In Rwanda con la CREW

Il meticciato a tutti gli effetti: culture, dinamiche, esperienze in interazione.

Sono passati più di quattro mesi dal mio arrivo in Rwanda, un piccolo Paese nella sproporzionata geografia africana. Il Rwanda è poco più piccolo della Lombardia, un “nano tra i giganti”. Sono arrivata il tre Ottobre scorso e sono nel pieno della vita del Villaggio di Rukoma, nella Provincia Sud. Il Rwanda è diviso in cinque province (nord, sud, ovest, est e provincia di Kigali), poi ci sono i Distretti, poi i settori poi le cellule e poi i quartieri. I nomi da ricordare nella geografia di questo piccolo Paese sono tanti, come sono tanti gli elementi ed i passaggi storico-culturali che caratterizzano il Rwanda.

Sono volontaria di un’Associazione locale SEVOTA (Solidarité pour l’Épanouissement des Veuves et des Orphelins vivant le Travail et l’Autopromotion) nata nell’autunno del 1994, pochi mesi dopo il genocidio. SEVOTA si occupa dell’inclusione sociale, del reinserimento economico e del sostegno psicologico delle donne vittime di violenza e degli orfani capofamiglia. Sevota promuove e tutela i diritti della donna e dei bambini, e la sua fondatrice e coordinatrice Godelieve Mukasarasi è vincitrice del Premio Internazionale per i Diritti Umani 2011. Godelieve è una donna e attivista unica, che a partire dalla sua esperienza e dalle sue sofferenze è riuscita a dare vita ad una catena umana di solidarietà.

Sono passati quasi diciannove anni dal genocidio, ma le ferite che la popolazione porta sono cicatrici di un percorso storico che non ha una data precisa, come invece ci insegnano le pagine di storia, ma è un processo anteriore e posteriore al 1994.

“Join the C.R.E.W.” è il progetto che mi porta qui. C.R.E.W. sta per Community, Reconciliation, Empowerment, Women. Si tratta di un progetto SVE (Servizio Volontario Europeo) finanziato dalla Commissione Europea. E’ un progetto che nasce in continuità del partenariato tra l’ONG romana ARCS Culture Solidali con SEVOTA. Le due Associazioni in cooperazione hanno reso possibile l’avvio di un progetto di reintegrazione socio-economica delle vittime del genocidio, tuttora in evoluzione in sei distretti del Paese. Si tratta di formazione e di attività agricole e di allevamento di capi di bestiame (ad ogni donna viene assegnata una capra o un maiale, ai figli un coniglio). Godelieve mi spiega dell’importanza di non limitare l’azione alle singole beneficiarie. Per un cambiamento costruttivo bisogna intervenire nel contesto familiare, rendendo partecipi dello sviluppo tutti i membri della famiglia. Le donne sono state anche formate sulla costruzione del foyer, la cucina tradizionale.

Ad Ottobre, primo mese della mia permanenza africana, mi sono dedicata alla documentazione delle diverse attività di SEVOTA. Ho seguito, infatti, le attività del progetto di cooperazione ARCS-SEVOTA avendo così la possibilità di conoscere da vicino le beneficiarie, le loro storie e il loro stile di vita caratterizzata da condizioni di estrema povertà che spesso le rende inconsapevoli delle loro potenzialità. Il lavoro sull’inclusione sociale è, infatti, complementare alla reintegrazione economica delle vittime del genocidio. La minimizzazione del loro potenziale è un limite e un ostacolo alla presa di coscienza da parte delle donne. Ogni donna ricopre un incarico all’interno del gruppo: la responsabile, la segretaria, la contabile, la consigliera agricola, la consigliera dell’allevamento, la consigliera delle relazioni e risoluzione dei conflitti, la consigliera della solidarietà e del risparmio. E’ fondamentale che ognuna di senta responsabile e abbia un ruolo per poter partecipare attivamente.

Una delle altre attività sono i forum, o incontri di parola. I Forum sono incontri di condivisione e confronto. Formazione sui diritti umani, sulla gestione non-violenta del conflitto per la cultura della pace. Momenti per lavorare sulla gestione dello stress e l’ansia attraverso esercizi di gruppo. Gruppi solidali per il reinserimento socio-economico per l’empowerment e la consapevolezza delle potenzialità che ogni donna ha.

Da Novembre, ad accompagnarmi in questo percorso oltre alle super femmes di SEVOTA, è arrivata un’altra volontaria da Roma, Manuela G. Dal suo arrivo abbiamo proposto alla comunità di SEVOTA e dato vita ad un corso di inglese per i figli e le figlie delle donne beneficiarie dell’Associazione, nel periodo delle vacanze scolastiche da metà Novembre ad inizio Gennaio. La nostra proposta nasce da un’esigenza locale. Qui il livello di inglese è molto basso, e il fatto che sia una delle tre lingue ufficiale (oltre il Kinyarwanda e il Francese) sembra una forzatura rispetto al fatto che non tutti possono comunicare in inglese. Cercando di non riproporre il modello scolastico e frontale, abbiamo sperimentato un metodo ‘non-formale’ per imparare l’Inglese, combinando le nostre competenze linguistiche e di gestione del gruppo attraverso attività interattive. Con le lezioni di inglese stiamo imparando tutti e ci stiamo arricchendo reciprocamente. La situazione scolastica è molto difficile. Ad esempio le classi sovraffollate. In media di 45 alunni, ci dice Olive, che insieme a Grace, ci sta affiancando come mediatrice nelle attività. Olive è un’insegnante e, all’interno dell’Associazione SEVOTA, è psicoterapeuta. Inoltre, nelle scuole del Paese, gli studenti sono classificati in serie A e serie B, le differenze tra chi “merita” e chi “NON merita” si accentuano in una serie di privilegi esclusivi su diritti che per i giovani dovrebbero essere garantiti. Attraverso queste attività abbiamo la possibilità di conoscere la vita delle generazioni di più giovani in Rwanda, nel contesto rurale.

Esperienze come quella che stiamo vivendo ci danno l’opportunità di stravolgere gli equilibri a cui siamo abituati stando dall’altra parte del Mediterraneo, noi siamo “gli stranieri”, parte di una minoranza, con tute le complicazioni burocratiche e le difficoltà di integrazione. Qui, però, l’ospite è sacro e nonostante le barriere e i confini siano sempre più alti e rigidi in molte parti del mondo, le regole culturali e le regole dell’accoglienza sanno farsi sentire dando la possibilità alla nostra C.R.E.W. di essere a tutti gli effetti meticcia e interculturale.

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