ROMA

La Montagnola e i due colli

La rendita, le lotte e la governance nella Capitale commissariata. Mentre la polizia sgombera la giunta di Ignazio Marino perde pezzi sotto il peso del debito che disegna una città in mano al mercato e non a chi l’abita.

L’Inarcassa è l’ente di previdenza per ingegneri ed architetti. L’edificio della “Montagnola” a Roma che, occupato dai movimenti per il diritto all’abitare, è stato mercoledì 16 sgomberato con violenza da un grande schieramento di polizia, è suo. Non è il solo vista la consistenza di quel patrimonio immobiliare. L’insieme dei palazzi Inarcassa vale oltre 700 milioni di euro. Un tesoro di cemento che ha contribuito a far chiudere il bilancio 2012 dell’ente con un più 12, 9% rispetto all’anno precedente e un avanzo positivo di 745 milioni di euro. L’Inarcassa è fiera di questo risultato. Infatti ha approvato il bilancio segnalando ai propri assistiti la sua capacità strategica “a cogliere le opportunità offerte dal mercato.

Ieri l’Inarcassa ha dimostrato di saperci stare sul mercato. Lo ha fatto in due modi. Prima lasciando da oltre tre anni quell’edificio vuoto. Secondo richiedendo la sua “liberazione” dopo che, il 7 aprile, era stato occupato. Trattandosi di architetti ed ingegneri, che di case se ne dovrebbero intendere, il sottrarre un edifico al proprio compito di contribuire all’abitare della città, sembra paradossale. Non è così, l’Inarcassa e tutti gli altri enti sanno bene infatti che tenere le case vuote vuol dire due cose precise: non intaccare il proprio patrimonio,e quindi usarlo nei loro rapporti con le banche e combattere la ricchezza collettiva rappresentata dall’abitare. Di questo sono oggi fatte le città. Solo a questo si vuole che servano case ed edifici.

Quello che è successo ieri alla Montagnola dice però altro. Dice innanzitutto che le case devono restare vuote per chi non se le può permettere. Dice che il famigerato articolo 5 del decreto Lupi è già in vigore, prima ancora della sua trasformazione in legge. Chi non sta alle regole del mercato, a pagare un affitto che lo strozzi, ad andare sempre più lontano dal posto di lavoro, chi è precario, chi non può o non vuole consegnarsi al debito perenne, non può essere che un fantasma nelle città. Non si tratta solo di negare a chi occupa acqua e luce. Si tratta di impedirgli la residenza, ovvero: esistere nella città.

Alla Montagnola ieri a Roma si è messa in atto, in forma evidente, anche la rappresentazione dello sgretolamento dell’amministrazione del Sindaco Marino. Quello che avveniva nelle stesse ore, (il dimissionamento dell’assessora al bilancio Daniela Morgante) sebbene distante, era molto vicino. La Montagnola chiedeva casa, il Campidoglio rispondeva mettendo in vendita quelle che il comune possedeva. La Montagnola aveva aperto soglie tenute chiuse da anni, il Campidoglio neppure garantiva una parola per far si che non si richiudessero e che almeno non lo si facesse con brutalità.

Un’amministrazione che nulla ha fatto per affrontare l’emergenza abitativa, ieri ha visto scricchiolare la sua casa principale: la sede comunale. Nelle stesse ore dei manganelli, delle teste rotte, delle famiglie gettate per strada, il già commissariato sindaco veniva di nuovo avvertito dal Pd romano che, dopo la cacciata dell’Assessore, richiedeva l’apertura di una nuova fase per rispondere alla morsa del debito. Come fare? Come voleva l’ex assessore, guardando al repertorio neoliberista, con vendita del patrimonio immobiliare, tagli alla spesa, diminuzione delle retribuzioni per i dipendenti comunali, chiusura dei servizi? O come sembra annaspare il Sindaco, facendo un polpettone con aumenti del tariffario comunale: loculi, cremazioni, matrimoni, location per spot tv e cinematografici, biglietti per musei, parcheggi e permessi, occupazione del suolo pubblico per caldarrostai e bus-bar …? O mettendosi, come sembra, sotto la tutela della cabina di regia “renziana” che prudentemente lo consiglia di non chiudere il bilancio di previsione 2014 prima delle europee?

E’ una strana rappresentazione quella di ieri. E’ difficile infatti ipotizzare un epilogo di un atto che non ha avuto un prologo,dato che quest’amministrazione ha scelto da subito di non opporsi alle regole del debito imposte dal “salva roma”, regole che sembra quasi voler assecondare, ripensando ancora all’urbanistica come moneta e alla necessità di fare cassa svendendo il proprio patrimonio a vantaggio della bulimia finanziaria. Non è certo casuale che stia per essere discussa in consiglio una delibera promossa da uno schieramento di “larghe intese” per “riprendere l’attività edilizia”.

Marino sembra non aver capito che il piano regolatore, che non ha mai voluto mettere in discussione, era stato pensato per permettere proprio al flusso monetario della finanza di considerare l’intero territorio come offerta. Terreno della rendita contro il reddito. Marino non ha capito che è la finanza ad usare la città e non il contrario. Non ha capito che la polizia che entra in azione con brutalità, coinvolgendo gli stessi amministratori municipali che richiedevano, è successo nel caso della Montagnola, la possibilità di aprire una discussione, non impedisce solo un’azione politico-amministrativa. Quel tavolo non ci sarà perché lo spazio pubblico del confronto va impedito. Questa è la condizione base: la città deve essere impoverita a partire dalla qualità della sua vita. Tenere le case sfitte e favorire così il degrado, acquista oggi un preciso significato: aprire la strada alla finanza per proporsi come soluzione possibile e riscatto del degrado sociale. Questo è il senso del piano casa di Renzi e di Lupi: far precipitare l’emergenza abitativa in questione di ordine pubblico, in degrado delle città, in violenza per, poi, come unica soluzione salvifica uscir fuori con ipotesi di “pulizia” (articolo 5) o di indebitamento coatto (rent to buy) ed ancora cemento, tanto cemento e chiamarlo magari “alloggio sociale”.

Mentre al Campidoglio si svolgeva la rappresentazione tra due attori che sembravano recitare lo stesso soggetto (neoliberista) intanto, su un altro colle, poco distante e che lo fronteggia: il Viminale, entrava in scena il nuovo commissario della città Angelino Alfano. Con un copione a soggetto definito: sgomberi delle occupazioni, sigilli all’ Angelo Mai, la polizia assunta ad elemento cardine della vita urbana, il controllo della città piazza per piazza, il mostrare i muscoli a dimostrare di voler essere lui il regista.

Del resto, bay passando in ogni occasione sindaco e vice, aveva già fatto capire chi deve calcare il palcoscenico.