ROMA

Roma, altre 100 persone stanno lottando per il diritto alla casa

Il 30 agosto un incendio ha danneggiato un palazzo occupato a Tor Cervara. La polizia ha sbattuto in strada oltre 100 persone. Rimaste senza senza soluzioni alternative, due giorni hanno ripreso l’edificio. Per mercoledì 6 settembre lanciano un’assemblea.
Emergenza abitativa: perché i senza casa hanno respinto la proposta del Comune

Vincenzo, italiano, ha 60 anni e ha perso il lavoro da tempo. Radmila, rumena, di anni ne ha 59 e da decenni si arrangia con i lavoretti, è cardiopatica e spesso non trova i soldi neanche per le medicine. Zvonko, slavo, entra ed esce dall’ospedale a causa del “male del secolo” che lo ha colpito alla gola, «togliendogli la salute ma anche la possibilità di lavorare». Samuel è, invece,un rifugiato. Faceva il meccanico in Nigeria. È arrivato in Italia diversi anni fa, ha svolto per un po’ il lavoro di mediatore culturale ma da tempo non riesce a trovare un’occupazione.

Queste sono alcune delle persone che abitano in via Raffaele Costi (Tor Cervara), dove una discarica a cielo aperto circonda totalmente un palazzo occupato da 5 anni. In questo stabile vivono circa 100 persone di diversa nazionalità: famiglie italiane e rumene, migranti con lo status di rifugiato. Almeno una quindicina i bambini presenti, il più piccolo ha solo 9 giorni. Molti di loro hanno fatto richiesta per avere una casa popolare e sono in attesa da anni. Tutti hanno provato più volte a parlare con il Municipio, pregandolo di inviare l’Ama per raccogliere quel cumulo di rifiuti che aumentava di giorno in giorno ma, ancora una volta, nessun intervento è stato effettuato.

Il 30 agosto quella discarica ha preso fuoco con un incendio che ha subito interessato l’immobile occupato. La polizia è intervenuta per mettere sotto sequestro lo stabile e ha intimato agli occupanti di non rientrarvi. Per due giorni e due notti queste persone hanno dormito per strada, poi il primo settembre hanno deciso di rioccupare il palazzo. «Ci posso anche arrestare» – dice uno degli occupanti- «qui ci sono anziani e bambini, persone malate che non sanno dove andare e non abbiamo altra alternativa se non rientrare in questo posto». La Sala Operativa Sociale di Roma, ieri, ha offerto – come al solito – una soluzione temporanea solo a madri e bambini.

Ma queste donne non ci stanno ad abbandonare i loro mariti per strada, vogliono un’alternativa che tuteli la loro famiglia, vogliono rimanere uniti, vogliono una soluzione per tutti. L’unità è l’elemento rivoluzionario a via Raffaele Costi. In un momento storico in cui si fomenta la guerra degli ultimi contro i penultimi, da questa occupazione abitativa ci arriva una lezione importante: «Qui siamo tutti uguali» –dice Enrico che faceva la guardia giurata ma ha perso il lavoro da tempo- «non è il colore della pelle a dividerci né la diversa nazionalità. Non esiste un ‘prima gli italiani’, bisogna trovare una soluzione per ciascuna di queste persone». Nella particolarità delle singole situazioni, non c’è spazio per il razzismo né per la guerra interna. Bisogna essere uniti, aiutarsi l’un l’altro per tentare di sopravvivere in mezzo a quell’inferno.

Samuel è consapevole del fatto che sia un’ingiustizia l’aver atteso per anni quel pezzo di carta che gli garantiva di essere “regolare” nel nostro Paese ed essere stato sbattuto subito dopo fuori da un centro di accoglienza che non gli ha fornito nessuno strumento per essere autonomo. Così come Enrico è consapevole che l’aver perso la casa a causa dei debiti del padre, il non riuscire a trovare un lavoro stabile e l’essere in attesa da anni di una casa popolare, è un’ingiustizia. È il senso di ingiustizia che accomuna l’essere stati traditi da uno Stato che è venuto meno ai suoi doveri di garantire quei diritti minimi che consentono a ciascuno una vita degna.

Uno Stato che si trasforma in carnefice quando decide di sgomberare con violenza i rifugiati di Piazza Indipendenza, così come aveva fatto pochi giorni prima con gli occupanti di Cinecittà e a giugno con i migranti di via di Vannina. Da diverse settimane gli uomini e le donne sgomberati a Cinecittà e Via Curtatone stanno dando vita a una lotta per rivendicare la necessità di soluzioni strutturali, con due presidi permanenti a Santi Apostoli e Madonna del Loreto. Quest’ultimo è stato smantellato dalla polizia nella mattinata di lunedì, ma i migranti hanno deciso di continuare la protesta.

Ora anche gli occupanti di via Raffaele Costi e di via Vannina vogliono unirsi a questa battaglia. Nell’estrema periferia della Capitale, a Tor Cervara, loro vivono da invisibili, nell’indifferenza delle istituzioni municipale e comunali. Uscire da quell’inferno e denunciare la loro situazione è una necessità non più rimandabile. Per questo hanno deciso di organizzare un’assemblea, mercoledì 6 settembre ore 18, al palazzo occupato di via Raffaele Costi. Partecipare in tanti è un dovere, per portare solidarietà ed aiuti materiali ma anche perché la lotta degli uomini e delle donne di Tor Cervara, Cinecittà, Piazza Indipendenza riguarda tutti e tutte noi.

* Attivista di Alterego – Fabbrica dei diritti