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Turchia: “non saremo parte di questo crimine”

L’appello degli accademici turchi contro i massacri nel sud-est del paese e per il riconoscimento politico del movimento curdo. L’importanza di sostenere la loro lotta.
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Poche ore dopo la sua pubblicazione, questo appello aveva raccolto più di 1.000 firme nel mondo accademico turco. La reazione di Erdogan è stata di aprire immediatamente procedimenti penali per “sostegno al terrorismo”, espellere dalle università numerosi docenti e arrestare 18 firmatari.

Il governo turco sta portando il paese sull’orlo della guerra civile con lo scopo di riuscire a imporre una riforma costituzionale funzionale a rendere ancora più autoritario l’apparato statale. Per eliminare l’opposizione curda e le altre opposizioni interne, Erdogan sta commettendo da mesi dei veri e propri crimini di guerra. Tutto questo è reso possibile dal silenzio e dall’immobilità della comunità internazionale e in particolare dell’Unione Europea, che ha scelto di delegare alla Turchia, dietro lauto compenso, il contrasto dei fussi di rifugiati provenienti dalla Siria.

Oggi più che mai è fondamentale prendere posizione. Invitiamo tutti gli esponenti del mondo universitario che hanno a cuore la pace, i diritti e la democrazia a firmare l’appello, inviando le adesioni a info@retekurdistan.it.

Noi, accademici e accademiche, ricercatori e ricercatrici di questo paese non saremo parte di questo crimine!

Lo Stato turco ha di fatto condannato i suoi cittadini di Sur, Silvan, Nusaybin, Cizre e di molti altri villaggi e quartieri delle province curde a morire di fame, attraverso l’uso di coprifuoco che sono in corso da settimane. Lo Stato ha attaccato questi insediamenti con armi pesanti ed equipaggiamenti che dovrebbero essere utilizzati soltanto in tempo di guerra. Di conseguenza, il diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza, e in particolare il divieto di tortura e di maltrattamenti garantiti dalla Costituzione e dalle Convenzioni internazionali vengono violati.

Questo massacro mirato e sistematico costituisce una grave violazione delle stesse leggi turche e dei trattai internazionali che la Turchia ha sottoscritto. Queste azioni rappresentano una grave violazione del diritto internazionale.

Chiediamo allo Stato di mettere fine immediatamente a questa politica di annientamento ed espulsione dei curdi e degli altri popoli della regione. Chiediamo anche che lo Stato interrompa i coprifuoco, punisca i responsabili di violazioni di diritti umani e risarcisca quei cittadini che hanno sofferto danni materiali e psicologici. A questo scopo chiediamo che venga dato accesso alla regione a osservatori indipendenti, nazionali e internazionali, e che sia loro permesso di monitorare e riferire sugli incidenti.

Invitiamo il governo a creare le condizioni per i negoziati e a creare una road map che conduca a una pace durevole, che include le richieste del movimento politico curdo. Chiediamo l’ammissione a questi negoziati di osservatori internazionali indipendenti, provenienti da vari settori sociali. Esprimiamo anche la nostra volontà di fare da volontari come osservatori. Ci opponiamo alla soppressione di tutti i tipi di opposizione.

Noi, come accademici e accademiche, ricercatori e ricercatrici che lavorano in Turchia o all’estero, dichiariamo che non saremo parte di questo crimine rimanendo in silenzio e chiediamo la fine immediata della violenza perpetrata dallo Stato. Continueremo a sensibilizzare i partiti politici, il parlamento e l’opinione pubblica internazionale finché le nostre domande non saranno accolte.

Fonte: UIKI Onlus (al link versioni in inglese, francese, tedesco e spagnolo)