRA del 2024, la percentuale di suolo consumato a Roma è arrivata al 13,18%, 70.620 ettari. Si agisce come se la risorsa suolo fosse inesauribile.
Lo scavo realizzato nell’area degli ex-Mercati Generali con i primi lavori intorno ai bellissimi padiglioni ha portato alla luce l’acqua dell’antico fiume Almone che scorre sotto il terreno, la natura ha trovato spazio per riproporre l’habitat fluviale, con le più diverse specie di piante e animali.
Molte zone definite “vuote” hanno assunto un grande valore naturalistico, zoologico e botanico e queste aree vanno considerate inedificabili. E invece si programma l’attività edilizia inarrestabile con i suoi premi edificatori, incentivi volumetrici e monetizzazione degli standard . Tutto questo impedirà di avere servizi adeguati, spazi verdi pubblici, qualità dell’aria e dell’abitare. Sarà negato il benessere ambientale, sociale, sanitario e climatico. Le piogge torrenziali e le bolle di calore renderanno la città sempre più invivibile.
Uno spazio vuoto, per di più di proprietà pubblica, assume quindi un grande valore.
Se ne sono accorti gli abitanti del quartiere che hanno formato il Comitato cittadini per la trasparenza e la tutela dell’area ex-Mercati Generali – Municipio VIII, che ha analizzato le criticità della convenzione e i danni che l’edificazione porterà alla città.
Hanno scritto in un comunicato: «Dopo oltre vent’anni di iter, il progetto dei Mercati Generali, nato come “Città dei Giovani”, appare oggi trasformato in una grande operazione immobiliare privata, incentrata su uno studentato di lusso e su funzioni commerciali, a fronte di benefici pubblici sempre più ridotti e indefiniti. Il progetto interessa un’area in centro storico ed è destinato ad avere un enorme impatto sui quartieri del quadrante Sud e su un territorio densamente popolato e privo di aree verdi. Lo studentato occupa oltre il 60% della superficie utile e garantisce al concessionario ricavi di oltre 21 milioni di euro l’anno, mentre il Comune incassa un canone irrisorio (165mila euro annui), cifra non aggiornata che potrebbe configurare un danno erariale. Se il concessionario è rimasto inadempiente dalla firma della prima convenzione nel 2006 con l’obiettivo di aggiornare l’opera alle condizioni di mercato per garantire la remunerazione dell’investimento, oggi i cittadini hanno il diritto di riformulare il progetto con funzioni che rispondano alle esigenze del quartiere, anche in considerazione della necessità di fermare il consumo di suolo e di incrementare il verde urbano, come previsto dal vigente Regolamento Europeo 2024/1991 sul Ripristino della Natura.
Il progetto mortifica la componente ambientale dell’area e non prevede la rinaturalizzazione del tratto del fiume Almone oggi tombato. Manca una visione ecologica integrata, con verde permeabile e non di semplice arredo, visione che dovrebbe essere parte essenziale di ogni vera riqualificazione urbana».
Chiedono l’avvio di un confronto pubblico trasparente e partecipato per un nuovo progetto sull’area in grado di superare le criticità evidenziate.
Tutti e tutte insieme possiamo superare l’horror vacui e immaginare un’altra città?
La copertina proviene dalla pagina Facebook Ex Mercati Generali – BASTA Speculazione
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